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lettere a insegnareoltre la lavagna

30/12/2013

La necessitĂ  di risposte serie

di Giovanna Bertazzoli, Elena Cassani, Alessandra Gaffurini

Riceviamo questa lettera (o se preferite questa mail...) che pubblichiamo molto volentieri proprio perché le tesi qui sostenute - che condividiamo profondamente - vanno ben al di là del dato contingente, per rivendicare una politica scolastica finalmente seria e responsabile, ormai da troppo tempo assente nel nostro paese. E saremmo anche lieti di ricevere altre opinioni su questo tema di sicura attualità.

L'Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Brescia, Roberta Morelli, propone di predisporre un albo di insegnanti pensionati, musicisti o ingegneri che si offrano volontari per lavorare gratis ed insegnare l'italiano ai ragazzi stranieri, ma anche per colmare lacune in matematica o per promuovere l'educazione musicale.
La notizia è stata ripresa da diversi quotidiani locali e nazionali suscitando polemiche e critiche. Ovvie.
Per diverse ragioni tutte condivisibili: la necessità di risposte serie e non estemporanee alle carenze di personale, la necessità di docenti formati per l'insegnamento dell'italiano L2, la improponibile equazione “chi sa sa insegnare” a prescindere dalla competenza  didattica, la miseria di una scuola che deve affidarsi al volontariato (dalla carta igienica portata dai genitori alle aule ridipinte dagli studenti) per un'assenza ormai cronica di fondi. E se ne potrebbero aggiungere altre…

La proposta dell'Assessore Morelli mette in luce l'insostenibile sguardo della politica sulla scuola  in questi anni, da ormai troppi anni.
Al di là delle affermazioni di principio e della citazione retorica del rapporto tra PIL e istruzione, tutti, anche i neofiti, propongono alla scuola ricette e rimedi dimostrando di conoscere poco la realtà complessa che la scuola è diventata in questi anni e soprattutto rischiando (inconsapevolmente?) di comprometterne il ruolo che faticosamente, ma costantemente, essa ricopre nella nostra società.
Conoscere la scuola significa, ad esempio, chiedersi finalmente cosa c'è dietro il dato del 25% di alunni con cittadinanza non italiana, leggere percorsi di vita e di scuola differenti, ma soprattutto analizzare una realtà che da tempo non ha il carattere dell'emergenza, ma della complessità e che quindi va affrontata con strumenti culturali e pedagogici e non solo amministrativi, tanto più se di basso profilo. In altre parole non con l'erogazione di pacchetti di ore prestate gratuitamente da pensionati, ma con la consapevolezza che le aule sono popolate da soggetti per tante ragioni diversi e che l'attenzione ai loro bisogni formativi non è compatibile con classi numerose. Alla varietà di bisogni formativi non si dovrebbe rispondere con l’appello alla beneficienza, ma con il riconoscimento di diritti.
È nella classe, tra pari che si apprende, ma allora è alle condizioni del fare scuola che dovrebbero essere rivolte le attenzioni della politica.
Non ci nascondiamo che probabilmente se non da un tavolo, forse dalle richieste di alcune scuole o di alcuni Dirigenti scolastici nasce la proposta dell'assessore. Ma alla politica chiediamo ancora il contributo alla costruzione di un pensiero sulla scuola,  la costruzione di un solido rapporto con le istituzioni scolastiche, la capacità di individuare priorità.

Ma c'è un altro aspetto inquietante, implicito nella proposta dell'assessore: l'idea che ad ogni bisogno si risponda con uno specialismo, più o meno competente.
25% di alunni stranieri ? Pensionati.
Scarsi risultati nelle prove Invalsi di matematica? Ingegneri in pensione.
Necessità di una formazione musicale fin dalla scuola dell'infanzia? Musicisti disoccupati.
A quando gli infermieri per alunni iperattivi?
A parte la provocazione, la preoccupante idea che si fa strada è che di fronte alla complessità delle diversità presenti nelle classi, così come nelle città, la proposta della scuola debba frantumarsi, debba diventare un servizio a domanda individuale.
Eppure la scuola italiana è stata attraversata da ben altre spinte di cambiamento fondate sull'idea che la scuola debba essere un ambiente di vita, un luogo di incontro generazionale, il luogo dell’educazione alla socialità che accolga i diversi modi di stare insieme e di comunicare  proteggendo la dimensione individuale e le diverse soggettività.

L'innovazione e la qualità della/nella  scuola italiana si sono  costruite nell'idea che a scuola si va per costruire una comunità di lavoro e apprendimento in cui bambini e ragazzi siano messi nella condizione di aprirsi e a comunicare e in cui alunni e insegnanti imparino a leggere e interpretare la realtà attraverso la cultura.
Di fronte alle sfide e alle trasformazioni dell'esperienza educativa siamo convinte sia ancora tempo per questa idea di scuola.

Brescia, 30 dicembre 2013

Giovanna Bertazzoli Presidente CIDI Brescia
Elena Cassani Vice Presidente CIDI Brescia
Alessandra Gaffurini Vice Presidente CIDI Brescia

Rubrica di corrispondenza con la rivista. L'indirizzo mail è redazioneinsegnare2010@gmail.com 

Immagine: un fotogramma del Il postino (1994) con Massimo Troisi