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18/12/2013

Riflessioni critiche e proposte attorno al diritto allo studio nel biennio

a cura di Daniela Casaccia

Presentiamo qui  il dossier Diritto allo studio e pratiche scolastiche: riflessioni critiche e proposte, pubblicato in esclusiva per gli abbonati di insegnare e frutto di una lunga ricerca condotta da Roberta Acquaviva, Luigia Amoroso, Mauro Baldassarre,  Angela Di Bono e Maria Ficocelli Varracchio, che sono anche gli autori dei singoli contributi.

La ricerca è nata circa un anno fa, a seguito di alcune discussioni spontanee che hanno particolarmente coinvolto un gruppo di insegnanti del Cidi Pescara, che avvertiva innanzi tutto l’esigenza di condividere preoccupazioni e frustrazioni accumulate durante il lavoro quotidiano, nella consapevolezza dei limiti che condizionano il diritto allo studio all’interno delle scuole, per l’appunto le istituzioni che ne dovrebbero garantire l’attuazione. In quegli scambi mettevamo a fuoco le contraddizioni e le inadempienze riscontrate all’interno dell’autonomia scolastica, non solo in relazione all’insufficienza di risorse economiche e umane che la caratterizzano, ma anche in rapporto alla sua gestione, per quel che compete le responsabilità di docenti e dirigenti, spesso travolti dallo straniante turbinio dei POF: si intrecciavano allora critiche e autocritiche sulle pratiche di una effettiva collegialità, sulla mancanza di procedimenti efficaci per una valutazione mirata al progresso quantitativo e qualitativo del servizio affidatoci, insomma sulla difficoltà a tenere fermi e centrare gli obiettivi di formazione democratica, così come richiesto dalla Costituzione.

 Sull’onda di queste discussioni condotte “a braccio” sono sorti interrogativi importanti che ci hanno spinti a compiere un percorso di approfondimento sui problemi emersi o sulle proposte di soluzione. Ciascuno l’ha svolto nella specificità del proprio punto di vista, secondo le priorità individuate in rapporto alla propria peculiare esperienza, competenza, formazione. E tuttavia, pur nella differenza di temi e prospettive, ogni contributo si è misurato con la questione delle pari opportunità: il nodo comune che ci ha legato, per la forza ideale che lo contraddistingue, per la problematicità che lo caratterizza nelle pratiche più frequenti.

Massimamente evidente il tradimento delle pari opportunità nei dati sulla dispersione e sull’abbandono scolastico: Roberta Acquaviva l’ha ampiamente dimostrato attraverso il suo studio della realtà nazionale, con riferimenti al quadro europeo, e con il resoconto di una esperienza da lei vissuta in prima persona (La scuola ineguale: un esempio), dove racconta uno spaccato problematico, fatto di alunni con bisogni speciali, in grave disaccordo col principio di equità che dovrebbe informare il sistema di istruzione. Colpiscono le percentuali rilevanti di abbandono prima del compimento dell’obbligo, la loro peculiare distribuzione in base alle tipologie di indirizzo e alle aree geografiche, in particolare la relazione che intreccia questi rilievi ai fenomeni della ripetenza scolastica e della frequenza irregolare.

Negli altri contributi l’attenzione si è concentrata sulla didattica: il lavoro di Angela Di Bono ha focalizzato un problema organizzativo nodale quale quello del tempo scolastico, riflettendo sulla urgenza di una modulazione che superi la frammentarietà gratuita e la linearità rigida degli standard orario dominanti. Il tempo scolastico andrebbe invece ritagliato e costruito sulle persone degli alunni e dei docenti, sulla complessità delle discipline e sulle esigenze proprie delle loro relazioni, condizioni spesso trascurate pur quando ci si ponga l’obiettivo di un percorso motivante e formativo, sostanziale appunto per la promozione del diritto allo studio. Allo stesso modo Maria Ficocelli Varracchio ha incentrato la sua riflessione sulla metodologia: una didattica fondata sull’apprendimento orizzontale e solidale, quella che viene definita come empowerment, significa una risorsa preziosa per fondare la motivazione e accrescere le probabilità di successo per tutti. Solo che un simile processo necessita di un complesso lavoro di progettazione che può includere anche l’uso ragionato delle tecnologie informatiche: lo dimostra l’acclusa esemplificazione dove, a completamento del contributo, viene descritta analiticamente una esperienza di empowered peer-education applicata alla didattica, relativamente al Curricolo di Economia Politica al biennio (Pescara, anno scolastico 2012/2013)

    I due restanti lavori si sono concentrati sulla questione del cosiddetto “recupero”, ossia sulla didattica destinata a evitare l’insuccesso scolastico. Tale circoscrizione di campo ha comportato una revisione critica dello statu quo in cui versano le attuali procedure, spesso solo sopravvissute al progressivo svuotamento degli impianti originari. E contestualmente, pur nella diversità di prospettiva e di proposta, le riflessioni di Mauro Baldassarre e Luigia Amoroso hanno tentato di definire alcuni fondamenti di una didattica mirata a prevenire gli insuccessi dell’ insegnamento/apprendimento oltre che a sanarne i fallimenti.

 In particolare Mauro Baldassarre presenta un’ipotesi di innovazione didattica che coinvolge radicalmente sia contenuti che metodi, tale appunto da poter includere di prassi ogni soggetto nella sua specifica differenza, che sia di natura psicologica o sociale, in relazione a demotivazione, stile di apprendimento, handicap o provenienza geografica. Qui il lavoro didattico viene pensato come una ricerca/azione costante, fondata su scelte e pratiche di intesa rigorosamente collegiale, un’attività che, oltre agli operatori scolastici, coinvolge quelli di ogni altra agenzia pubblica e privata con cui risultino in contatto le soggettività concrete degli alunni.          

Circa la questione del recupero, Luigia Amoroso prospetta una soluzione coerente con i limiti della didattica più diffusa nella realtà delle autonomie, tuttora vincolata, oltre ogni innovazione di maniera, alla tradizione frontale. La proposta immagina una piattaforma condivisa sui saperi di base (contenuti e competenze), mentre sui metodi si limita a ipotizzare un confronto dialogante: una collegialità finalmente concretizzabile proprio grazie a questa definizione di campo, eppure supportata e potenziata da innovative procedure di comunicazione. Una proposta che, pur confinata entro una modesta fattibilità, apre a sviluppi di ulteriori, auspicabili compimenti, perfino spingendosi a inseguire scenari di utopia e a contestare la semplicistica equivalenza di realismo e cinismo.

A conclusione del lavoro preme comunque sottolineare che ogni tappa di questo  viaggio dentro i problemi del diritto allo studio non sarebbe stata possibile senza lo stimolo e il nutrimento dei nostri incontri periodici, dei reciproci aggiornamenti e delle discussioni che sono continuate, accompagnandoci puntualmente per tutto il tempo della ricerca. Al di là della qualità degli effetti prodotti, ossia di questi contributi il cui giudizio appartiene naturalmente a chi vorrà prenderli in considerazione, ci sembra di notevole rilievo il fatto che questa discussione sia appunto avvenuta vivace e talvolta appassionata, che la dimensione critica e autocritica si sia attivata e approfondita, che tali premesse abbiano fatto scaturire alcune immaginazioni: siamo profondamente convinti che questi processi siano auspicabili perché necessari e altrettanto rari nella situazione di sospensione e di stallo in cui il mondo della scuola sembra avvolgersi. È certo infatti che, permanendo un simile vuoto, resterà preclusa ogni possibilità di cambiamento/progresso nell’esercizio effettivo del diritto allo studio.

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