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18/09/2015

Le parole e le cose

di Annamaria Palmieri

“La camorra è un dato costitutivo della realtà (o città) di Napoli”... costitutivo da constituere, ovvero istituire, fondare... costituzione è la base della forma di governo che una nazione si dà...
Ci sono scarso spessore storico e pochissima attenzione  linguistica in questa frase.
È “costitutiva” allora  la camorra a Napoli,  come ha affermato Rosy Bindi  ( La Stampa del 15/09/15) Oppure è “parte integrante” della città, come corregge Franco Roberti (Il Mattino del 16/09/15) , che all'apparenza difende Bindi ? Neanche lui se ne accorge, di come nel difenderla in realtà la corregga, dicendo ciò su cui tutti concordiamo. La camorra c'è, è un dato di fatto, non ci si illuda di sconfiggerla con gli arresti di capi e boss... Questo chi può negarlo? Ma per un filologo  le parole sono le cose, e "parte integrante" non è sinonimo di "costitutiva", ma nessuno commenta questa evidenza…, ad eccezione di Giuseppe Galasso (Il Corriere del Mezzogiorno del 15/09/2015).

Immaginiamo solo per un attimo di voler dar ragione alla Bindi, fosse solo per non finire sul banco degli imputati di "negazionismo" come capita in questi tempi in cui l'uso spinto della semplificazione retorica invalida ogni ragionamento complesso abusando  del bianco/nero, e spingendoci nell'angolo del pensiero unico. Così contestare un giudizio significa negare: o si è d'accordo o si nega,  tertium non datur! E così dovremmo diventare afasici o ossequiosi. E soprattutto rinunciare a ragionare e a capire.
Supponiamo che questa “costituzione” abbia un inizio,  sia per definizione un inizio. Quando? Quando si è "costituita" questa natura camorristica napoletana? Rinascimentale o barocca? Spagnola o francese?
Che sia momento costitutivo quello che ci ricorda il bel film di Mario Martone Noi credevamo,  ovvero il momento dell'espropriazione di illusioni e sogni dei patrioti meridionali da parte di un occupante piemontese cieco e violento? Quello indagato dagli storici del brigantaggio, che vedono nel costituirsi di un antistato la reazione delle plebi del sud a tasse e depredazioni post unitarie? O andiamo più indietro, che so, chiedendo lumi a Leopardi (che però attribuiva una mentalità meschina e incivile agli italiani tutti, e sembrava intuire più della mafiosita delle nostre classi dirigenti che della cammuria di quelle plebee) o semmai al Boccaccio di “Andreuccio da Perugia”?
Diciamocelo, ragionando così, rischiamo di essere improduttivi e oziosi... 

La verità è che Bindi sbaglia. E sbaglia molto… e non perché ci offende, per carità, non è questo il punto, né perché vogliamo difenderci come piccolo-borghesi (accusa ingiusta e gratuita) ma perché non vede... Non vede la sterilità di un giudizio che non ha altrettanto coraggio per affondare il coltello nei limiti, veri e di certo costitutivi, del modo in cui lo Stato italiano ha reagito negli anni  a quell'antistato, la camorra, la mafia,  che sarebbe l'avversario di cui ci si dichiara nemici giurati. E se oggi essa cambia le forme, muta antropologicamente passando dalle famiglie alla paranza dei ragazzini - il che significa che nella complessità si sfilaccia e si indebolisce, si frantuma -  poco o nulla dell'atteggiamento dello Stato è cambiato.

E quali elementi sono, sarebbero, costitutivi invece dello Stato italiano, che oggi interviene con la presenza simbolica a Napoli della Commissione antimafia? Richiamandoci alla Carta costituzionale, diremmo l'uguaglianza di opportunità, conseguita tramite la giustizia sociale, tramite i diritti, che poi sono il lavoro, l'istruzione, la libertà. Non certo le logiche clientelari  per il consenso, lo sfruttamento delle fragilità , non politiche occupazionali miopi  e investimenti urbanistici e  industriali sbagliati, che hanno disastrato il territorio, non la faziosità e mafiosità della classe politica, non la corruzione  intima e le politiche securitarie di facciata con cui lavarsi di tanto in tanto la coscienza: con tutto questo, lo Stato non dovrebbe aver nulla a vedere. Queste cose qui, piuttosto, vanno a braccetto con l'antistato, come linfa della camorra, appunto. Queste sì, “costitutive”.

