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editoriali

05/10/2016

Questo inizio d'anno

a cura di insegnare

L'anno scolastico è iniziato.

Ormai è persino inutile continuare a lamentare l'avvio con le cattedre scoperte, gli arrivi nelle scuole di docenti che non si capisce da dove e perché vi giungano, i disagi di chi si vede allontanato da casa, le contraddizioni nelle norme adottate e nella loro applicazione. Persino il Presidente del Consiglio ha ammesso che si poteva fare meglio! Attendiamo che tutto vada a regime, ma certo siamo lontani da quell'auspicato assestamento della configurazione e assegnazione delle cattedre che era nelle speranze di tutti.

L'anno precedente si era chiuso discutendo di valutazione dei docenti, di chiamata diretta e di nuova configurazione della professionalità docente, oltre a prendere atto delle contraddizioni profonde del concorso a cattedre. Una situazione che rende sempre più arduo capire che cosa è ancora possibile fare per salvare ciò che resta della scuola pubblica.

Intanto prosegue il lavoro attorno alle deleghe previste per l’emanazione di uno  o più decreti legislativi che interverranno  sul “riordino,  semplificazione e codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione”. È avvenuta in questi giorni la presentazione della bozza di lavoro in tema di valutazione, oltre alla presentazione ad alcuni esperti stranieri del "Piano di formazione" dei docenti di cui ci occuperemo a breve.

Insomma non ci mancano certo gli argomenti di cui preoccuparci e discorrere, anche se preferiremmo poter dedicare meno tempo e fatica a temi di politica scolastica per occuparci di ricerca e pratica didattica. Anzi, abbiamo come la sensazione che si stia sottovalutando l'incidenza dei provvedimenti presi e di quelli alle viste sulla natura stessa della nostra scuola.
È in atto un cambiamento profondo, non solo e non tanto delle pratiche didattiche (che andrebbero invece aggiornate e rese più funzionali ai mutamenti esterni, pur senza fantomatiche fughe nei territori salvifici del digitale), quanto delle finalità strategiche, dei valori dominanti, dei principi guida, delle relazioni umane, professionali e sociali della scuola pubblica. Lo andiamo denunciando da tempo e continueremo a farlo, non senza l'amara sensazione che troppi lo stiano sottovalutando o l'accettino con rassegnata resa all'ineluttabilità di processi che potrebbero e dovrebbero invece essere più efficacemente contrastati.

Come abbiamo scritto altrove,  abbiamo la sensazione che,  fra poco, quando ragioneremo sui 20 anni che ci separano ormai dal Regolamento dell’autonomia, dovremo verificare non solo quale autonomia avremo o non avremo realizzato, ma soprattutto a quale idea di scuola e di società l’avremo resa funzionale o asservita. E temiamo che di certo stenteremo a riconoscervi l'idea di scuola che auspicavamo di realizzare e che non sarà quindi un bilancio confortante.

 


Immagine  a lato: scena scolastica, da un'edizione di Cuore (Treves, 1934),