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di Domenico Chiesasortirne insieme ...

12/09/2013

Un esercizio di pensiero per cambiare la scuola

Per poter cambiare la scuola occorre per prima cosa, al di là dei soliti discorsi di carattere politico istituzionale, un esercizio di pensiero. Solo attraverso il pensiero è possibile generare qualcosa di pratico e di concreto. La scuola chiede di essere ricreata e rigenerata, non semplicemente abolita o rinnovata1.

Penso sia questo il punto di partenza: sostenere la ripresa di un processo di innovazione profonda che ricrei/rigeneri la scuola, compreso il fare scuola.
L’indirizzo può essere quello proposto da Riccardo Massa quindici anni fa.
Il nemico della scuola, che rende le obiettive difficoltà ancora più devastanti, è l’assuefazione a una realtà che deve invece essere messa in discussione e rinnovata. Serve aprire una stagione di cambiamento, serve rinforzare una cultura della scuola che sia in grado di progettare e sostenere il cambiamento.

Cambiare non è un’azione neutra. È necessario definire quale scuola si vuole contribuire a costruire.
Non è quindi uno sfizio intellettuale sollecitare il bisogno di approfondire e stringere il confronto su quale possa essere il senso dell’esperienza scolastica; cominciamo a farlo con quelli che pensano, come noi, debba essere presente nella vita di tutti i bambini e di tutti gli adolescenti.
Giustamente Massa aveva superato l’alternativa superamento/miglioramento della scuola. L’esperienza storica dell’Istituzione dello Stato preposta a garantire a tutti l’istruzione per la cittadinanza non può essere sostituita da Nonna Marketing e/o da Internet nell’illusione di rendere finalmente liberi i bambini e i ragazzi dai fastidiosi e pedanti maestri. Nel contempo questa scuola non può essere semplicemente migliorata; serve una sua rigenerazione profonda affinché i maestri non siano pedanti e fastidiosi.
Purtroppo in questi ultimi dieci anni di cambiamento-al-contrario, ci siamo ritrovati nella nebbia fitta in cui tutto è diventato grigio al punto che il significato della scuola e del suo cambiamento per i singoli e per la società si è caricato di contraddizioni che rendono difficile dare senso alle parole.

Per avviare il ragionamento che vorrei costruire con chi vorrà, mi pare corretto riassumere l’orizzonte di senso al quale faccio riferimento. Ne faccio una ricostruzione schematica e consapevolmente provocatoria:

  • La scuola, nell’infanzia e nell’adolescenza, è innanzitutto il laboratorio della convivenza democratica e l’obiettivo di garantire a tutti lo stesso livello di qualità d’istruzione è un fattore di crescita del benessere sociale non riducibile alla crescita della produzione e dei consumi.

  • È pubblica perché coniuga il progetto di emancipazione e di riscatto di ogni singola donna e di ogni singolo uomo con un progetto di riscatto sociale.

  • La scuola nell’infanzia e nell’adolescenza è così importante nella vita di ciascuno da obbligare la Repubblica a garantirla a tutti mettendo a disposizione le necessarie risorse e promuovendo l’innovazione.

  • La scuola ha lo stesso significato per tutti i ragazzi tra i 3 e i 16 anni (unica fino a 14 e unitaria tra i 14 e i 16 anni) e i motivi all’apprendimento sono, in parte determinante, di natura intrinseca al curricolo e commensurati ai bisogni formativi e di vita propri dell’età e non al futuro adulto.

  • Non è finalizzata alla selezione bensì alla formazione culturale per la cittadinanza, assumendo l’infanzia e l’adolescenza come età della vita che non si esauriscono nel prepararsi alla vita.

  • Nell’infanzia e nell’adolescenza si va a scuola per imparare; la soddisfazione di imparare, di porsi in gara con se stessi per crescere e migliorare è più forte dei premi e delle punizioni. È un’illusione velleitaria pensare che mettere in concorrenza i bambini e i ragazzi, per classificarli e selezionarli, possa aiutarli a imparare meglio.

  • È la scuola in cui l’acquisizione di capacità e di competenze richiama l’assunzione di responsabilità, riconosciute e valorizzate, verso gli altri e non l’ottenimento di privilegi o di premi.

  • Nella scuola dell’infanzia e dell’adolescenza non ci sono somari; ci sono bambine e bambini, ragazze e ragazzi che stanno crescendo (a volte tra non poche difficoltà) incontrando, insieme, la cultura degli adulti; serve a tutti perché tutti sono chiamati a possedere gli strumenti per diventare cittadini; serve per diventare liberi e padroni della propria esistenza.

  • Nella scuola dell’infanzia e dell’adolescenza non ci sono graduatorie, competizioni (queste valgono per le attività sportive agonistiche e non per promuovere l’apprendimento). La valutazione è interna al processo con cui s’impara; serve per capire dove si è arrivati, per rivedere le strategie d’insegnamento e di studio, rappresenta un cardine del protagonismo e della responsabilizzazione degli studenti. La pressione del “voto” è sfavorevole all’apprendimento.

  • A scuola si va per ascoltare dei maestri che ascoltano, per cooperare con dei pari con cui si condivide l’esperienza formativa e per essere riconosciuti nella propria individualità che si sta costruendo in una dimensione di forte socialità.

  • La scuola nell’infanzia e nell’adolescenza opera nella continua ricerca di ambienti e contesti educativi che promuovano il protagonismo e la responsabilità ad apprendere degli allievi verso la costruzione consapevole di competenze culturali per la cittadinanza.

  • La scuola si costruisce attraverso il contributo di molti soggetti: interni al processo d’insegnamento-apprendimento, protagonisti degli altri tempi educativi, responsabili delle politiche scolastiche a livello locale e nazionale.

Note

1 Riccardo Massa, Cambiare la scuola, Laterza, Bari, 1997, p.10.

 

Lettura consigliata


Daniel Pennac,
Diario di scuola (2007),
Feltrinelli, Milano,
2008

 

 

 

Di che cosa parliamo

Il nome della rubrica ne sottolinea la non neutralità: la scuola è un “organo costituzionale” in cui si coniuga il progetto di emancipazione e di crescita di ciascuno con un progetto di riscatto sociale, è un laboratorio della convivenza democratica, è per sua natura pubblica e laica.
Si cerca di sollecitare ragionamenti su che cosa rappresenti l’esperienza scolastica nella vita dei bambini e degli adolescenti sul piano culturale e su quello delle relazioni umane.
Tema ricorrente è l’estensione della scolarità fino a sedici anni e i necessari processi di innovazione che la possono rendere effettiva.

L'autore

Mi interesso di problemi educativi legati all’insegnamento/apprendimento nell’adolescenza.
La mia carriera di insegnante si è concentrata sul tentativo di passare da “professore” a “maestro”.  Sono stato Presidente Nazionale del CIDI.
Sono Presidente del Forum Regionale per l’Educazione e la Scuola del Piemonte.
Nel Cidi Torino collaboro alla costruzione di un Centro di ricerca-azione per gli Adolescenti.