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di Lina Grossipagine dimenticate

29/06/2016

Elias Canetti: Una scuola di conoscenza dell’uomo e la valutazione dei docenti

Spunti per un brainstorming sulla valutazione dei docenti

La diversità degli insegnanti era sorprendente, è la prima forma di molteplicità di cui si prende coscienza nella vita.
Elias Canetti, La lingua salvata. [1]

Ci sono dei poteri immateriali, non valutabili a peso, che in qualche modo pesano.[…] E tra questi poteri annovererei anche quello della tradizione letteraria .
Umberto Eco, Su alcune funzioni della letteratura.  [2]

Ci sono questioni, situazioni e figure  talmente connaturate alla dimensione scuola che ormai da tempo sono divenute oggetto di scrittura letteraria sotto forma di riflessioni, ricordi, vicende di un vissuto che, per lunghi anni della propria vita, ha toccato ciascuno di  noi. Non è infrequente imbattersi in pagine di letteratura che parlano di insegnanti e della relazione tra studenti e insegnanti: in alcuni casi i riferimenti scolastici restano un elemento di contesto, in altri la descrizione di figure e situazioni si accompagna a una riflessione più estesa. É quest’ultimo il caso di alcune pagine  di Luigi Pirandello, di Elsa Morante e, in particolare, di Elias Canetti. Le abbiamo scelte perché muovono da due stati d’animo opposti, la rassegnazione e l’entusiasmo, associati spesso al sentire degli insegnanti.

Elias Canetti (1905-1994), in La lingua salvata. Storia di una giovinezza, rievoca in pagine memorabili la sua  permanenza a Zurigo negli anni della sua adolescenza. Dalla scuola, in quel periodo della sua vita, ricorda di avere assorbito moltissimo, come successivamente gli sarebbe accaduto soltanto con i libri. Inoltre, ed è questo l’aspetto più straordinario della sua storia che rende di stringente attualità le sue pagine, attribuisce alla scuola la funzione di trasformare le discipline in oggetti non di conoscenza ma di apprendimento validi per tutta la vita, e ai docenti un ruolo destinato a lasciare traccia nella formazione e nell’immaginario degli studenti. 

In quel periodo ho assorbito moltissimo dalla scuola, come in seguito mi sarebbe successo soltanto con i libri. Ogni cosa che ho imparato dalla viva voce degli insegnanti ha conservato la fisionomia di colui che me l'ha spiegata e nel ricordo è rimasta legata alla sua immagine. Ma anche gli insegnanti dai quali non imparavo nulla - ammesso che ce ne fossero - suscitavano in me una grande impressione per la loro personalità, per la singolarità della loro figura, per il loro modo di muoversi e di parlare, ma soprattutto per la simpatia o l'antipatia che avevano per noi e che in noi suscitavano. In diverse gradazioni e sfumature possedevano tutti il dono della gentilezza e del calore umano, non ricordo uno solo dei miei insegnanti che non si sforzasse almeno di essere giusto. Non tutti però riuscivano a esserlo abbastanza da nascondere perfettamente la benevolenza o l'antipatia che provavano per noi. A ciò si aggiungeva il fatto che le risorse interiori, la pazienza, la sensibilità, le aspettative riposte nel lavoro che svolgevano variavano moltissimo da persona a persona. (p. 202)

Dall’incontro con le diverse  personalità degli insegnanti e dalla compresenza di idee e modi di essere diversi, narra ancora  Canetti, egli ha tratto la prima lezione di pluralismo. E questa consapevole conquista lo porta a chiedersi quali e quanti  degli insegnanti possa avere nuovamente incontrato poi nella vita sotto altri nomi, quali persone  possa avere preso in simpatia per questo, quali altre, soltanto per una antica antipatia, avere lasciato in disparte, quali decisioni possano essere derivate da queste remote esperienze, quali cose senza di loro probabilmente potrebbe avere fatto in maniera diversa.

La lezione di vita di cui Canetti sente il bisogno di conservare memoria e lasciare testimonianza in letteratura trova piena conferma, nell’attuale società della globalizzazione, nella necessità della scuola di affrontare la dialettica delle opinioni nel quadro di un’educazione alla cittadinanza democratica,  tenuto conto anche del fatto che la scolarizzazione precoce ha anticipato e dilatato i tempi di permanenza a scuola di bambini e adolescenti.

La diversità degli insegnanti era sorprendente, è la prima forma di molteplicità di cui si prende coscienza nella vita. Il fatto che essi ci stiano davanti così a lungo, esposti in tutte le loro reazioni, osservati ininterrottamente per ore e ore, oggetto dell'unico vero interesse della classe, impossibilitati a muoversi e dunque presenti in essa sempre per lo stesso tempo, esattamente delimitato; la loro superiorità di cui non si vuole prendere atto una volta per tutte e che rende acuto, critico e maligno lo sguardo di chi li osserva; la necessità di accostarsi ad essi senza rendersi le cose troppo difficili, dato che non ci si è ancora votati al lavoro in maniera esclusiva; e poi il segreto in cui rimane avvolto il resto della loro vita, in tutto il tempo durante il quale non stanno recitando la loro parte davanti a noi; e ancora, il loro susseguirsi uno dopo l'altro, nello stesso luogo, nello stesso ruolo, con le stesse intenzioni, esposti con tanta evidenza al confronto - come tutto questo agisce e si manifesta, è un'altra specie di scuola, del tutto diversa da quella dell'apprendimento, una scuola che insegna la molteplicità della natura  umana e purché la si prenda sul serio anche solo in parte, e questa la prima vera scuola di conoscenza dell’uomo. (p. 204)

