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di Lina Grossipagine dimenticate

29/09/2017

Borges, meraviglioso, intenso e dolente sognatore

Sapevo che il mio destino sarebbe stato quello di leggere, di sognare, forse di scrivere, ma questo non è essenziale. E ho sempre pensato al paradiso come a una biblioteca, non come a un giardino. Significa che ho sempre sognato.
(Jorge Luis Borges, Conversazioni americane)
 

Un libro è un oggetto fisico in un mondo di oggetti fisici. È un insieme di simboli morti. Poi arriva il buon lettore e le parole – o, meglio, la poesia che sta dietro le parole, perché le parole in sé sono semplici simboli- tornano in vita. Ed ecco la resurrezione della parola. 

(Jorge Luis Borges, L’invenzione della poesia.)

 

Borges, oltre che uno dei più grandi poeti e scrittori del XX secolo, si rivela anche affascinante conversatore parlando di sé, del suo amore per la letteratura, del significato che attribuisce al fare arte,  nel corso delle Conversazioni americane [1] . In una di queste  conversazioni all’interlocutore che gli chiede di parlare di un tema centrale e ricorrente nella sua  scrittura e nelle sue  riflessioni, quello dei sogni  ad occhi aperti e chiusi, e gli pone la domanda “ Voi parlate molto dei sogni. Che cosa intendete con sogno? Qual è la  differenza tra sogno e veglia?”,  Borges risponde: 

“La differenza sta nel fatto che il sogno è una creazione. Naturalmente anche lo stato di veglia può essere creativo […]. Nel caso del sogno si sa che tutto viene creato da noi stessi, mentre nello stato di veglia molte delle cose che vi accadono non vengono da voi, a meno che non crediate perdutamente nel solipsismo. […] La differenza fondamentale tra lo stato di veglia e il sonno, o il sogno, risiede nel fatto che l’esperienza onirica è qualcosa che può essere generato, creato, da noi, sviluppato da noi. […] Quando si sta creando una poesia, c’è poca differenza fra essere svegli ed essere addormentati, […] è come se fossero la stessa cosa”. [2]

Sognare e scrivere (o dettare i propri sogni, quando la cecità gli impedisce di scrivere) sono dunque due momenti di uno stesso atto creativo, fatto anche di parole ma soprattutto di immagini e sogni. Nella sua vasta produzione di raccolte di poesia, di saggi, di racconti filosofici e fantastici Borges è, come egli stesso dichiara, “più interessato alle immagini che alle idee” [3], nel senso che l’uso del linguaggio, come attività creativa, è espresso non solo in termini di logica ma soprattutto di favole e di metafore, di musica delle parole, quelli che indica come i suoi “ferri del mestiere”.
È nel contesto delle riflessioni espresse nel corso delle Conversazioni che egli afferma infatti “naturalmente, ogni tanto devo ragionare. Lo faccio in modo molto goffo. Preferisco sognare. Preferisco le immagini.” [4].
E al sogno è dedicata una intera raccolta, dal titolo Il libro dei Sogni, pubblicata originariamente nel 1985, nella collana di letture fantastiche La biblioteca di Babele diretta, selezionata e introdotta dal grande scrittore argentino ed edita da Franco Maria Ricci. [5]

In un saggio apparso su “The Spectator” (nel settembre 1712), e ripreso in questo libro, Joseph Addison osservava che l’anima umana, quando si sbarazza del corpo e sogna, è al tempo stesso teatro, attori e pubblico. Potremmo aggiungere che è anche autore della favola che sta vedendo”.

 

Così ha inizio la Prefazione  di Borges a Il libro dei Sogni, che comprende estratti, più o meno brevi, da opere di varia provenienza e di epoche anche molto lontane, selezionati dall’illustre curatore, alla ricerca del più ambito degli intenti: spiegare il sogno. Nel farlo, egli parte da una interpretazione letterale della metafora di Eddison e formula una tesi originale e affascinante: i sogni costituiscono il più antico genere letterario del mondo, un genere che ha avuto peraltro un notevole influsso sulle lettere di tutti i tempi. Nel costruire la storia del genere si propone di esplorarne e l’evoluzione e la ramificazione tra i sogni inventati dal sonno e quelli inventati dalla veglia.

“Questo libro di sogni, che i lettori torneranno a sognare, comprende sogni della notte – ad esempio quelli firmati da me – sogni del giorno, che sono un esercizio volontario della nostra mente, e altri sogni, di cui s’è persa la radice”. 

