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di Paolo Citranfilosofia, educazione, società

26/06/2015

Come l'uomo dà senso al tempo

Sulla problematica di come l’uomo abbia costruito il senso del tempo, si può affermare, con una semplificazione del suo contenuto, che esistano due fondamentali tipi di esperienza del tempo e due corrispondenti concezioni: quella del tempo ciclico e quella del tempo lineare. Entrambe tendono a dare al trascorrere della vita  un senso, un valore, un significato pregnante.

Il tempo ciclico
 

Il tempo ciclico trova riscontro nell'esperienza della circolarità degli eventi cosmici, quali l’alternanza del giorno e della notte, l’avvicendamento naturale  delle stagioni, l’andamento delle maree, ma anche nel ciclo ormai millenario delle produzioni agricole a opera dell’ingegno umano; nel ripetersi delle ore del giorno e dei momenti significativi che lo caratterizzano, sottolineati nei nostri paesi dalle campane e dagli orologi; nel ciclo biologico della vita e della morte,  nel ciclo mestruale e della fecondità femminile; nella ciclicità culturale del calendario, nelle celebrazioni del  tempo liturgico, e quindi nella  ciclicità del rapporto tra mito e rito (come è stato evidenziato dagli storici delle religioni), rapporto da cui in particolare è la cultura contadina a essere contrassegnata con cerimonie religiose e preghiere. Nella comune esperienza del tempo, nelle società contadine troviamo il riferimento ai ritmi temporali del lavoro agricolo e nei ritmi circadiani, ai  tempi circolari che caratterizzano il calendario agrario e quello liturgico, con la regolazione della vita attraverso il suono delle campane (o, in altro contesto, con le chiamate alla preghiera del muezzin dall'alto del minareto).

Come affermava Mircea Eliade (1907-1986), nella concezione ciclica il tempo viene inteso come eterno ritorno, in una ripetizione di eventi posti nella medesima successione. Il mito ricorda un tempo remoto fondante, il rito lo ripete, riportando l'homo religiosus, attraverso l'esperienza del sacro, nel  medesimo tempo sacro del mito. L’illud tempus (quel tempo lontano) fonda l’hoc tempus (questo tempo qui), l’hic et nunc (il qui ed ora), dando senso al presente e alle attività umane e rassicurandoci per il futuro, perché in qualche modo pensato e quindi reso prevedibile.

Infatti, con il tempo ciclico è negata una razionalità intrinseca alla storia, si pone rimedio al terrore della storia, cioè della possibilità del nuovo, mentre la ripetizione del passato ha una funzione rassicurante: l’uomo si sente solidale con il cosmo, la natura e i suoi ritmi. Deve richiamarsi a un passato mitico che ha funzione di fondamento, rispetto a cui c’è contemporaneità nella ripetizione. Nel rito, che ripete l'evento mitico e che si ripete, si respira suggestivamente un’atmosfera sacra, di cui troviamo esempio nella liturgia latina post-tridentina, in cui giocano un ruolo importante l'impiego di una lingua misteriosa, la musica, l'odore dell'incenso... Oltre tutto, vivendo i miti nei riti, si esce dal tempo “profano” e ci si immette in un tempo sacro primordiale, che si ricorda e si riattualizza indefinitamente [1]. La religione mantiene l’apertura verso il mondo dei valori, rivelati da esseri divini, oppure da antenati mitici, paradigmi di tutte le attività umane, riconfermati periodicamente dai rituali che non accettano l’irreversibilità del tempo e danno la certezza di abolire il passato e di ricominciare ex novo la propria vita.
Il mito garantisce all’uomo che ciò che si accinge a fare è già stato fatto, lo aiuta a scacciare i dubbi e l'incertezza.

