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12/09/2014

Lessico e fumo

di Rosanna Angelelli

Prendo spunto dal titolo dell'ultimo numero di MicroMega (settembre, 2014) che è dedicato alla scuola: “Un'altra scuola è possibile:  laica, repubblicana, egualitaria, di eccellenza”.
 I primi tre aggettivi si riferiscono alla scuola delineata  dalla Costituzione (e ribadirlo non è mai esercizio di pignoleria), il quarto, pur rimandando a una qualità sublime, ci sembra disancorato dalla storia, da una o più storie. Infatti “di eccellenza” è una locuzione avverbiale di modo oggi molto usata, ma con una funzione puramente predicativa, assertiva: Che cosa significa “d’eccellenza”? Chi fa la scuola d’eccellenza? In che modo?
 Così siamo andati umilmente a consultare nel vocabolario Treccani online le voci “eccellenza” (sostantivo) e “eccellente” (aggettivo):

eccellènza s. f. (letter. ant. eccellènzia) [dal lat. excellentia]. –
1. Qualità di chi o di ciò che è eccellente: e. d’ingegno; raggiungere l’e. nell’arte (cioè il grado più alto, la perfezione).
2. Titolo onorifico riservato in età medievale al sovrano, esteso in seguito a personaggi di condizione elevata, ai vescovi e altri prelati, agli ambasciatori, ad alti funzionarî dello stato, abolito per le cariche civili dalla legge italiana nel 1945 (ma conservatosi in consuetudini soprattutto regionali): S. E. (o Sua Ecc.) il ministro delle Finanze Quintino Sella; vorrei parlare con S. E.; Vostra Eccellenza che mi sta in cagnesco (Giusti). Talora usato, con o senza intenzione ironica, per indicare la persona stessa: all’inaugurazione erano presenti molte eccellenze.

eccellènte agg. [dal lat. excellens -entis, part. pres. di excellĕre «eccellere» e agg.]. – 1. Propr., superiore agli altri o alle altre cose dello stesso genere, per merito, qualità, bontà e sim.; quindi, comunem., di gran pregio, di molto valore, ottimo: poeta, artista, scrittore; nell’uso scolastico, valutazione e giudizio corrispondente all’incirca al voto 10. Riferito a cibi o bevande, squisito: un vino e.; ho mangiato della carne e., di sapore e.; è davvero e. questo groviera...
Contrari (fam.): di serie B, mediocre, modesto. ↑ infimo, pessimo.

Il significato che si ricava da “eccellenza” è dunque quello di una condizione raggiunta, di uno status acquisito, di un titolo onorifico riferibile a forme istituite di potere e di prestigio largamente  desuete;  si cita comunque l’eccellenza di ingegno e un verbo di movimento: raggiungere (l’eccellenza); si complica ulteriormente il significato introducendo il concetto di perfezione, una dote più divina che umana.
Quanto al significato dell’aggettivo la sua definizione in ambito scolastico è molto rigida: eccellente è un numero, tra l’altro prossimo a quel 10 che la scuola, specie quella superiore, assegna con molta attenzione  e addirittura riluttanza.
In conclusione, una “scuola di eccellenza” nella nostra lingua sembrerebbe essere quel luogo dove ogni sua attività si risolve in una valutazione numerica prossima al massimo decimale. 

Anche il titolo del primo articolo della rivista a firma di Pasi Sahlberg, “Il modello  Finlandia. Eguaglianza ed eccellenza”, contiene la  parola eccellenza, ma essa è riferita a un “modello” e anticipata da  eguaglianza. Vediamo allora qual è il concetto di eccellenza “finlandese” che emerge dall’articolo. 

 Intanto si definisce un’area-Paese, la Finlandia, come terra abitata da una popolazione tra le “più istruite del mondo”, una qualità non corrispondente alla predicazione di uno status, ma a degli indicatori internazionali e  a una politica socio-culturale  che nel corso di una storia di decisioni e di scelte ha offerto  a tutti opportunità formative in maniera egualitaria facendo un uso efficiente delle proprie risorse. Questa situazione positiva si era abbassata nel passato a causa della recessione economica conseguente al crollo negli anni ’80-90 dell’Unione Sovietica, della cui area di influenza  la Finlandia faceva parte, e il farvi riferimento illumina un nesso fondamentale che c’è tra una crisi economica e l’insorgere endemico di carenze di “adeguate opportunità di apprendimento per tutti gli allievi”.
Il sistema scolastico finlandese è definito equo, nel senso che ha comportato una “sensibile riduzione della variazione delle performance” degli studenti in ogni parte del Paese. Si è attenti alla giustizia sociale, agli interventi tempestivi di sostegno e di recupero, all’interazione tra istruzione, settori sociali e sanità. Per esempio, a scuola,  sono garantiti pasti scolastici gratuiti per tutti, servizi di welfare onnicomprensivi e aiuti precoci per i bisognosi.

