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16/05/2017

Dal dire al fare: rilanciare l’educazione linguistica democratica

a cura di insegnare

I numerosi contributi al dibattito

I due contributi a fianco citati consentono di raccogliere e ripercorrere quasi interamente i termini della discussione:

Giusti e Raimo, nel loro intervento, segnalano l'intervento di Antonio Brusa e di Rita Bortonele parole della Ministra Fedeli e la circolare  appositamente emanata dal Ministero, il documento scritto da Alberto Sobrero per il Giscel; inoltre prendono in attenta considerazione dati assai eloquenti, come  quelli relativi al possesso delle competenze indispensabili per esercitare in modo adeguato i diritti di cittadinanza, elaborati nel  rapporto finale della commissione sul progetto Piaac, datato 2013. (Piaac sta per Programme for International Assessment of Adult Competencies);  oppure quelli relativi ai livelli di abbandono scolastico emersi dall’indagine Eurydice La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione in Europa).

Questi i contributi a sua volta menzionati da Daniele Lo Vetere: "Le reazioni all'appello sono già state molte. Eccezion fatta per quella solidale, anzi di rilancio aggressivo, di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere, tutte sono state critiche, alcune ferocemente critiche. Grossolanamente, possiamo distinguere due generi di repliche: quelle concentrate sul merito "stretto" della questione, l'educazione linguistica (il contro appello di molti linguisti italiani, Giuseppe Bagni per conto del Cidi, Silvana Loiero per conto del Giscel, Alberto Sobrero sempre per il Giscel) e quelle che reagiscono ad aspetti più generali o impliciti dell'appello (Antonio Brusa; Lorenzo Renzi in difesa di Tullio De Mauro; Mariangela Galatea Vaglio nella sua rubrica Non volevo fare la prof; il maestro Franco Lorenzoni; Simone Giusti e Christian Raimo, in un intervento articolato che sintetizza un po' tutto il dibattito, su Minima et moralia). Il 6 febbraio anche Tutta la città ne parla di Radio Tre ha dedicato una puntata al tema, in un confronto utile e interessante".

Si tratta dunque di un repertorio  ricco di analisi, argomentazioni, proposte. A fronte della complessità del quadro che ne emerge, appare sempre più rozza e disarmante non tanto l'opportunità della denuncia dei "600", quanto sopratutto la natura dei rimedi proposti.
Di questi aspetti in particolare, la nostra rivista, non menzionata nelle pur estese letture dei due commentatori, si  è occupata in due
editoriali: “Tre proposte da non raccogliere” di marzo e “A terra ancora fresca” di febbraio.

Oltre le polemiche
Sono trascorsi quasi due mesi dall'avvio delle polemiche sollevate dalla denuncia sull’arretramento delle competenze linguistiche degli allievi, quelle reali e quelle presunte, quelle antiche e quelle recenti…  Ne è seguita una nutrita serie di interventi.

Tra i molteplici contributi, due ci sembra opportuno menzionare, sia per i significativi punti di vista sostenuti, sia perché contengono utili rimandi a molti altri interventi come segnaliamo nel riquadro al lato. Si tratta di  “Lo sviluppo di un paese passa per l’educazione linguistica" di Simone Giusti e Christian Raimo su  “Minima moralia” e “Gli studenti sapranno ancora scrivere in futuro? Sull' ‘appello dei 600’” di Daniele Lo Vetere, su “Letteratura e noi”.

Due quesioni colpevolmente eluse
Il merito maggiore dell'articolo di Giusti e Raimo, oltre a quello di delineare il complesso insieme di interventi di natura sociale che dovrebbero accompagnare il lavoro della scuola nella diffusione e soprattutto nella tenuta di accettabili livelli di alfabetizzazione, è quello di denunciare una diatriba che in ambito accademico non solo ha privato la scuola di docenti preparati, ma ha spesso inquinato anche i pozzi di una coerente didattica nelle diverse discipline.  Affermano i due autori quasi in conclusione del loro ampio contributo:

