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di Lina Grossipagine dimenticate

23/01/2018

Che cosa fa diventare buoni lettori

Artisti e insegnanti lo dicono da tempo, ora lo prova la ricerca empirica. 

La curiosità è l’unico istinto di cui
l’educatore può debitamente usufruire.
(P.P. Pasolini, Diario di un insegnante)

 

Trovare in letteratura pagine che narrano di scuola o che contengano riferimenti all’universo scolastico non è difficile, può capitare di imbattersi in ricordi di vita e riflessioni o in  testimonianze  su aspetti anche molto specifici, quali il significato e l’importanza della lettura in età pre-scolare e scolare.

Nel Diario di un insegnante, Pasolini ci racconta della sua esperienza giovanile di maestro e, nel farlo, avvia il filo di una riflessione sull’educazione consegnandoci pagine da cui è possibile cogliere già il senso del suo percorso di crescita umana e intellettuale, oltre che intuizioni didattiche di grande interesse. Figlio di una insegnante di scuola elementare, Pasolini, come insegnante ma prima ancora come alunno, si è sempre mostrato attento e sensibile alla scuola e alla cultura. Mentre si racconta a Dacia Maraini in una intervista in cui affiorano i ricordi della sua fanciullezza, le rivela che la madre gli leggeva storie e favole, che i libri che lo appassionavano di più erano quelli di avventure fino a che, a quattordici anni, compie come lettore un personale salto di qualità negli interessi di lettura.  

Tua madre ti raccontava delle storie?
Sempre. Mi raccontava storie, favole, me le leggeva. Mia madre era come Socrate per me. Aveva e ha una visione del mondo certamente idealistica e idealizzata. Lei crede veramente nell’eroismo, nella carità, nella pietà, nella generosità. E io ho assorbito tutto questo in maniera quasi patologica.
[…]

Che libri leggevi allora, te lo ricordi?
Libri di avventure. Mi ricordo la storia di un cowboy che si chiamava Morning Star, stella del mattino. Un giovanotto dritto, coi calzoni di pelle e il fazzoletto rosso al collo. E poi Salgari, tutto Salgari. Sono state le più belle letture della mia vita. Letture incomparabili.

Qual è stato il primo libro non per ragazzi che hai letto?
Macbeth. Improvvisamente a quattordici anni, a Bologna, ho fatto il salto qualitativo. Ho scoperto i Portici della Morte dove compravo i libri di seconda mano. Ho smesso di credere in Dio. Tutto insieme.

(Da L’infanzia di PPP. Intervista a PPP di Dacia Maraini, 1971) [1]

Sul ruolo della lettura nella propria infanzia si sofferma anche Mario Lodi in una intervista nel corso della quale gli viene chiesto del suo rapporto con l’oggetto libro. E dai ricordi emerge  un rapporto forte iniziato in tenera età, stimolato dalle letture materne "mia madre mi leggeva e rileggeva la sera", continuato negli anni successivi attraverso le narrazioni paterne, a tavola, delle trame dei libri letti, che stimolavano la curiosità e l’immaginazione di chi ascoltava, e alimentato  dai libri che circolavano tra parenti e coetanei. 

Vorrei cominciare col chiederti cosa leggevi da bambino, insomma quale è stato il tuo rapporto con la carta stampata, dal libro al giornalino, dalle figurine al fumetto… E poi, la scuola ha avuto importanza nella tua formazione di lettore? Come erano i tuoi maestri?

Il primo libro che ebbi in dono per Santa Lucia quando avevo cinque anni e non sapevo ancora leggere fu L’intrepido soldatino di stagno di Andersen, che mia madre mi leggeva e rileggeva la sera, prima di andare a letto. Lei leggeva e io seguivo la storia osservando le figurine. L’interesse per la lettura, negli anni seguenti, me l’aveva trasmesso mio padre, quando a tavola raccontava a noi ragazzi i libri che leggeva, da Tartarino di Tarascona a Lettere del mio mulino a I Miserabili. Aveva un modo calmo di riassumere gli episodi senza trascurare certi particolari, e lasciava a noi spazio per le domande. I libri che ricevevo in dono dai miei genitori e da qualche parente erano di generi vari: storie di Indiani (che allora erano tutti cattivi), i libri di Verne, la serie di Salgari, Pinocchio, Il giornalino di Gianburrasca, Senza famiglia. Li leggevo e li scambiavo con amici e cugini, insieme a “Il Corriere dei piccoli”, a “Il Giornale di Cino e Franco” e ad altri fumetti. La scuola (eravamo allora in regime fascista) proponeva il solito testo unico Il balilla Vittorio e non aveva una biblioteca.