Ed ora guardiamo a come si rappresenta simbolicamente  lo Stato in un quartiere popolare, fragile, preda della malvivenza, quale sembra essere oggi  la“Sanità”, dove seguendo la cronaca si spara per strada selvaggiamente,  una volta scomparso quel controllo del territorio "mafioso" che un tempo rendeva le zone controllate dai clan all'apparenza tranquille (che ciò sia sintomo di una crisi irreversibile o di una mutazione  anche del modello camorristico andrebbe indagato...)
Quali sono i simboli dello Stato alla Sanità come a Posillipo, nello Zen come in un dolce paesino del Trentino alto Adige? Ospedali, scuole, caserme, carceri... e poi politiche sociali che rispondano alle esigenze sociali e occupazionali.

Nel quartiere Sanità lo Stato centrale sta smantellando  l'ospedale, il San Gennaro, presidio per la salute che l'intero quartiere ha sempre riconosciuto come proprio: nella Sanità al San Gennaro si partoriva, si veniva curati di qualsiasi cosa, e la notte il pronto soccorso accoglieva l'infartuato come il tossico. Il San Gennaro era uno spazio per i legami sociali. Oggi non c'è più un pronto soccorso e l'ospedale sta morendo per assenza di turn over e per tagli e razionalizzazioni. Nel ripiano dei conti della sanità in Campania i centri convenzionati e privati non hanno subito alcun taglio, ma si chiudono gli ospedali pubblici.

E la scuola: l'istituto superiore, un professionale di tutto rispetto, poiché sottodimensionato (ah, i numeri!) è stato accorpato e messo a reggenza. La scuola elementare e media, bellissima e attivissima, che ancora non riesce a ottenere, nonostante le richieste, il tempo pieno… e per le quattro sedi, bellissime, alcune storiche, si spartisce uno sparuto numero di bidelli, rischiando vandalismi a ogni piè sospinto. Il Comune sorregge la scuola, la supporta, finanzia progetti sperimentali contro il bullismo: ma sono spese che la spending review considera "non essenziali", e percio da ridurre o tagliare. Nulla sembra importare, a tanti, del duro  lavoro sulla comunità educante che faticosamente e con risorse insufficienti ente locale e reti di scuole si sforzano di costruire. Ancora: uno è uno Stato che riduce  la presenza della caserma (da cittadina frequento il quartiere da trenta anni, poche le divise), taglia e accorpa le scuole, taglia fondi ai Comuni cui non resta che  scegliere se tagliare le politiche sociali o  assistenziali o qualcos'altro. Così si rappresenta lo Stato centrale agli occhi dei cittadini della Sanità! L'antistato invece, purtroppo, pur nel cambiamento delle forme, mostra la sua continuità... Non risente della crisi economica, anzi i suoi profitti crescono e danno da vivere...

Lo Stato per affermarsi ha bisogno che ci si fidi di lui, innanzitutto.  Dio solo sa quanto e' difficile, a livello territoriale, costruire questa fiducia attraverso la partecipazione, l'ascolto, la trasparenza, ma senza soldi. E ci si può fidare di uno stato, di istituzioni pubbliche che si ritraggono o latitano di fronte alle emergenze educative e sociali tanto spesso segnalate da docenti, parroci, operatori sanitari? Può bastare l'esercizio quotidiano dell'onestà morale e intellettuale, che pure da amministratori locali esercitiamo ad affermare, se non si hanno gli strumenti per fornire risposte durevoli e continuative?
Certo, ci si potrebbe fidare se ci fosse spirito civile, dicono i sociologi. D'accordo, concordiamo, ma come lo si produce? Con l'orgoglio di essere seduti su un patrimonio, in un luogo meraviglioso in cui ars e natura si sono incontrati con risultati sorprendenti e inaspettati, e non si riesce a neutralizzarli nemmeno con le brutture del contemporaneo? Ci proviamo ma non basta... sono necessarie politiche sistemiche e strutturali di istruzione, formazione, occupazione: non speranze, ma alternative, è ciò di cui i bambini e ragazzi del quartiere Sanità hanno bisogno.  Lo abbiamo detto alla Commissione antimafia, lo ribadiamo.

Altrimenti, resta loro l'ultimo presidio dello Stato che contrariamente ai precedenti non subisce la crisi ma il sovraffollamento: le carceri, che possono diventare iatrogene,  una  scuola di malavita se ai percorsi educativi  eccellenti (ne sono testimone diretta) realizzati in quei luoghi correzionali segue il vuoto, il nulla. Anzi, peggio: la retorica!

 

 

 

Credits

Giancarlo Siani, giornalista ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985, rivisto dal writer Raffo, sui muri dell'hinterland, da L'ora vesuviana.

 

Scrive...

Annamaria Palmieri Laureata in Lettere, collabora con la cattedra di letteratura italiana dell'Università Orientale di Napoli, già Presidente del Cidi Napoli e successivamente per due legislature Assessore all'Istruzione del Comune di Napoli; attualmente dirige un istituto professionale a Torino.