Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione ancora una volta, sulla scia della tradizione dei documenti programmatici della scuola italiana, si parla della “centralità della persona che apprende”. Si tratta di surrettizie divagazioni filosofeggianti? Tempo addietro l’avrei pensato, particolarmente ragionando sulle ossessive prescrizioni neoconfessionali targate Bertagna-Moratti-Ruini.
In un articolo pubblicato su questa rivista (La tarda età delle nostre "Indicazioni") così argomenta al riguardo Alessandro Fioravanti : “prescrizioni mediche” non abbisognano di preamboli siffatti; non è pensabile che siano preceduti da un capitoletto teorico su “Salute, ospedale, persona” e non interesserebbe a nessuno che si scriva della “persona nel Sistema Sanitario Nazionale”, ma piuttosto che si garantisca l’efficienza dello stesso. Devo dire che non sono del tutto d’accordo. Innanzitutto di pelle e di pancia: credo che chi si trovi a essere ricoverato in un ospedale o si sottoponga a una terapia medica desideri fortemente di essere trattato proprio come una “persona”, di non vedersi considerato come un organo malato o come un numero di letto in corsia. In seconda istanza, rilevo di testa che da sempre esiste una deontologia medica: si pensi al giuramento di Ippocrate, all’attuale riflessione bioetica, alla Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, documento del Consiglio d’Europa del 1997, che garantisce “i diritti e le libertà fondamentali della persona” e dichiara che “le parti garantiscono ad ogni persona, senza discriminazione, il rispetto della sua integrità e dei suoi altri diritti e libertà fondamentali riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina”. Certo, ciò non esclude che si desideri essere curati con terapie appropr iate e secondo protocolli aggiornati.
È vero che l’impiego del termine “persona” nella nostra cultura pedagogica si lega al filone del “personalismo cristiano” di Emmanuel Mounier (cfr. Rivoluzione personalista e comunitaria, Edizioni di Comunità, MIlano, 1949) e di Jacques Maritain (cfr. Umanesimo integrale, Borla, Torino, 1964) e alla “sinistra cattolica” italiana del secondo dopoguerra, nonché ai Programmi/Orientamenti ministeriali elaborati tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, con tanto di riferimento pervasivo alla religione cattolica come “fondamento e coronamento” (scuola elementare, 1955 – scuola materna, 1958 – scuola media, 1962) con un significato ontologico e metafisico al rapporto della “persona” umana con Dio.
Tuttavia ritengo sia possibile effettuare una lettura diversa di questo concetto, richiamandoci alla Costituzione italiana ed anche alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché a recenti e meno recenti posizioni filosofiche, pedagogiche e giuridiche. Se la Costituzione all’art. 3 parla di “pieno sviluppo della persona umana”, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo impiega ripetutamente il termine “persona”, affermandone il “diritto alla vita” (art.2), il “rispetto della propria vita privata e familiare” (art. 8), il “diritto alla libertà di pensiero” (art. 9) e “d’espressione” (art.10), ecc. ecc. E se un riferimento teorico potrebbe essere l’esistenzialismo “laico” di Jean Paul Sartre o di Giovanni Maria Bertin, più recenti sono le posizioni per esempio di Franco Frabboni e di Stefano Rodotà. Il primo parla di “qualità totale della Persona” , capace di “Dissenso”, “Scelta”, Impegno”,“Progettazione esistenziale”(Cfr. Il problematicismo in pedagogia e didattica. Crocevia di una educazione inattuale e utopica, Erickson, Trento, 2012, pp. 50-51); nella logica di una Scuola che si opponga a “Meritocrazia”, “Esclusione”, “Pensiero unico”, “Competitività” (ivi, p. 116), scrive inoltre di un “nobile guardaroba della persona non-duplicabile, non manipolabile, non-omologabile, non-utile” e di “una pedagogia a difesa della persona” - che “allude alla costruzione di una testa ben fatta e di un cuore solidale” - caratterizzata dalla sua “singolarità (la sua irriducibilità, irripetibilità, inviolabilità)” ( F. Frabboni, Povera ma bella. La scuola fabbrica di futuro, Erickson, Trento, 2011).
Mi pare che quanto sostiene il pedagogista “laico” Frabboni rientri in un processo storico di cui parla il filosofo / giurista “laico” Rodotà: la “costituzionalizzazione della persona”, da intendersi senza alcuna aura metafisica, ma come storicamente , culturalmente e socialmente caratterizzata. Rodotà parla di “autonomia della persona”, di “unicità della persona tra fisicità e virtualità”, di “dittatura dell’algoritmo e prerogative della persona”, non sacrificabili alle esigenze economiche e finanziarie del “mercato globale”, evidenziandone tra l’altro la dimensione sociale e solidale, il diritto a “decidere sulla fine della vita” e i diritti “procreativi”, la dimensione del “post-umano” nel tempo e nel mondo globalizzato caratterizzato dalla “rete” (Cfr. S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari, 2012; in particolare la Parte seconda, intitolata “La persona”).
Per questi motivi mi sembra di poter ancora affermare che “le Indicazioni per il curricolo, parlando dello sviluppo armonico e integrale della persona, del pieno sviluppo della persona umana, o di centralità della persona, inseriscono tali concetti all’interno del nostro contesto costituzionale. Pertanto, anche quando si impiegano espressioni piuttosto contrassegnate filosoficamente almeno in origine non è detto che se ne debba fornire necessariamente un’interpretazione metafisica”. Pertanto in questo senso paiono da interpretare i numerosi riferimenti all’identità personale e culturale di tutti e di ciascuno, di cui – dal punto di vista di un personalismo laico - andrebbe sottolineata “la dimensione della scelta – o della decisione – come specificità propriamente umana”, entro “una pedagogia della relatività, della problematicità e dell’incertezza opposta a una pedagogia della certezza e della verità assoluta, o anche, all’interno di una civile mediazione tra diverse posizioni ideali e culturali, di un personalismo tout court a cui possano fare riferimento laici, cattolici e quanti altri si riconoscano in un orizzonte educativo contrassegnato dalla condivisione”di “norme” e “valori” anche costituzionalmente fondati (P. Citran, “Fondamenti / persona”, in G. Cerini, a cura di, Passa … parole. Chiavi di lettura delle Indicazioni 2012, Homeless Book, Faenza, 2012).
Parlare poi della “persona che apprende” evidenzia l’attenzione alla dimensione cognitiva che si attribuisce alla “persona”, passo avanti non irrilevante rispetto a unilaterali sottolineature di un “fanciullo tutto intuizione, fantasia, sentimento” di idealistica memoria (cfr. Programmi didattici per la scuola primaria del 1955). Tale sottolineatura non mi pare irrilevante e non mi sembra escluda, ma anzi implichi, la delineazione di una scansione del curricoio non rigida né dogmatica, ma flessibile e sempre rivedibile in base al feedback fornito dalla “persona che apprende” stessa.