Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case.
E noi, nelle nostre aule, tiepide, sì, come sanno essere le scuole a gennaio, con tutto il freddo di quindici giorni di chiusura. Noi, nelle nostre aule, chiamati ad aprire le finestre, far entrare la cronaca di Parigi, aprire varchi di comprensione verso mondi lontani e precipitati poi nelle pagine della storia. Fermi un giorno, come nel gioco un due tre stella, niente interrogazioni e compiti di fine quadrimestre per la giornata della memoria.
Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici. Noi, nelle nostre aule, a raccontare una storia che ha il sapore di cibo masticato, perché i nostri alunni ne parlano da anni, e hanno quelle immagini negli occhi, che magari provocano commozione sul momento e non consapevolezza. Non ancora. Arriverà. Se solo trovassimo il modo di sfuggire agli imperativi delle commemorazioni.
Considerate se questo è un uomo. Di qui, parto di qui. Dai libri che si chiedono cos’è un uomo. Hanno visto da poco Storia di una ladra di libri. (Sky e le scuole procedono su programmazioni parallele). Anche lì si riflette sugli orrori della guerra e su chi è capace di ricordare l’essenza dell’umanità. La ragazza ruba i libri e ha le pareti della cantina trasformate in abeccedario. Sulla cattedra ci sono i miei libri personali, consumati e sottolineati. Cinque, sei. I più logori: Se questo è un uomo e Uomini e no. Perché è qui che voglio portarli. Cos’è un uomo? Chi è capace di compiere orrori inenarrabili e chi invece si spinge sino all’estremo della propria generosità, del proprio coraggio, della propria dignità. Anche quando di questa c’è solo un residuo.
Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per un pezzo di pane Che muore per un sì o per un no.
Nelle nostre tiepide classi la letteratura è capace di trasformare riflessioni, di spingerle oltre l’ovvio. Nessuna sensazione di già visto già sentito. La stessa poesia letta dieci cento e mille volte è sempre diversa. Diversa per ogni età in cui si legge il testo. Diversa in ogni classe in cui si passa il libro, sempre lo stesso.
Considerate se questa è una donna Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Tra la memoria e la retorica non è che un passo. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Ricordare male, non solo per mistificare, ricordare per dovere, senza sentire, a scuola senza approfondire, senza leggere, senza studiare, è peggio che dimenticare. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via Coricandovi alzandovi Ripetetele ai vostri figli.
Nelle aule magari si vedono meno, ma ci sono corridoi pieni di nazisti. Di ragazzini che scimmiottano gesti fascisti, che la scuola è solo una tappa dalla casa allo stadio, zaini pieni di bombolette e teste vuote di niente. L’arma più facile è il dileggio. Poi viene il resto, ed è molto peggio di quello che si possa pensare. E lì che la poesia deve farsi politica. Anche quando parla dei più raffinati e delicati sentimenti. Lì che la letteratura deve sostenere il ragionamento, il confronto serrato eppure non prevaricante. Lì e solo lì, deve avvenire l’incontro. Dove il rischio del fallimento è costante.
O vi si sfaccia la casa La malattia vi impedisca I vostri nati torcano il viso da voi. A volte la scuola può essere importante come nessun altro luogo al mondo. E anche questo bisogna ricordarlo, ogni tanto.