(da  Mario Lodi, La bella favola continua, Intervista di Ermanno Detti ) [2]

 

Un ricordo d’infanzia quasi paradigmatico nel tracciare il destino di un futuro lettore, si trova nella storia della giovinezza narrata da Elias Canetti il quale, attraverso una sorta di rito di passaggio che segna un cambiamento della sua vita di  bambino a quella di scolaro, inizia il suo rapporto con la lettura,  incoraggiato e stimolato dal padre che è figura determinante nella sua formazione.

Andavo a  scuola già da qualche mese, quando accadde una cosa solenne ed eccitante che determinò tutta la mia successiva esistenza. Mio padre mi portò un libro. Mi accompagnò da solo nella stanza sul tetro dove dormivamo noi bambini e me lo spiegò.  Era  The Arabian Nights, le Mille e una notte in un’edizione adatta alla mia età. Sulla copertina c’era un’illustrazione a colori, se non sbaglio di Aladino con la lampada meravigliosa. Il papà mi parlò in tono serio e incoraggiante e mi disse quanto sarebbe stato bello leggere quel libro. Lui stesso mi lesse ad alta voce una storia: altrettanto belle sarebbero state tutte le altre. Dovevo cercare di leggerle da solo e poi la sera raccontargliele. Quando avessi finito quel libro, me ne avrebbe portato un altro. Non me lo feci ripetere due volte e sebbene a scuola avessi appena finito di imparare a leggere, mi gettai subito su quel libro meraviglioso e ogni sera avevo qualcosa da raccontargli. Lui mantenne la promessa, ogni volta c’era un libro nuovo, così che non ho mai dovuto interrompere, neppure per un solo giorno, le mie letture.

(Da Elias Canetti, La lingua salvata, 1977) [3]

 

Un ambiente familiare motivante con genitori che coinvolgono i figli in attività di lettura, anche se questi appaiono riluttanti, è destinato a lasciare una traccia indelebile: è quanto emerge dalla parole di Giovanna Calvino,  che nello stralcio di intervista che segue, ricorda il padre che già da bambina le leggeva Omero e Dante. 

Com’era papà Italo, le leggeva i libri da bambina?
“Ricordo che d’estate mi leggeva l’Odissea e l’Inferno”.

L’Odissea? L’inferno? Ma quanti anni aveva?
"Ero piccola, volevo sempre scappare a giocare. Era preoccupato perché non leggevo. Poi a 13 anni ho iniziato a leggere Agatha Christie. Ma lui è morto, non so se ha capito quanto lettrice sono diventata”.

(Da "Intervista a Giovanna Calvino", 2013) [4]

  

Albert Anker, Sonntag Nachmittag, 1863

Albert Anker, Knabe und Mädchen mit Bilderbuch,1867

Albert Anker, Schreibender Knabe mit Schwesterchen, 1875

Albert Anker, Rosa e Bertha Grugger, 1883

Non è solo in letteratura o nelle testimonianze di educatori e scrittori del secolo scorso – come attestano le pagine citate ad esempio - che si trovano accenni sull’aspetto emotivo e comunicativo della lettura come esperienza individuale o condivisa, ma anche nella pittura.  

Un’ attenzione all’infanzia e al carattere sociale e comunicativo della lettura si può infatti rintracciare in artisti del  secondo Ottocento. Le dimensioni dell’educare presenti nel pensiero pedagogico di Pestalozzi sulla impronta educativa impressa dalla famiglia, trovano espressione nella pittura di Albert Anker  [5], in particolare, nella rappresentazione del coinvolgimento emotivo e del piacere della condivisione nell’approccio alla lettura. Gli interni di abitazioni rurali o, in qualche caso, piccolo borghesi si avvicendano con scene in cui il tema del libro, della lettura condivisa o della lettura come atto comunicativo e affettivo sono frequenti e si alternano a momenti di gioco, di osservazione del natura e del mondo.  Sulla poetica di Anker molto è stato scritto e, in questa sede, si è scelto soltanto di inserire alcuni dipinti esemplificativi, che rappresentano scene di vita familiare nelle quali compare insistente la dimensione dell’infanzia e del suo crescere e formarsi attraverso il rapporto con la pagina scritta. 