Ciclicità e liturgie

 Le categorie del pensiero mitico sono state fatte proprie anche dal cristianesimo: il centro del messaggio è in esso costituito dal dramma di vita, morte e resurrezione di Gesù e, per ottenere la salvezza, occorre ripeterlo ritualmente in conformità con la sequenza temporale dei riti previsti dal calendario liturgico.
Ciò è evidente nella Messa e nell’Eucarestia cattoliche. Inoltre una parte della religione popolare precristiana è sopravvissuta nelle feste del calendario o nel culto dei santi, e le dee della fertilità sono state assimilate alla madonna o a sante. In particolare i contadini europei comprendevano il cristianesimo come una liturgia cosmica e i sacramenti come santificazione della natura. 

Residui di antichi culti annuali di fertilità sono ancora testimoniati nel Friuli rurale di età controriformistica. Nelle ricerche di Carlo Ginzburg, l'esperienza estatica dei "Benandanti", che nei quattro tempora combatterebbero streghe e stregoni al fine di garantire la fertilità della terra, rimandano chiaramente a un tempo ciclico connesso a riti agricoli  [2]; come pure accade ai riti eterodossi documentati nel 1624 a Palazzolo dello Stella, in cui Gilberto Pressacco (1945-1997) individuava la pratica rituale di un gruppo di donne e uomini che la notte della Pentecoste andavano in processione per il paese cantando una canzone auspicante "che piova questa sera"[3] . Pratiche e credenze siffatte furono in breve spazzate via dalla Controriforma e sostituite da analoghe idee e prassi conformi al dettato cattolico romano, quali le rogazioni.

Il tempo ciclico nella riflessione filosofica

Il pensiero filosofico italiano presenta l'idea della circolarità del tempo ne La scienza nuova di Giambattista Vico (1668-1744), con la teoria dei corsi e ricorsi storici, che si susseguono, guidati dalla Provvidenza. Analogamente, ne Il tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler (1880-1936), le civiltà attraversano le stesse fasi dell’individuo umano e ad esse succedono ciclicamente nuove civiltà.  

Anche Friedrich Nietzsche (1844-1900), riprendendo l’idea del tempo ciclico, parla di un "eterno ritorno dell’uguale", ma dando al concetto un valore ben diverso rispetto al cristianesimo e al vichianesimo: con esso egli intendeva esprimere non la provvidenzialità storica, ma  il non-senso, l'assenza di una direzione, di un significato, di un valore del tempo. Così, l'eterno ritorno diventa metafora di un'altra metafora, la "morte di Dio", a causa della quale l'uomo contemporaneo ha perso le coordinate della propria esistenza.
Alternative a questa visione nichilistica del tempo e della storia sono le concezioni lineari. 

Le concezioni lineari del tempo

Il mito greco dell’età dell’oro - di cui parla Esiodo (VIII-VII sec. a.C.) nelle Opere e Giorni-,  periodo di pace e felicità, a cui pongono fine Prometeo, che sottrae il fuoco agli dei, e Pandora, dal cui vaso dischiuso provengono tutte le sciagure, ha varie corrispondenze nelle culture successive: dirette, come per esempio , a proposito dell’ nell’Eden biblico, al cui godimento pone fine il peccato di Eva; in un senso rovesciato, invece, in Virgilio, che nella quarta "Bucolica", cerca di riattualizzare il mito proiettandolo nel futuro della prosperità augustea. Ma anche il cristianesimo rinnova il mitico Paradiso nell'attesa finalistica della Parusia, dove la linearità del tempo storico si interseca con il tempo circolare della liturgia.

Così il messianismo fa riferimento a un re discendente di Davide, inviato del dio nazionale ebraico, che libererà Israele dal dominio straniero. I messianismi e i messia in Palestina si succedono nel tempo, proclamando l’avvento del regno di Dio e tra questi si annuncia Gesù, che a parere di molti studiosi non aveva coscienza messianica, ma quale Messia veniva interpretato dalle comunità cristiane; qui il messianismo assume carattere universalistico, come pure in parte della cultura ebraica, con riferimento a un tempo ultimo su questa terra. 