Nella lunghe  parentesi in cui mescola riflessioni e ricordi lontani di scuola, Canetti traccia il profilo di alcune figure di insegnanti mettendo in risalto quei tratti che hanno reso alcuni indimenticabili, altri dimenticati; alcuni profondamente stimati; altri ancora detestati o del tutto ignorati, ma tutti importanti, proprio perché lo hanno accostato alla molteplicità della natura umana, che è una delle cose “che più stanno a cuore ai poeti” [3].

Si riportano qui di seguito  alcuni brevi stralci dai quali emerge con vivezza un insieme di caratteri che distinguono quel nucleo dell’identità dell’insegnante che permane nei cambiamenti e li attraversa e che, anche nella nostra società sempre più funzionalmente digitale, rendono, per dirla con le parole di Luperini, insostituibili  “la voce e il volto dell'insegnante " [4], dato che la dinamica concreta del processo di apprendimento pone in essere una  complessità di rapporti psicologici, culturali e dunque interpersonali, insostituibili con altre forme di comunicazione.

Quanto a Eugen Müller, la sua stessa materia lo obbligava a un grande entusiasmo e talento narrativo, ma egli vi aggiungeva qualcosa di suo, che andava ben oltre tale necessità. (p.202)

Per Fritz Hunziker l'insegnante di tedesco, le cose erano più difficili […] Non sgridava mai nessuno, ma neppure affascinava nessuno,  la sua difesa era un sorriso sarcastico stampato sul volto, spesso quel sorriso persisteva sulle sue labbra an­che quando ormai era palesemente inopportuno. Aveva una cultura equilibrata, forse un po' troppo a comparti­menti stagni, non era certo un trascinatore, ma neanche un uomo da cui si potesse essere tratti in errore. Aveva nettis­simo il senso della misura e della praticità del comporta­mento. Dei tipi esaltati o precoci non aveva una grande opinione”. (p.203)

Gustav Billeter, l'insegnante di latino, aveva una per­sonalità molto più spiccata. […] comin­ciava a parlare speditamente, con dolcezza e a voce piut­tosto bassa, senza superflua emozione; quando si adirava, e spesso gliene davamo motivo, non alzava mai la voce, parlava solo un po' più rapidamente. I primi fondamenti del latino che ci insegnava dovevano certamente annoiarlo, e forse anche per questo il suo modo di fare era così uma­no. Chi sapeva poco non doveva sentirsi oppresso né tan­to meno umiliato, e quelli che in latino riuscivano bene non avevano motivo di credersi particolarmente impor­tanti. Le sue reazioni non erano mai prevedibili, ma neanche  era il caso di temerle. Il massimo che ci si po­tesse aspettare da lui era un'osservazione ironica breve e sommessa che non sempre veniva capita, era una specie di battuta di spirito a uso proprio.[…] Capii che Billeter era particolarmente aperto agli uomini, la sua era la mentalità di un cosmopolita… (pp.203-4) 

L’entusiasmo verso la propria materia di insegnamento, la pacatezza nei modi e nei toni, l’equilibrio, la tolleranza e la capacità di ascolto e interazione sono le qualità che Canetti, da adulto, ricorda e apprezza dei suoi insegnanti. Tali qualità sono poi quelle che caratterizzano lo sguardo e la scrittura di Canetti: uno sguardo sempre misurato che, nel ricordare, non si lascia mai andare né alla esaltazione né all’acredine  e osserva con equilibrio e disponibilità tutto ciò che vede. Colpisce profondamente di lui la capacità di accettazione della diversità e la visione dell’esperienza scolastica come di un incontro che lo ha educato alla varietà del mondo. In questa dimensione, la relazione tra docenti e allievi è una relazione tra persone che riescono a vedersi con uno sguardo attento e aperto che va oltre il chiuso delle aule e coglie l’altro nella sua interezza e  nella complessità del vivere.  

Fra gli inse­gnanti che incontrammo per la prima volta ce n'era uno molto vecchio e uno molto giovane, Emil Walder […]. Era straordinariamente tollerante e mi lasciava leggere durante le lezioni. Poiché il latino mi riusciva facile, mi abi­tuai con lui a una sorta di doppia esistenza. Con le orec­chie seguivo le sue lezioni, così che, se mi chiamava, ero sempre in grado di rispondere a tono. Con gli occhi invece leggevo un volumetto che tenevo aperto sotto il banco. Lui però, essendo curioso, quando passava accanto a me mi prendeva il libro e se lo teneva sotto gli occhi fino a quando non aveva capito di che si trattava; poi me lo ri­dava, aperto. Se non diceva niente, interpretavo il suo silenzio come un segno di approvazione. Era certamen­te un lettore appassionato […].L'esatto contrario di quest'uomo, che tutto sommato mi piaceva proprio per la sua ruvidezza, era il giovane Friedrich Witz.[…] un uomo che non ho mai più dimenticato e che ho poi ritrovato, pressoché identico, molti anni più tardi” (p. 320)

 

Perché riproporre queste pagine?
Perché, oltre al piacere di una (ri)lettura,  offrono spunti per fare un brainstorming sulla “questione insegnante”, un tema attualmente in discussione  per il compito, niente affatto semplice,  attribuito ai Comitati per la valutazione dei docenti [5].

