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lettere a insegnareoltre la lavagna

26/02/2015

A proposito di forestierismi

di Maurizio Della Casa

Pubblichiamo con piacere queste osservazioni sull'abuso di forestierimi nella nostra lingua, inviateci informalmente da Maurizio Della Casa 

Caro Ambel,
ho letto le tue considerazioni in merito alla petizione sull’uso della lingua italiana. (Cfr.  Ma il problema non è la lingua!).
Tu affermi che il centro della questione, nell’abuso di terminologie straniere (e inglesi in particolare), sta nella sostanza concettuale che sta dietro le parole, portando ad esempio l’uso di “brand” da parte di Faraone. E questo è certo un aspetto del problema. Ma vi è anche un altro aspetto, se vuoi più banale ma anche forse più diffuso, che consiste nel ricorso becero e del tutto gratuito a termini anglosassoni per puro provincialismo, e non perchè si tratti di parole tipiche e intraducibili di una cultura economica, manageriale ecc. che non appartiene alla nostra tradizione. Cosa questa in cui eccellono fra l’altro anche i nostri politici (per esempo: question time, jobs act, welfare, spending review, ecc.).
È certamente vero che i cambiamenti linguistici li fa l’uso e la Crusca non può incidere gran che, ma l’uso è orientato dai media e dalla lingua della classe dominante, quanto meno da coloro che sono più esposti e fanno “tendenza”. Può essere perciò, anche se in modo indiretto, “educato” (come si può educare alla buona musica, attraverso l’esposizione frequente a modelli di qualità).  Lo dimostrano, per restare fra i paesi latini, il caso della Francia e anche, mi pare, della Spagna, dove non si pensa che il proprio discorrere o scrivere acquisti prestigio infarcendolo senza ragione (e magari a sproposito, come da noi spesso avviene) di forestierismi. Forse è solo una questione di buon gusto, quel buon gusto linguistico (e non solo) che è sempre più assente dalla nostra TV e dal nostro Parlamento.

Vi è poi un altro aspetto da considerare, e cioè il diritto del lettore o dell’ascoltatore, quando è il destinatario di una comunicazione, di capire. Succede invece, non di rado, che testi indirizzati a un pubblico comune, come sono certi articoli dei quotidiani, risultano disorientanti perchè infarciti di termini stranieri appartenenti a un gergo specialistico, cosa che si verifica per esempio per i pezzi di carattere finanziario o informatico.
Sostituire, quando si può, queste espressioni con altre  italiane di significato equivalente (che esistono, in molti casi, e magari sono anche preesistenti), o avere il garbo, quando non si può, di affiancarle con una esplicazione fra parentesi, sarebbe un atto, a mio parere, di buona scrittura e di buon giornalismo.

Insomma, la questione, a mio avviso, presenta varie facce, ognuna delle quali merita una considerazione a sè. Ma il discorso, certo, sarebbe lungo.

Un caro saluto,
Maurizio Della Casa

 

Rubrica di corrispondenza con la rivista.  L'indirizzo mail è redazioneinsegnare2010@gmail.com 

Immagine: un fotogramma del Il postino (1994) con Massimo Troisi