Per contro, l'apocalittica (da apokalypsis = rivelazione) fa riferimento a eventi storici e cosmici che pongono fine al tempo, quindi a una fine dei tempi, oltre il tempo ultimo. Una figura tipica delle apocalissi cristiane (nel Nuovo Testamento si fa riferimento a quella di Giovanni) è l’Anticristo, che precede il secondo ritorno di Cristo, la parusìa. Nell’annuncio cristiano il tempo nuovo inizierà ben presto con la resurrezione dei morti e col giudizio, anzi, è già iniziato con l'Incarnazione.
Legato a questa concezione è il millenarismo, già presente nel cristianesimo del II-III secolo in  Clemente d’Alessandria e Origene, che coniugano l’escatologia con l'idea di una conflagrazione cosmica universale, l'apocatastasi, che porterà alla  redenzione universale con la purificazione attraverso il fuoco, con cui  tutte le creature saranno reintegrate nella pienezza di Dio. 

Tale idea “alessandrina” pare essere anche propria dell’antica Chiesa di Aquileia [4]. Renato Iacumin (1942-2012), affrontando l’ interpretazione dei mosaici della basilica paleocristiana di Aquileia, ha osservato trattarsi di “ambiente orientato escatologicamenente alla nuova vita", con riferimento all'apocalittica giudaica e millenaristici: “se un giorno sono mille anni, allora sei giorni durerà il mondo, visto che in sei giorni è stato creato e il settimo ci sarà il riposo; il regno millenario viene dopo i sei millenni della durata del mondo  il vero sabato sarà il settimo millennio nel quale il Cristo regnerà con i suoi santi. L’ottavo giorno sarà quello del regno del Padre".

Gioacchino da Fiore (1145-1202) distinse poi, in una prospettiva di salvezza, dall’età del Padre e da quella del Figlio, l’età imminente dello Spirito Santo  La concezione gioachimita dei tre stadi  divenne bandiera di un profondo rinnovamento della chiesa, influenzando il movimento dei francescani spirituali e di altri gruppi religiosi come i flagellanti e i dolciniani [5]. È infine  essenziale fare riferimento, al termine del I millennio, alla delusione derivante dal ritardo della parusìa, che instaurò un tempo intermedio tra l’evento Gesù e l’attesa del suo ritorno, diventato  nel cattolicesimo tempo della chiesa-istituzione [6].

La laicizzazione del tempo lineare

In Età moderna rimane una concezione unitaria e rettilinea della storia, come nella concezione ebraico-cristiana, ma passando attraverso una laicizzazione/secolarizzazione dell'escatologia, del senso, della direzione  e della meta verso cui tende la storia. Nel "Regno dell'Uomo" di cui parla Francesco Bacone (1561-1626), nella "Nuova Atlantide", alternativa secolarizzata al "Regno di Dio", il potere è attribuito ai competenti nel settore tecnico-scientifico, che producono il dominio dell'uomo sulla natura attraverso esperimenti, scoperte e invenzioni strabilianti e profetiche: la cura delle malattie, il prolungamento della vita, la fertilizzazione del suolo, la dissalazione dell’acqua, interventi contro le calamità naturali, velivoli, sottomarini...  

Da parte sua l’Illuminismo si è caratterizzato per la fede in un Progresso mosso dalla ragione, dalla scienza e dalla conoscenza, che indirizzano la storia verso libertà, giustizia e solidarietà, in un processo indefinitamente perfettibile. Nel Positivismo più marcatamente il dominio della scienza e della tecnica fonda l’ideologia del Progresso come legge interna al divenire storico e al perfezionamento dell’Umanità. al cui termine sorge un'Età positiva.

Nel Marxismo, poi, un Progresso procedente attraverso ritmi dialettici caratterizza una storia determinata dai rapporti sociali di produzione e dalla lotta di classe – la struttura – fenomeni primari rispetto ai fattori culturali sovrastrutturali. Basandosi sulla sua analisi del capitalismo, Karl Marx (1818-1883) reagisce infatti all’ideologia, cioè a quella che gli appare essere la pretesa di far dipendere la realtà dalle idee anziché viceversa, e prevede che il capitalismo sarà soppiantato necessariamente da una società mondiale senza classi, in cui il comunismo attuerà la piena realizzazione di un'umanità  libera da ogni forma di alienazione.
In queste concezioni al ruolo della Provvidenza si sostituiscono altri e diversi motori della storia, quali la ragione, la conoscenza, la scienza, la tecnologia, la struttura socioeconomica.