Borges, facendo propria la cultura del sogno nella tradizione letteraria, conforta la sua tesi con contributi intensi, tra i quali include anche pagine personali: dalle visioni profetiche dell’Oriente a quelle allegoriche e satiriche del Medioevo, dalle due porte del sogno di Penelope nell’ Odissea alle porte gemelle dei sogni fallaci e profetici nell’Eneide, dal dove e come vengono i sogni nel Timeo di Platone al sogno di Scipione raccontato da Cicerone, dai puri giochi del sogno del Re Rosso di Lewis Carroll e di Kafka al sogno narrato da Rodericus Bartius su Bertrand Russell studente, che sogna di avere sul tavolo un foglio con su scritto “Quello che c’è scritto dall’altra parte non è vero”, lo gira e trova scritta la stessa frase, al risveglio scopre che il foglio sul tavolo non c’e, alle immagini “In dormiveglia” di Ungaretti da Il porto sepolto e molto altro ancora.
Tra i sogni della notte firmati dallo scrittore argentino alcuni sono in forma poetica, come La cerva bianca, riportato di seguito.

La cerva bianca

Da quale agreste ballata della verde Inghilterra,
da quale miniatura persiana, da quale arcana regione
delle notti e dei giorni che il nostro ieri racchiude,
venne la cerva bianca che stamane sognai?
Durò solo un secondo. La vidi attraversare il prato
e perdersi nell'oro di un meriggio illusorio. 
Lieve creatura fatta di un po' di memoria
e di un po' d’oblio, cerva a un solo lato.
I numi che reggono questo curioso mondo
m’ hanno permesso di sognarti non d’essere padrone:
forse a una svolta del futuro profondo
ti incontrerò di nuovo, bianca cerva del sogno.
Sono anch’io un lucido sogno che dura
poco più di più di quel sogno del prato e del candore.

Altri sogni sono in forma di racconto, come Il sogno di Coleridge, una breve narrazione in cui Borges riporta il sogno del poeta inglese Samuel Taylor Coleridge, autore del poema onirico Kubla Khan, sognato e scritto di getto al risveglio. Questo l’incipit del racconto di un sogno a sua volta narrato.

Il sogno di Coleridge
Il frammento lirico Kubla Khan (poco più di cinquanta versi, rimati e irregolari, di squisita prosodia) venne sognato dal poeta inglese Samuel Taylor Coleridge, in un giorno d’estate del 1797. Coleridge dice che s'era ritirato in una fattoria nella brughiera di Exmoor; una lieve indisposizione lo costrinse a prendere un ipnotico e il sonno lo vinse pochi minuti dopo avere letto Purchas, che racconta la costruzione di un palazzo da parte di Kublai Khan, un imperatore reso famoso in occidente da Marco Polo. Nel sogno di Coleridge, il testo letto casualmente germogliò e si moltiplicò: l'uomo che dormiva percepì una serie di immagini visive e, semplicemente, di parole che le esprimevano; dopo qualche ora si svegliò con la certezza di aver composto, o ricevuto, un poema di forse trecento versi. Li rammentava con singolare chiarezza e riuscì a portare a termine il frammento che figura tra le sue opere.

Nella scrittura e nella vita di Borges ci sono sempre state, come ci dice in Dreamtigers, le tigri, gli animali che più lo impressionavano e interessavano nell’infanzia, che gli comunicavano un’idea di bellezza e potenza. Sarebbero venute poi, in età adulta, altre tigri, non reali, ma creature generate nei suoi sogni a cui avrebbe incessantemente cercato di conferire lo stesso vigore e la stessa perfezione estetica della tigre reale.

Dreamtigers

Nell'infanzia praticai con fervore l'adorazione della tigre: non la tigre fulva degli isolotti del Paranà e della confusione amazzonica, ma la tigre a strisce, asiatica, reale, che possono affrontare solo gli uomini di guerra, in una torre in groppa all’elefante. Restavo per ore e ore davanti a una gabbia del giardino zoologico , amavo le grandi enciclopedie e i libri di storia naturale per lo splendore delle loro tigri[…].Finì l’infanzia, si estinsero le tigri e la mia passione per loro, ma sono rimaste nei miei sogni. In quella falda sommersa o caotica continuano a predominare, e così, quando dormo, mi distrae un sogno e subito io capisco che è un sogno. Allora penso: questo è un sogno, un puro svago della mia volontà e visto che possiedo un potere illimitato, creerò una tigre. Che inettitudine! I miei sogni non riescono mai a generare l’agognata tigre […].

