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editoriali

27/02/2016

Due lettere per crederci ancora

di Mario Ambel

Da tempo (diciamo da quasi due mesi) sto cercando di confezionare un editoriale dal titolo “Opporsi alla legge 107”, senza però riuscirci. Non che manchino argomenti, testimonianze, citazioni. Tutt'altro. Quello che manca è la convinzione che possa servire ancora a qualcosa.

A che serve, infatti, raccogliere ulteriori argomentazioni a dimostrazione dei guasti che quella legge arreca e arrecherà alla scuola, a fronte della spocchiosa arroganza con cui il governo e i vari responsabili del settore scuola  hanno trattato finora ogni forma di non condivisione, anche interna?
A che serve se ormai, dati per certi i danni della legge, ci si deve già logorare per evitare quelli delle deleghe?
A che serve se dalle colonne del Corriere e nel suo sfavillante blog Roger Abravanel continua a lamentare l'insufficienza di provvedimenti che avrebbe voluto ben più drastici nel condurre la scuola italiana sulle gloriose strade della meritocrazia, della canalizzazione precoce e del rapporto con le imprese?
A che serve se anche il fronte dell'opposizione culturale e professionale a questa legge non riesce a liberarsi dai lacciuoli di un fare politica sempre meno praticabile in un paese in cui tutto - dalla scuola, alla guerra, ai diritti delle persone - si traduce ormai purtroppo in pietose pagliacciate a uso di talk show sempre più inguardabili?
A che serve se ormai buona parte della scuola si è rassegnata al suo eterno destino: lavorare comunque, ogni giorno, indipendentemente e contro una politica che da almeno due decenni emana leggi e provvedimenti a dir poco ostativi e defatiganti quando non scellerati?

In attesa di ricominciare a credere che serva ancora a qualcosa, se non altro per parlare dei referendum abrogativi di alcuni articoli della L. 107, vorrei affrontare la questione da un punto di vista apparentemente collaterale.
Nei giorni scorsi sono arrivate al Cidi Torino, che le ha girate alla posta del Direttore di insegnare, due lettere, che appaiono (e sono) assai diverse, ma pongono un problema comune: se e come “reagire” al bonus dei 500 euro.
Sulla rivista abbiamo già parlato a lungo dell'argomento e la nostra posizione è nota: lo consideriamo un provvedimento sbagliato e dannoso, in sostanza offensivo e non solo inutile ma controproducente per realizzare quella formazione in servizio permanente (più efficace che obbligatoria) di cui la scuola ha da sempre assai bisogno e che il Ministero da decenni si guarda bene dal promuovere e organizzare. Tutto questo, anche al di là di tentativi ed esperienze ragguardevoli che però non sono mai diventate “sistema”, rende ancora più evidente la scelta  non tanto di innovare la scuola con un Piano Nazionale di Ricerca e Formazione Permanente, quanto di immolarla alla edificazione (a tratti assai poco edificante) del Sistema Nazionale di Valutazione, con gli ambigui risultati che sono sotto gli occhi di tutti!

Ebbene, date queste premesse, non possiamo che condividere forma e sostanza della prima di queste due lettere:

Vi scrivo per chiedervi se sapete se si è poi giunti a una decisione collettiva comune, in ambito nazionale, per una simbolica restituzione del bonus da 500 euro (che trovo una misura populista e demagogica, individuale e anticollegiale).

Finora mi sono rifiutata sia di raccogliere scontrini che di comprare tablet (!), ma sto pensando di usarli - se non si arrivasse a una restituzione nazionale simbolica - per fare corsi con i centri e le associazioni più meritevoli, a mio avviso, in modo da sostenere le loro iniziative.

Grazie!

Chiara Panzieri

 

La collega esprime la stanchezza e la rabbia di chi ha a lungo creduto che qualcuno avesse davvero a cuore la dignità del suo lavoro e che si preoccupasse di sostenerlo con modalità adeguate.
A lei va tutta la  solidarietà di insegnare e il dispiacere che non si sia voluto e potuto fare qualcosa per restituire collettivamente il non richiesto “maldato”. Sull'ipotesi conclusiva non possiamo che essere d'accordo, iniziative di insegnare incluse, anche se continuiamo a esprimere il rammarico che la crescita professionale dei docenti sia affidata in primis a un “mercato” per altro finto e manipolato come quasi tutti i “liberi” mercati in cui sguazza la nostra esistenza. Da molto tempo, ma ormai senza più remore, regole e pudori!

Ma poi è arrivata una seconda mail, a commento di una iniziativa che il Cidi Torino ha organizzato (gratuitamente) in collaborazione con una libreria democratica della città.
Eccola.

Buona sera, 
l'incontro dell'altra sera è stato piacevole e arricchente, mi ha dato la possibilità di vedere il periodo della 2a guerra mondiale (che approfondisco sempre con interesse) da un'altra angolazione. Non conoscevo la professoressa Giani Gallino e ho avuto modo di apprezzare la sua esperienza e la sua simpatia.
Gli interventi dei presenti hanno attualizzato il problema e il discorso del signore che ha chiuso la serata è stato per me una ventata di piacevole positività.
 