Verso una nuova apocalisse?

Oggi, in questa nostra postmodernità, il  disincanto ha fortemente attenuato la fiducia nel futuro e si rischia una nuova apocalisse che non prelude tanto a una rigenerazione e a un tempo nuovo e felice, quanto piuttosto a una possibile autodistruzione dell'umanità e alla fine del suo tempo con l'esaurimento delle risorse limitate del suo ambiente, di cui essa stenta ad assumersi la responsabilità a vantaggio delle generazioni venture.

 

Note

1. Cfr. Mircea Eliade, Mito e realtà, Borla, Torino, 1966 e Il mito dell'eterno ritorno, Borla, Torino, 1968.
2. Cfr  C. Ginzburg, I Benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1974 e   C. Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, PBE, Torino, 2008.
3. Cfr. G. Pressacco, Canti nelle notti friulaneTracce musicali della tradizione marciana nell'area mediterranea, con DVD, Biblioteca dell'immagine, Pordenone, 2002; G. Pressacco-R.Paluzzano, Viaggio nella notte della chiesa di AquileiaL'evangelizzazione di San Marco in Adriatico e nell'Italia Settentrionale, Gaspari, Udine, 2002.
4. Cfr. R. Iacumin, Le tessere e il mosaico Il primo cristianesimo nell’Alto Adriatico, Gaspari, Udine 2004; cfr. anche: id., Le porte della salvezza. Gnosticismo alessandrino e Grande Chiesa nei mosaici delle prime comunità cristiane. Guida ai mosaici della basilica di Aquileia, Gaspari, Udine, 2006; G. Pressacco – R. Paluzzano, op. cit.).
5. Cfr. R. Bodei, Se la storia ha un senso, Moretti e Vitali, Bergamo 2006; U. Eco, Il nome della rosa, Bompiani, Milano, 1980.
6. Cfr. R. Cacitti, Dal Gesù storico al cristianesimo imperialePercorsi dentro la storia delle origini cristiane, Gaspari, Udine 1999; C. Augias, R.Cacitti, Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione, Mondadori, Milano, 2008; M. Cacciari, Il potere che frena, Adelphi, Milano, 2013.

 

Immagini


Dall'alto:
L'uroboro, il serpente che si morde la coda
Pinax con Persefone e Ade sul trono, V secolo a.C. da Locri Epizefiri Italia
Mosaico del Giudizio Universale Cupola Battistero Firenze
Immagine da Francis Bacon, The New Atlantis,  1626.

Di che cosa parliamo

Sulle orme della gloriosa rubrica a firma Piccì , "Controcorrente... dai confini" - tenuta per molti anni su insegnare "cartaceo" - tratterò gli argomenti di mia competenza e i temi più vari, che mi sembreranno di un qualche interesse per i nostri lettori, riassumibili sotto la formula sintetica “Filosofia, educazione, società”. Guarderò al presente e all’attuale, ma dal punto di vista soprattutto dell’inattuale, cioè a mio parere di ciò che è maggiormente attuale per chi non si adegui al dettato del pensiero unico e del politicamente corretto.

L'autore

Mi sono laureato in filosofia nel 1972, discutendo una tesi su demitizzazione e mito. Insegnante di Filosofia, Psicologia e Scienze dell’Educazione, ho lavorato nella formazione iniziale e in servizio degli insegnanti, anche come Presidente del Cidi della Carnia e del Gemonese . Mi interessano la filosofia, la pedagogia, la storia,  l’antropologia, la psicologia, le scienze sociali, le religioni, la politica scolastica. Ho approfondito i temi dell’educazione alla pace, dell’epistemologia, della didattica, della cultura materiale; dell’infanzia e dell’adolescenza; del senso del tempo e dei diritti dell’uomo…  Devo decidere che cosa farò da grande.