Questa situazione di accoglienza e sostegno generalizzati è stata creata con il tempo proprio per ovviare a due fenomeni che anche in Finlandia apparivano in modo rilevante: la dispersione scolastica; l’abbassamento del livello culturale della popolazione.
Nella scuola dell’obbligo si dà “attenzione sistematica agli studenti con esigenze educative particolari” con servizi psicologici e pedagogici interni al settore (tre sono i settori di sostegno, generico, intensivo, speciale), cercando di individuare in modo precoce le difficoltà che non necessariamente appartengono al singolo scolarizzato, ma anche a quelle variazioni socio-culturali cui oggi è soggetta la Finlandia (migrazioni interne, immigrati esterni ecc.), come del resto l’Europa, e nell’Europa il nostro Paese.
Certamente è un problema riuscire a concordare equità ed eccellenza, ma, come afferma Sahlberg, “I test standardizzati che equiparano gli individui a medie statistiche, la competizione che fa sì che gli studenti più deboli rimangano indietro e la retribuzione degli insegnanti legata al merito sono tutti elementi che mettono a repentaglio gli sforzi delle scuole di andare verso una maggiore equità”.

Se  si dice con sincerità che negli ultimi dieci anni il numero complessivo di studenti che usufruiscono permanentemente di percorsi di sostegno è raddoppiato, si dice anche, e con chiarezza, che “a differenza di molti altri sistemi scolastici contemporanei, quello finlandese non è mai stato contaminato da riforme dell’istruzione di ispirazione mercatista” e “Al fine di evitare che i bambini vengano classificati a partire dalle loro prestazioni scolastiche, la valutazione basata sul voto non viene normalmente utilizzata durante i primi cinque anni della scuola dell’obbligo”.

Nelle scuole secondarie superiori di ogni tipo (comprese le professionali) si utilizzano per il sostegno e/o per il recupero “unità curricolari di tipo modulare”, al posto delle classi annuali. Questo ci sembra un criterio davvero interessante: in sostanza non si perde e ripete l’anno tout court, ma si recupera, rimanendo “fermi” solo in quella disciplina su cui si sono appuntate le maggiori difficoltà: in sostanza ancora, per rendere operativo il criterio, i ragazzi vanno in classi diverse, non esistendo la realtà rigida della classe. La durata complessiva degli studi è di 12 anni.

Gli insegnanti della scuola materna e dell’asilo devono conseguire la laurea triennale. Tutti gli altri devono possedere la laurea specialistica, che dura dai 5 ai 7 anni e mezzo (a seconda della materia scelta) e si conclude con una tesi di laurea specialistica, dopo aver approfondito, oltre la futura materia di insegnamento principale e la sua pedagogia specifica, le teorie pedagogiche e una mescolanza di ricerca, pratica e riflessione. Una volta laureati gli insegnanti si iscrivono a un dipartimento universitario che si interessa alla formazione dei docenti e all’organizzazione del tirocinio pratico nelle scuole.
Non esistono scuole private “nelle quali i genitori pagano per fare avere un’istruzione ai propri figli” perché “è difficile mantenere in vita un sistema scolastico  se si opta per politiche liberali che favoriscono la cosiddetta libertà scolastica attraverso la presenza di scuole private. La libertà di scelta in questo campo favorisce infatti inevitabilmente la discriminazione”.

In conclusione, e senza voler polemizzare, poiché dietro le parole ci sono le cose, anzi le cose vengono prima delle parole, perché non essere più prudenti  e concreti nel giustapporre in italiano “di eccellenza” a laicità e a uguaglianza? Perché non tentare di cambiare per lo meno il lessico, se proprio non si riesce ancora a cambiare le cose?

 

Note

1. Paul Sahlberg, insegnante, formatore di docenti e consulente politico per il governo finlandese. 

Immagini

A lato: corridoio di una scuola finlandese e nel corpo del testo, bambini in aula,  tratte  da  un'intervista di Finn Times a Sahlberg del 2011.

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