Il criteri del comitato di valutazione spiegati ai genitori
Della responsabilità. In una recente discussione con amici non insegnanti ho cercato di spiegare i motivi della mia contrarietà alla legge 107 e ai meccanismi premiali per i docenti. Non è stato un compito facile.
Loro, con figli di età varie che frequentano segmenti diversi del sistema formativo, mi spiegavano con calma - direi fortemente convinta - che, insomma, è giusto: bisogna premiare, pagare chi fa di più, chi è più efficiente, chi presta più ore o chi ha maggiori responsabilità.
Sembra semplice: chi ha dei compiti di maggiore responsabilità, oppure vi dedica più tempo, automaticamente ha diritto a un maggiore compenso.
Responsabilità e tempo sono - agli occhi di tanti - parametri oggettivi. Ma responsabilità e tempo: che valore hanno? Come vengono declinati nella scuola? Rispetto a che cosa si ha responsabilità, innanzi tutto?
La risposta non è banale, perchè i piani rispetto a cui essa viene spesa sono diversi:
Il problema della responsabilità, tuttavia, inizia qui. Perchè ciascuno di questi piani può essere interpretato dagli insegnanti e considerato dall'esterno (genitori, pubblica opinione, ecc.) in modo diverso, a seconda dei valori di riferimento, delle convinzioni ideologiche, della cultura e dello status sociale da cui si proviene.
Ci può essere chi è convinto che il ruolo della scuola e la responsabilità dell'insegnante debbano essere quelli di formare cittadini rispettosi del bene pubblico, dell'ordine costituito e dei valori che regolano la società in cui vivono. Che il compito perciò consista nel formare cittadini educati e rispettosi della legge e di chi la incarna. Per converso c'è chi, invece, ritiene giusto che essi siano educati a maturare autonomia e capacità di giudizio, partecipazione attiva e spirito critico. Tra gli insegnanti che interpretano il loro ruolo nel primo modo e quelli che lo interpretano nel secondo... chi risponde meglio al principio di responsabilità? È chiaro: la risposta dipende da chi giudica e dai suoi valori.
La stessa cosa vale per il secondo dei piani. C'è chi considera la conoscenza e la cultura qualcosa di assoluto. Un sapere nel senso più verificabile del termine: conoscere regole, dati e date, definizioni, acquisire un bagaglio sufficiente a saper dare risposte e a orientarsi tra esse. Un bravo studente è chi sa ripetere bene ciò che dice l'insegnante o il libro di testo, e sa risolvere problemi codificati.
C'è chi considera, invece, il compito come una capacità -da far costruire agli allievi- di misurarsi con ciascuna informazione, come un testo da interrogare e delle relazioni e delle risposte da cercare. La cultura, perciò, diventa una costruzione e un approfondimento continui. L'allievo capace è colui che cresce non solo in risposte, ma in metodi di indagine.
Se entrambi i modelli di insegnante si impegnano ciascuno per il suo obiettivo, chi dei due è più responsabile? Anche in questo caso, la risposta dipende dall'idea di cultura che si ha in mente.
Infine il terzo piano. Chi ha letto: La Barca nel Bosco di Paola Mastrocola? Si narra di una insegnante che ha fatto degli studi di letteratura che l'hanno appassionata e di un allievo modello che la docente riconosce come simile a sé, perchè sente e partecipa a quei temi, a cui lei si è dedicata, con la stessa intensità e il medesimo impegno. Lui è uno dei pochi, se non il solo, che ai suoi occhi merita. Gli altri rappresentano un peso e uno spreco di denaro. Farebbero meglio a imparare un lavoro. Quell'insegnante sente che ha il dovere di far avvicinare alla cultura i migliori. Questa è la sua responsabilità, dare a tutti l'opportunità di avvalersi del suo sapere. Sta a ciascuno studente sfruttare l'occasione che gli viene offerta.
C'è un secondo tipo di docenti, invece, nelle scuole che cerca di far partecipare tutti, di coinvolgere tutti. La responsabilità che un insegnante di questo tipo avverte come forte consiste nel costruire sistematicamente ambienti, situazioni e condizioni affinché ciascun allievo progredisca e sia incentivato a continuare a farlo; viva , cioè, la scuola come un luogo in cui crescere quotidianamente. Il significato del termine “tutti” è per questo tipo di insegnanti una componente fondamentale della propria responsabilità.
Si può accusare l'uno o l'altro tipo di docenti di non lavorare con senso di responsabilità? No, perchè esso è coerente nuovamente con il sistema di valori che incarnano.
Ecco che la legge decide che qualcuno debba premiare i docenti in base alla loro responsabilità; già, ma quale, quella dei docenti, o dei valori di chi giudica?
Del tempo. Il secondo parametro sembra più semplice. Poiché la responsabilità fa a pugni con - chiamiamola così, per capirci - la libertà di insegnamento (i sistemi di valori sono tutti interni al concetto di libertà), più facile diventa stabilire chi alla scuola dedica più tempo. Più facile, ma con qualche riserva. Perchè l'utilizzo del tempo degli insegnanti dovrebbe, principalmente, se non in maniera assoluta, essere speso per tener fede alle responsabilità sopra richiamate. Sia individualmente sia con la ricerca e la messa in azione collettiva, ma aperta e continuamente verificata e aggiornata, dei principi e delle metodologie che quelle responsabilità pretendono, affinchè risulti – tale azione - coerente e costruttiva per chi si sta formando. È questo il tempo che dovrebbe valere a scuola.
Ma è così?
Ci sono molti insegnanti che alla scuola dedicano molto tempo. È un tempo importante perchè permette banalmente alla scuola di potersi aprire al mattino e semplicemente funzionare in ogni sua parte. Si tenga conto che per ciascun Istituto il numero medio di allievi (e quindi di famiglie) è di circa 1200-1500 unità, con ordini di scuola che vanno, nel segmento del primo ciclo, dalla scuola dell'infanzia alla secondaria di I grado, distribuiti in plessi (mediamente quattro o cinque) disseminati a volte a qualche km di distanza l'uno dall'altro sul territorio.
I compiti di questi insegnanti sono svariati e vanno dalla supervisione quotidiana, alla cura periodica di azioni più generali. Sono le così dette “figure di sistema”. Insegnanti che permettono a una organizzazione diventata un sistema complesso, al limite della governabilità, di garantire che ogni anno scolastico possa arrivare in porto. Questo tempo di certo va retribuito, è un lavoro aggiuntivo.
Molto di questo tempo, tuttavia, spesso non è totalmente in sintonia con le necessità di cui si è parlato.È un tempo che per la gestione e l'organizzazione, e, se è necessario - per la scelta subita di scuole diventate sempre più complesse - incide solo indirettamente sulla qualità dell'insegnamento che un allievo riceve. Diciamo che permette solo che vi siano le condizioni necessarie, ma non sufficienti al lavoro nelle classi.
È la qualità del tempo in classe che conta. E questa qualità richiede a sua volta tempo e organizzazione. Tuttavia, questo tempo fondamentale del lavoro docente è purtroppo sempre meno organizzato e gestito autonomamente dai singoli docenti e dalle scuole. È invece sempre più divorato dalle direttive e dalle scadenze di una burocrazia ministeriale e da leggi che da anni piovono sulla scuola come una sorta di diluvio universale: ogni governo con le proprie, in un crescendo più che sconfortante, sconvolgente.
Incidono queste indicazioni dall'alto sulla qualità dell'apprendimento? Sì, in negativo: non c'è insegnante che non si senta sopraffatto e umiliato da una declinazione della responsabilità burocratizzata e cartacea come quella che impera attualmente nel scuole.