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30/07/2013

Migliorare il "mestiere" del docente

di Carmen Siviero

Nonostante tutti i problemi del presente e della scuola, che li riflette e in parte li amplifica, fare l'insegnante è ancora un "mestiere" privilegiato, anche se spesso  - mentre si è impegnati in questo lavoro - non lo si comprende appieno: si è a contatto con i giovani, si incide sul loro apprendimento e lo si può fare sulle loro scelte di vita; si lavora in modo creativo. Non è davvero da tutti.

Sappiamo tutti, però, che l'apprendimento passa soprattutto attraverso la relazione con il docente e che dipende in parte limitata dal contesto in cui si apprende. Pertanto, la figura del docente è cruciale e su questa si dovrebbe investire a fondo in ogni Paese che punta sulle sue generazioni future. Ho parlato di “mestiere di docente”, perché questo termine racchiude in sé il concetto di arte e perché implica un apprendimento “in situ”, con un maestro esperto, che segue passo passo l’apprendista.
Ecco, credo che in Italia non si investa sufficientemente sulla formazione dei docenti e sulle modalità di reclutamento, oltre che sulla necessità di una valutazione dei docenti che possa essere anche di supporto/giustificazione/aiuto alla carriera docente.

Ogni tanto è opportuno guardare oltre frontiera per confrontarsi con quanto succede in altri luoghi e non limitarsi a copiare dall’estero mode discutibili o termini che la nostra lingua offrirebbe, se si fosse meno esterofili. Nel campo della formazione, per esempio, è bene gettare lo sguardo verso l’Austria e la Germania, Paesi a noi vicini, in cui sia la formazione sia il reclutamento sono cose molto serie e riuscire a diventare docenti implica un percorso a ostacoli piuttosto duro. In Austria ci si laurea contemporaneamente in due materie da poter insegnare, per esempio inglese ed educazione fisica. Così si eliminano anche i problemi di una docenza CLIL. Poi, in ambedue i Paesi, la formazione iniziale è molto dura: si è ospiti di una scuola per un anno per osservare quanto avviene in classe e nell’anno successivo si è assunti per insegnare sotto la guida di un docente esperto, che discute e progetta quotidianamente con il proprio tutorato quanto si andrà a proporre in classe e ciò che ne è emerso. Infine, l’accesso al vero e proprio insegnamento avviene dopo un esame selettivo in cui si discute, davanti a una commissione, un’unità didattica predisposta ad hoc. Qualcosa di simile accade in Germania. In cambio, però, i docenti sono meglio pagati e, forse, più considerati sul piano sociale.

Che dire, poi, della formazione in servizio e della valutazione dell’operato dei docenti? In teoria nel nostro Paese, una volta entrati in ruolo, si può non rispondere più del proprio aggiornamento e del proprio operato e tutti i docenti, siano essi impegnati in un costante processo di miglioramento o siano essi desiderosi solo di mantenere lo status quo, vengono indifferentemente [mal] pagati e queste differenze di impegno non hanno alcun riflesso sulla loro carriera.

Credo che i bravi insegnanti, impegnati nel loro lavoro, siano molti nella nostra scuola, ma sappiamo anche che inevitabilmente essi si confrontano con altri che insegnano grazie all’inserimento in graduatorie basate su punteggi che spesso poco hanno a che fare con la qualità dell’insegnamento. Penso sia giunto il momento di introdurre maggiore mobilità in queste graduatorie, soprattutto grazie a un costante processo di aggiornamento e di valutazione e autovalutazione che veda coinvolti i docenti, i loro colleghi, la dirigenza, gli alunni e i genitori. Tutti sappiamo che, con la buona volontà e la disponibilità reciproca, è possibile individuare degli indicatori di qualità della docenza. La valutazione avrebbe soprattutto lo scopo di migliorare costantemente la qualità dell’offerta formativa e non si dovrebbe ridurre a mero processo burocratico né tantomeno costituire motivo di ricatto. Proprio la presenza di più valutatori dovrebbe garantirne la correttezza e l’equità.

Credo, però, che i tempi di un lavoro condotto in solitudine e senza un riscontro effettivo debbano definitivamente chiudersi.

Scrive...

Carmen Siviero Ispettrice tecnica presso l’Intendenza scolastica per le scuole in lingua italiana di Bolzano.

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