 

Il simbolo della tigre torna ancora in L’altra tigre, di cui si riportano alcuni versi, a rappresentare la creazione artistica. Lo stesso Borges, nel commento a questa poesia effettuato nel corso di una delle Conversazioni, ne comunica il senso profondo, ossia la consapevolezza che l’arte, la poesia, non possono esprimere le cose ma soltanto alludervi; se e non è possibile imitare la natura “è possibile però ancora fare dell’arte”. Benché molte cose siano realmente irraggiungibili, come l’altra tigre, resta possibile costruire “strutture di parole, di simboli, di metafore, di aggettivi, di immagini, e queste cose esistono, e questo mondo non è quello […] della della tigre ma è il mondo dell’arte, che può essere altrettanto degno di lode, altrettanto reale”.

L’altra tigre

Penso a una tigre. La penombra esalta
la vasta biblioteca laboriosa
e sembra far distanti gli scaffali;
forte, innocente, sanguinosa e nuova,
nel mattino errerà per la foresta
e imprimerà il suo segno alla fangosa
riva d’un fiume di cui ignora il nome
(non ha nomi il suo mando né passato
o futuro, soltanto istanti certi.)
[…]
La sera mi si diffonde nell’anima
e penso che la tigre dei miei versi
è una tigre di simboli e di ombre,
una serie di tropi letterari
e di memorie d' enciclopedia
non il fatale, funesto diamante
che, sotto il sole o la diversa luna,
va compiendo in Sumatra o nel Bengala
il suo rito d’amore, d’ozio, e morte.
[…]
Cercheremo una terza tigre. Questa
sarà come le altre una figura
del mio sogno, un sistema di parole
umane e non la tigre vertebrata
che, oltre tutte le mitologie,
preme la terra. Lo so, ma qualcosa
m’impone quest'avventura imprecisa,
antica e insensata, e io mi ostino
a cercare nel tempo della sera
l'altra tigre,che non sta nel verso. [6]

“Più che leggere, io rileggo continuamente”[7], afferma Borges parlando di sé. Da parte nostra, prendendo spunto dalle sue parole, si propone una piacevole lettura o meglio rilettura di questa miscellanea compilata esplicitamente “per il godimento del lettore curioso”, da sottoporre ai giovani come invito – si spera bene accetto-  alla (ri)scoperta di questo grande intellettuale del Novecento.

 

Note

1. Le Conversazioni si sono tenute presso università e istituti di cultura degli Stati Uniti, tra il 1976 e il 1980, e sono contenute nel volume Jorge Luis Borges, Conversazioni americane, a cura di Willis Barnstone, Editori Riuniti, 1984. Si veda anche: Jorge Luis Borges,Una vita di poesia, Spirali, 2007.
2. Ib. p.41-42.
3. Ib. p.91.
4. Ib. p.91.
5. Il volume è disponibile oggi nelle edizioni Adelphi, 2015 .
6. da J.L.Borges, Conversazioni americane, pp.67-68.
7. Ib.p. 133.

 

Immagini


Copertina de Il libro dei sogni, nella "Biblioteca di Babele" dell'editore Franco Maria Ricci
"Tigre – Sorpresa!", dettaglio del quadro di Henri Rousseau (1891).

Di che cosa parliamo

 

(ri)dare forza a parole già dette. La narrativa italiana e straniera cui riferirsi per parlare di scuola è affollata di esempi tuttora letti  rispetto ad altri a torto dimenticati. Lo spazio della mia I/stanza non vuole essere una retrospettiva e neppure una trincea nostalgica, ma intendo parlare di scuola e di educazione attraverso la (ri)lettura di pagine (di letteratura e non) a partire dalle riflessioni o dalle emozioni già “fissate” in un testo, per cercarvi corrispondenze, risposte, stimoli, suggestioni e altro ancora rispetto agli interrogativi sull’educazione e la società di oggi. Pagine godibili, ancora capaci di generare un rapporto empatico con il lettore, ora come semplici elementi di “cornice”, ora perché essenziali allo sviluppo di una narrazione.

L'autrice


Come insegnante nei licei, si è occupata di didattica del latino e dell’italiano. In molte attività di formazione ha collaborato a lungo con Università, Istituti  di ricerca, Associazioni di insegnanti, scuole e reti di scuole. Ha svolto attività di  ricerca presso l’INVALSI coordinando progetti in ambito nazionale e internazionale sulla valutazione degli apprendimenti e sulle competenza di lettura e scrittura.  È autrice di numerosi articoli e saggi su riviste specializzate;  di monografie, di testi scolastici e di ricerca didattica nell’editoria diffusa; di rapporti di ricerca.