Forse, se ci fosse stato più tempo, avrei potuto raccontare che nella mia attuale 2^ primaria c'è una giovanissima e dolcissima mamma che ha vissuto poco più che adolescente la traversata a piedi del deserto e il viaggio in mare su un barcone portando in grembo la sua bimba a dispetto di tutto e partorendola appena sbarcata, a Crotone. 
E quando ci ha confidato che il suo compagno non voleva quella gravidanza e l'ha osteggiata in tutti i modi, ci ha detto, nel suo stentato italiano: "Ma io non potevo buttarla via! Era un dono di Dio. Non importa che Dio: il mio, il tuo, il suo... non fa differenza.". Sembrerà stucchevole, ma queste parole, in questi tempi di fanatismi e intolleranze, ci sono sembrate preziose.
Vado spesso alle presentazioni di libri in librerie o al Circolo dei Lettori, frequento serate su autori o testi particolari organizzati da "L'università che continua", alla quale sono iscritta. 

Finalmente, con la vostra iniziativa, ho la possibilità di vedere riconosciuta almeno in parte questa attività culturale ai fini della formazione in servizio. 
Vi ringrazio per questo! L'arricchimento e l'aggiornamento di un insegnante non è solo dato dai cosiddetti "corsi" ... si tratta anche di rimanere sulla stessa lunghezza d'onda delle novità editoriali, delle iniziative culturali proposte dagli enti della propria città... ho particolarmente apprezzato, quindi, l'idea di Scaffale aperto. 

Spero di poter partecipare anche ai prossimi incontri e vorrei che continuasse e fosse ampliato. La mia tessera Cidi risale al settembre scorso, se è scaduta al prossimo incontro la rinnoverò.

Cordialmente
Manuela Vallarino

Questa seconda mail è assai interessante perché suggerisce tre osservazioni.

La prima. Conferma la buona volontà, la passione, il desiderio di migliorare anche individualmente per far bene scuola che accomunano molti docenti. E in questo è in sintonia con le motivazioni della mail precedente: non a caso, verrebbe da dire con un po' di partigianeria, entrambe le colleghe vedono nel Cidi un interlocutore credibile e in sintonia con la propria professionalità.
La seconda. La mail è un implicito avallo del bonus dei 500 euro poiché esprime condivisione per le opportunità offerte di crescita culturale in contesti vari, e gratitudine al Cidi che le trasforma in “formazione”.
La terza. La collega sancisce la confusione fra aggiornamento individuale, crescita culturale e formazione in servizio, che a nostro parere è il vulnus peggiore inferto dal bonus al sistema istruzione. Anzi, con quella battuta polemica sui “corsi” (che richiama alla memoria quella terribile del Renzi candidato segretario del PD: “I corsi di formazione servono solo a chi li tiene!”), la collega sembra quasi esprimere la soddisfazione per essere affrancata dal doversi formare come obbligo di servizio, e di potersi scegliere liberamente (e per di più rimborsata) i personali percorsi di crescita individuale.

È proprio in quell'individuale (contrapposto al "collegiale" della prima mail) che sta tutto il nostro dissenso, la preoccupazione che la via personale alla crescita professionale non porti a un reale miglioramento dei processi di insegnamento/apprendimento, che vanno ormai progettati e realizzati in équipe collaborativa. Ma è pur vero che troppi “corsi”, in questi lunghi anni, non solo non sono serviti ma spesso hanno reso invisa la loro stessa esistenza.

Questa rivista non ha nulla contro la crescita e l'aggiornamento individuali: abbiamo una rubrica intitolata lo “Scaffale” (come l'iniziativa del Cidi Torino) e presto la rinforzeremo anche con incontri pubblici; abbiamo promosso e continueremo a promuovere la lettura di buoni libri sulla e soprattutto per la scuola... Ma pensiamo che a questa componente della crescita professionale dei docenti si dovrebbe pensare dopo e con minor investimento di risorse rispetto alla necessità prioritaria di rispondere alla comune esigenza che quelle due lettere esprimono: la promozione e la diffusione di condizioni che rendano più facile e confortante il far bene scuola!

Infine, sulla “Buona scuola”. Queste due mail esprimono anche un diverso atteggiamento “politico” rispetto al come vivere e lavorare ai tempi della L. 107. La prima sottolinea la rabbia e la sofferenza di chi ha la sensazione che ci sia ormai ben poco da fare, ovvero le valutazioni da cui siamo partiti. La seconda sembra riconducibile alla posizione di chi, ora che è Legge dello Stato, cerca di ricavarne il meglio possibile, senza tradire i propri principi. Sono due stati d'animo (e reazioni) diversi, che convivono anche nella nostra associazione (meno nella redazione della rivista, più schierata sulla prima istanza) e di cui ci è sembrato onesto e utile, attraverso quelle due belle lettere, dar conto in questo editoriale. Nel prossimo, invece, parleremo di chi e come ancora si oppone alla L. 107, sperando di fermarla.

A entrambe le colleghe (e a chi si è riconosciuto nelle due lettere) l'invito a continuare a seguirci: la battaglia quotidiana per una crescita professionale, sia collaborativa che individuale, su queste pagine continua...

 

 

Scrive...

Mario Ambel Per anni docente di italiano nella "scuola media"; esperto di educazione linguistica e progettazione curricolare, già direttore di "insegnare".