"Non sarebbe ora di terminare con una tregua e poi con una pace duratura la guerra santa tra i cosiddetti “disciplinaristi” e i pedagogisti, iniziata all’incirca vent’anni fa, quando sono state istituite le Ssis, le Scuole di specializzazione per l’insegnamento superiore, e che poi è proseguita nei Tfa e nei Pas?
Chi ha assistito a quelle lezioni ha potuto constatare la separazione netta, spesso ideologica, tra scienze pedagogiche e altri ambiti disciplinari, tra chi trasmetteva i contenuti senza tenere conto dell’uditorio e chi insegnava come insegnare senza tenere conto della materia. La conseguenza inevitabile è stata ed è ancora la scarsa qualità di quei corsi, caratterizzati – soprattutto nell’area umanistica – dalla frammentazione dei saperi e da un eccesso di specializzazione, una specializzazione tecnicistica, priva di basi scientifiche condivise."

E infine denunciano un'altra stortura di cui si continuano a sottovalutare gli effetti distorsivi: "Allo stesso modo, tipico di questo approccio ascientifico è l’abuso che è stato fatto delle prove Invalsi, nate per poter finalmente disporre di una base dati attendibile e poi usate, anzi propagandate, come strumento di verifica e di valutazione degli apprendimenti dei singoli alunni." Sull'eccesso di fiducia nei confronti delle prove standardizzate interviene anche Lo Vetere nell'articolo citato.
Di questi aspetti, e non del rilancio della grammatica e del dettato, sarà bene cominciare ad occuparsi seriamente! Anche se sulle implicazioni didattiche dell'educazione linguistica e ancor più sull'opportunità del ritorno alla serietà del dettato e della grammatica le opinioni non sono certo concordi, come testimonia lo stesso articolo di Lo Vetere, su cui torneremo.

A Napoli e Roma: la parola alle scuole e alla ricerca didattica
Per questi motivi è necessario continuare a ragionare sulle molteplici cause delle accresciute difficoltà dell’insegnare a leggere e scrivere, ma soprattutto è indispensabile ricominciare a analizzare  e sperimentare che cosa fare e come farlo. E chiamare anche le scuole e noi docenti a una maggiore e più qualificata presa di coscienza delle nostre responsabilità e dei modi più adeguati di esercitarle.
In questa prospettiva, a fine mese in due circostanze pubbliche, una parte della scuola tornerà su questi argomenti cercando di interrogarsi sul presente e soprattutto di guardare al futuro.

Alcune delle risposte pervenute dagli insegnanti e dalle scuole napoletane saranno progressivamente raccolte e commentate in questa pagina

Il 25 maggio, a Napoli, si terrà la giornata conclusiva dell’iniziativa Come insegnare e imparare l'italiano oggi: difficoltà e proposte, promossa dall’ Assessorato all’istruzione e alla scuola del Comune di Napoli che, per "ridare la parola alle scuole" ha coinvolto due riviste, "insegnare" e “il tetto”, e alcune associazioni impegnate da sempre nel rinnovamento della didattica dell’italiano e sui temi dell’educazione linguistica democratica: CIDI Napoli, GISCEL Campania, LEND Napoli, ADI-SD Campania. 

Il 27 dello stesso mese, a Roma, il Giscel invita a un seminario di riflessione  sulle prospettive future dell’educazione linguistica democratica, ancora all’insegna del  ricordo e del rilancio del magistero di Tullio De Mauro. Sarà un'occasione per ribadire linee di tendenza e nuovi orizzonti della ricerca didattica nel "campo" dell'educazione linguistica.

Sono momenti significativi in cui la scuola e la ricerca didattica cercheranno di  confermare percorsi di analisi delle difficoltà e di individuazione di strategie di uscita. Oltre tutto, queste scadenze giungono in un momento in cui si è riproposto il conflitto più o meno latente fra l’Invalsi e una parte del mondo della scuola, questione di non poco conto anche rispetto alle dinamiche relative a una delle competenze chiave in ottica di cittadinanza e di qualità dell’istruzione: la comprensione dei testi.

 

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L'immagine a lato del titolo è tratta dal progetto "Educazione linguistica e inclusione: riferimenti teorico-metodologici e buone pratiche" dell'IPRASE di Trento.

 

 

 

 

 

 

 

 

Parole chiave: educazione linguistica

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