Si tratta infatti di stabilire criteri per misurare il merito e prima ancora, di stabilire  che cosa è valutabile, che cosa lo sia di meno o non lo è affatto, dell’agire di un insegnante; che cosa è misurabile a breve termine e che cosa a lungo termine. E ancora, di definire, che cosa può essere valutato e che cosa costituisce un “valore aggiunto”, che può fare la differenza ma che forse non è valutabile.
Come stabilire, infatti, se e come valutare  nell’operato di un insegnante  quello che veramente lascia nella formazione degli studenti una traccia significativa nel corso della vita?  

Il compito dei "Comitati di valutazione", seppure decisamente arduo, non è impossibile in quanto non mancano pubblicazioni e ricerche, condotte anche livello internazionale, sulla professionalità degli insegnanti nell’ambito delle quali si declinano le qualità di un buon docente [6] o si traccia il profilo di un “ insegnante ideale” stilato sulla base del percepito  degli studenti. In quest’ultimo caso, per fare un esempio, le qualità più apprezzate sono state la competenza e la capacità di valutare con equità  (“knowledgeable” e “grades fairly” ) [7] ritenute prioritarie rispetto anche alla capacità di usare le nuove tecnologie o di essere disponibile verso gli studenti.

Il punto di partenza è in genere unico: il segreto del successo scolastico e della crescita degli studenti sono gli insegnanti. Nulla di nuovo, si potrebbe dire, pensando anche alle pagine di Canetti.  La novità consiste in realtà nell’esigenza di dare sistematicità e di affrontare a livello sistemico e  con strumenti scientifici, una questione nodale in ambito educativo. Il che vuole dire  che la definizione dei criteri valutazione è solo un tassello  - che da solo non basta - da porre in correlazione, prioritariamente, con una idonea formazione continua, tale da consentire a tutti i docenti un progressivo affinamento delle competenze professionali nel corso degli anni [8].

Note

1. Elias Canetti, La lingua salvata. Storia di una giovinezza,  Adelphi edizioni, Milano, 1991.
2. Umberto Eco, Su alcune funzioni della letteratura, in Sulla letteratura, Bompiani, Milano, 2002, p. 7.
3. Elias Canetti, op.cit., p.205 .
4. Romano Luperini, “Insegnare la letteratura oggi”, reperibile a  questo indirizzo.
5. Cfr. art. 1 comma 129 della L. 107/2015. 
6. Lo studio al quale si fa riferimento è "Teacher qualities valued by students: a pilot validation of the teacher qualities (T-Q) instrument", il cui abstract reperibile a questo indirizzo.
7. Lo studio al quale si fa riferimento è "Qualities university students seek in a teacher" ed è reperibile a questo indirizzo.
8. Su come formare un buon insegnante si  può vedere  il recente studio che intende anche sfatare il luogo comune: “bravi insegnanti si nasce o si diventa”. Tale studio  che ha il merito di avere sottolineato l’importanza di una formazione idonea e continua, è riportato in : “How to make a good teacher”, The Economist, June 11th 2016, p.13. e “Theaching the teacher”, ib., pp.21-24.

Di che cosa parliamo

 

(ri)dare forza a parole già dette. La narrativa italiana e straniera cui riferirsi per parlare di scuola è affollata di esempi tuttora letti  rispetto ad altri a torto dimenticati. Lo spazio della mia I/stanza non vuole essere una retrospettiva e neppure una trincea nostalgica, ma intendo parlare di scuola e di educazione attraverso la (ri)lettura di pagine (di letteratura e non) a partire dalle riflessioni o dalle emozioni già “fissate” in un testo, per cercarvi corrispondenze, risposte, stimoli, suggestioni e altro ancora rispetto agli interrogativi sull’educazione e la società di oggi. Pagine godibili, ancora capaci di generare un rapporto empatico con il lettore, ora come semplici elementi di “cornice”, ora perché essenziali allo sviluppo di una narrazione.

L'autrice


Come insegnante nei licei, si è occupata di didattica del latino e dell’italiano. In molte attività di formazione ha collaborato a lungo con Università, Istituti  di ricerca, Associazioni di insegnanti, scuole e reti di scuole. Ha svolto attività di  ricerca presso l’INVALSI coordinando progetti in ambito nazionale e internazionale sulla valutazione degli apprendimenti e sulle competenza di lettura e scrittura.  È autrice di numerosi articoli e saggi su riviste specializzate;  di monografie, di testi scolastici e di ricerca didattica nell’editoria diffusa; di rapporti di ricerca.