Si prova un senso di desolata frustrazione a dover riaprire uno “speciale” dedicato all’abolizione dei voti numerici.
È un senso di frustrazione e fatica dovuto non tanto al ricordo dell'accoppiata Tremonti-Gelmini che nel 2008 ha reintrodotto la valutazione decimale nella scuola di base e neppure all’amarezza nel pensare ai Governi e Ministeri di altro colore politico che non hanno voluto o saputo cancellare quella legge restauratrice e iniqua (anzi hanno prodotto contorcimenti e provvedimenti che anziché sanare il vulnus, hanno alzato il polverone dell’ipocrisia e dell'ambiguità valutative) e neppure ancora alle orde mediatiche che su molti quotidiani nazionali sono sempre pronte a difendere la scuola della meritocrazia fasulla e a inveire contro i presunti lassismi postsessantotteschi.
Il senso di frustrazione e fatica è dovuto principalmente al fatto che la scuola italiana non ha saputo, in questi anni, reagire con coerenza e dignità professionale, chiedendo l’abrogazione di quella legge e promuovendo l’effettiva applicazione e valorizzazione delle pratiche valutative formative e alternative al voto, che anche le circolari e le linee guida ministeriali si dilungano nel difendere e richiedere, salvo lasciare immutate le condizioni e la possibilità di sconfessarle nei fatti, ad ogni stormir di pagella trimestrale. O, per i più zelanti, anche a ogni vagheggiar di verifica o compito.
Si potrebbero fare infiniti esempi. Ne facciamo uno solo, tra i tanti possibili.
Nella home page dei siti di alcune scuole - per altro in un territorio un tempo importante per la presenza e la diffusione di esperienze pedagogiche all’avanguardia – campeggia in alto, ben visibile e attrattiva, la scritta “Significato e valore della valutazione numerica”: un’affermazione forte, che sembra promettere di dare risposta a due questioni a nostro parere prive di argomentazioni possibili, in riferimento a che cosa significhi e a quale alta misura di doti e meriti vada attribuita ai voti. Ebbene, cliccando, si ottiene, senza introduzione alcuna, la pagina che abbiamo riprodotto a lato (per ingrandire cliccare sull'immagine).
Probabilmente la paginetta è messa lì per consentire ad allievi e genitori di disambiguare il o i voti ottenuti (di che? di comportamento? nelle singole “materie”?), associando al numero il suo “significato e valore”. E a testimoniare che, nel caso, voto numerico e giudizio discorsivo fanno a gara a esemplificare mirabilmente l’infinita graduabilità del vaniloquio.
Ed è in casi come questo, che (anche fatta la tara di alcune imperdonabili sciatterie lessicali e morfosintattiche) ci assale il senso di una frustrata e dolorosa desolazione.
Ma, a parte quella vasta e indeterminata “conoscenza”, che non lascia alcuna speranza, l’alunno “rileva” o “rivela”? Perché se rileva, si presume in se stesso, le difficoltà di cui è detto, sarebbe senz’altro non solo sufficiente ma assai lodevole, almeno alla voce “consapevolezza metacognitiva” e non si capisce perché necessiti di “attività guidate”! Dev’essere “rivela”, nel senso di rende noto, non cela … Allora, se non altro, è trasparente!
Qualcosa però sembra muoversi. Nei mesi scorsi sono cresciuti i gruppi di docenti e le scuole che hanno cominciato a lavorare senza voti, sperimentando forme diverse di valutazione. Ne sono anche nati gruppi organizzati e attivi in rete.
A Milano si è svolto recentemente un interessante Convegno che ha raccolto molte di queste esperienza e di cui diamo conto in questo "speciale".
E ora, MCE ha invitato le altre associazioni ad aderire alla Campagna “Voti a perdere”.
Con questo “speciale”, insegnare aderisce alla Campagna, invita i docenti di tutti gli ordini di scuola a sottoscrivere il documento e apre l’ennesima riflessione sulla valutazione. Sarà più che altro una rassegna retrospettiva, che guarda a ciò che è già stato detto e scritto sull’argomento in passato e negli anni scorsi, poiché qui non si tratta di trovare motivazioni nuove all’abolizione dei voti, ma di rendersi conto che se e quando finalmente ci si deciderà a farlo, sarà comunque tardi.
I voti numerici erano già stati aboliti nel 1977 nella scuola “elementare e media” e solo un misto di incompetenza e presunzione ha consentito di reintrodurli nella scuola di base, anziché promuovere le condizioni che avrebbero dovuto abolirli da tempo anche nelle “superiori”.
A corredo di queste note introduttive, vogliamo ricordare solo le parole di Alberto Manzi che considerava le pagelle (anche quelle del 1981, con i giudizi al posto dei voti) “un atto ineducativo in una scuola che vuole educare”. Ecco, un “atto ineducativo” o diseducante: questo sono i voti. Da sempre. Come per altro i giudizi equiparati a voti.
L’anno successivo ero da capo con le schede; le dovevo fare e non le ho fatte, però mi feci fare un timbro che riportava questa scritta: “Fa quel che può. Quel che non può non fa”. Un giudizio estremamente preciso, scientificamente esatto; nessuno avrebbe potuto dire che non lo era. Fui denunciato alla Procura della Repubblica e il giudice mi disse: “Maestro, ma lei questi giudizi li scrive col timbro… così ci prende in giro!”. Allora l’anno successivo scrissi a mano ma sempre lo stesso giudizio (…)”.
da R. Farnè. “Alberto Manzi. L’avventura di un maestro”, Bononia University Press, 2011
Eppure, in questo paese, c’è persino chi crede che si possa istituire una materia denominata “educazione civica” che - per avere pari dignità delle altre - deve avere (anzi dare) anch’essa un voto! E qui siamo tranquillamente in una nuova tipologia ontologica: l’ossimoro pedagogico o se volete il paradosso di Bussetti. Dal nome del Ministro in carica al tempo della formulazione.
Sull'uso dei voti si veda l'interessante e puntuale "controdecalogo" di Maurizio Muraglia, che ha scelto un titolo forte, "Dieci tesi sul tumore maligno della nostra scuola: il voto in decimi", ma forse inevitabile per scuotere dal torpore i troppi che o non capiscono o fingono di non capire..