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una recensioneoltre la lavagna

22/01/2015

Francesco dell'Oro, "La scuola di Lucignolo"

di Oriele Orlando

Il termine orientamento deriva dal latino oriens, “volgere a oriente”. Il termine, quindi, più genericamente si riconduce all’atto dell’orientare e dell’orientarsi. Un ragazzo che dovrebbe essere orientato dovrebbe, con l’aiuto della famiglia e della scuola, stabilire la propria posizione rispetto ai punti cardinali del futuro, riconoscere il tempo in cui si trova, la direzione che si sta seguendo, comprendere come raccapezzarsi per avere le idee chiare nello stabilire la via giusta da seguire. Insomma, orientarsi verso il tipo di studi più congeniale al fine di divenire nel tempo ciò che si vuole. Famiglia e scuola dovrebbero fornire ai ragazzi quei punti cardinali che indicano la strada verso cui dirigersi.

Il libro di Francesco Dell’Oro ha due livelli di lettura. Può essere letto come la raccolta delle esperienze, in forma aneddotica, di tutti gli incontri che l’autore ha fatto negli anni presso il Centro di Orientamento del Comune di Milano in cui ha lavorato. Incontri con genitori e loro, i protagonisti, sebbene non sempre tali: i ragazzi delle scuole di primo e di secondo grado. Racconti che l’autore con delicatezza tratteggia a volte con note tristi, a volte problematiche, ma anche con ironia esilarante chiamandoli incontri del terzo tipo!
L’altro livello di lettura, a mio avviso, consente invece di approfondire l’e/in-voluzione della famiglia contemporanea e di conseguenza del rapporto di questa con i propri figli. Ragazzi che non ricevendo più riferimenti diventano figli e alunni tiranni, come ci dicono i recenti studi di psicologia. Ma chi sono i figli tiranni? Sono quei figli che dominano la vita famigliare con la propria rabbia e la propria sofferenza, vittime di una società in cui cambiamenti rapidissimi hanno comportato sconvolgimenti radicali nella vita di ogni individuo e all’interno delle famiglie. E i genitori smarriti chi sono? Sono le madri e i padri di oggi, schiacciati da un’organizzazione della vita quotidiana in perenne emergenza, spesso privati dei legami con le generazioni che li hanno preceduti, confusi dai media che propongono falsi bisogni e una visione impoverita della realtà.

Cosa si nasconde dietro i pianti inconsolabili e l’irrequietezza dei figli o dietro la violenza degli adolescenti, la loro incapacità di proteggersi e l’indifferenza per la progettazione di sé? Leggendo il libro di Dell’Oro il lettore ha modo di sbirciare, da una posizione di privilegio, quello che un insieme denso e vivace di denunce appassionate, studi psicoanalitici, esperienza cliniche, oramai testimoniano. La lettura, quindi, aiuta i genitori smarriti a riconoscere e a rispettare i bisogni dei figli nel lungo percorso della loro dipendenza per raggiungere la fisiologica indipendenza, realizzando se stessi e divenendo adulti.

Il mancato orientamento o un pessimo orientamento in aggiunta ad altre variabili determinano certamente la disaffezione degli studenti verso lo studio e la scuola conducendo all’insuccesso scolastico e infine all’abbandono, così ben descritto nelle pagine del godibile libro di Checco, nemesi del prof. Dell’Oro. Si registra una dispersione che, come ci ricorda l’autore, è “fortemente connotata dal ceto sociale, dal livello di istruzione dei genitori e che regala, purtroppo, al nostro paese un carico economico forse incalcolabile (….) e nella graduatoria dei ventisette paesi Ue, l’Italia si colloca nella quarta peggiore posizione, subito dopo il Portogallo”. Nelle pagine del libro ho riletto molte esperienze comuni vissute da Checco-prof. Dell’Oro, vittima nel suo passato di studente di valutazioni affrettate, giudizi respingenti e deleterie bocciature, e dalla sottoscritta in qualità di insegnante.

Lo scorso anno ho prestato servizio in una scuola del quartiere Parioli di Roma, essendo abilitata in due classi di concorso da precaria mi barcameno nell’insegnamento tanto nelle scuole superiori di primo grado che di secondo. Lo scorso anno, dicevo, mi sono toccate le medie, cattedra suddivisa tra due scuole, lontane tra esse non solo fisicamente ma anche per le tipologie degli studenti che le frequentavano. Quartiere bene l’una, con studenti di provenienza al novantacinque per cento da famiglie abbienti, quartiere popolare l’altra, con ragazzi spesso provenienti da contesti sociali alquanto problematici e che, per un verso e in minima misura, appartenevano al ceto operaio e medio-borghesi. Gli studenti e le famiglie della prima scuola (una delle classi era una terza media) non avevano grossi dubbi a quale scuola superiore iscriversi. Per il novanta per cento della classe la scelta era già stata compiuta molto tempo prima. Gli istituti che raccoglievano l’approvazione di molte famiglie, gli unici che esse reputavano veri indirizzi, erano lo scientifico e il classico. Il restante dieci per cento avevano scelto il linguistico, in due l’artistico. Una studentessa con la passione per la cucina e che sognava di avere un suo ristorante da grande fu iscritta dai genitori al classico con indirizzo internazionale, per studiare le lingue, nonostante le mie osservazioni. Nell’altra scuola, invece, è avvenuto esattamente il contrario, anche gli studenti studiosi e bravi non reputavano di poter andare al classico o allo scientifico, e in tanti hanno optato, quando è andata bene, gli istituti tecnici, la maggior parte si è indirizzata ai professionali e ai Centri di Formazione Professionali. Nella scuola dei Parioli non si è fatto alcun orientamento, come progetto d’istituto, ci si è limitati a scrivere gli indirizzi dei siti di alcune scuole superiori su una pagina del sito; personalmente con i miei studenti di terza ho invece fatto quattro lezioni di orientamento, nonostante lo scarso interesse degli stessi. Nell’altra, invece, il Preside ha chiesto alla psicologa di seguire i casi più delicati, e i due colleghi incaricati della funzione strumentale Orientamento, hanno distribuito brochure e accompagnato gli studenti delle terze in alcuni istituti vicini per partecipare all’open-day di questi ultimi.
Quest’anno insegno in un Istituto superiore che ha sia indirizzi tecnici che quelli di liceo scienze applicate, scientifico e sportivo. In ogni classe vi sono diversi studenti che accusano la sofferenza nel frequentare una scuola che non è nelle loro corde.

Dell’Oro ci rammenta che la scuola deve accompagnare gli studenti nella scelta del percorso d’istruzione e formazione insieme ai “genitori compagni di viaggio, più qualificati nel percorso adolescenziale e scolastico. con la capacità di dare direzione ai propri figli, trasmettendo esperienze, regole, valori, ma con la certezza che i codici per comunicare con la terra degli adolescenti richiedono autorevolezza, sensibilità, capacità di saperli aspettare, una relazione non giudicante e la consapevolezza che il ‘mestiere’ del genitore è il più bello e il più difficile del mondo”.

Si consiglia la lettura del libro a tutti i genitori, anche ai genitori-insegnanti.

Francesco Dell’Oro, La scuola di Lucignolo , Feltrinelli, Milano, 2014, pagg. 240, euro 14.00

Scrive...

Oriele Orlando Docente di storia e letteratura Italiana nella scuola secondaria superiore; si occupa di didattica e Tic ed è specializzata nell’insegnamento dell’Italiano L2.