Una ricerca [6] ha di recente evidenziato i fattori di maggiore incidenza sulla formazione di un buon lettore. I risultati ci confermano su basi scientifiche le intuizioni e le riflessioni da tempo espresse da artisti ed educatori. La ricerca PIRLS 2016, alla quale hanno partecipato 50 Paesi a livello mondiale, ha misurato infatti la competenza di lettura delle bambine e dei bambini che frequentano il quarto anno di scolarità. Senza volere entrare nel merito dei risultati della ricerca - ampiamente disponibili nel corposo Rapporto conclusivo - e della collocazione dei paesi partecipanti su una scala che va dal semplice possesso delle competenze di base a una capacità di interpretare, integrare e valutare trame narrative e informazioni in testi relativamente complessi, si segnala un dato di carattere complessivo emerso dall’analisi dei trend: un aumento dei buoni lettori, nell’ultimo quindicennio. Questo dato sembra essere in netta controtendenza rispetto alle notizie in genere negative e allarmistiche sulla qualità dell’istruzione nel nostro Paese. Dalla analisi di tendenza è infatti risultato, a partire dal 2001, un miglioramento sia a breve sia a lungo termine nella competenza di lettura, in diversi Paesi, tra i quali l’Italia, con una costante: le bambine sono lettrici migliori dei coetanei maschi e ottengono, di conseguenza, risultati superiori. 

Tra i fattori risultati determinanti nella formazione di buoni lettori, fondamentalmente è la presenza di un ambiente familiare capace di favorire l’apprendimento e di genitori che amano leggere e che coinvolgono i figli in attività di lettura e di ascolto precoci. Maggiore inoltre è il numero di anni di frequenza della scuola pre-primaria, migliori sono i risultati in lettura. All’incidenza del contesto familiare e di un inizio precoce delle attività di lettura, si aggiunge l’importanza del ruolo giocato della scuola: diventano buoni lettori le bambine e i bambini che frequentano scuole con un ambiente motivante, sicuro e tranquillo, con molte risorse e nelle quali l'insegnamento della lettura implica spesso l'accesso alla biblioteca, lo svolgimento almeno settimanale di attività collegate all’uso  del computer  e familiarità con la lettura on line. Gli studenti dei 14 Paesi che hanno partecipato in ePIRLS alla rilevazione computer-based  hanno dimostrato sia un alto livello di auto-efficacia nell'uso del computer sia di saper navigare scegliendo le pagine web in modo appropriato.

Tutti questi fattori stimolano atteggiamenti positivi verso la lettura e il suo insegnamento, tuttavia, sottolinea la ricerca, già al quarto anno di scolarità almeno un quinto degli studenti non si sente sicuro delle proprie capacità di lettura. 
Questo dimostra anche, e forse soprattutto, che l’approccio spontaneo e il piacere della lettura maturato nell’infanzia e nei primi anni di scolarità, se non viene adeguatamente trasformato  in idonea competenza, nell’ambito di un curricolo verticale, tramite una adeguata attenzione al testo e tramite la progressiva acquisizione delle capacità di comprendere, interpretare valutare criticamente e autonomamente testi di diversa tipologia, è un patrimonio destinato a disperdersi. Un buon lettore è dunque un lettore attento e competente che possiede una capacità di lettura che si è affinata nel tempo, con l’esercizio e con il possesso di idonei strumenti interpretativi, innestati su una pratica familiare  assimilata sin dalla prima età.
 

 

Note

1 Per l’intervista completa  si veda  la versione on line, tatta dal sito Pierpaolo Pasolini del Centro Studi di Casarsa delle Delizie; l’intervista è ora inserita  in P.P.Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società, a cura di W. Siti e S. De Laude, “Meridiani”  Mondadori, Milano 1999, pp. 1670-1681.
2. Cfr. per l’intervista completa, cfr. la versione  on line, tratta dal sito del "Pepeverde", n. 4,2000.
3. Cfr. Elias Canetti, La lingua salvata, Adelphi Edizioni, 1980, pp.58-59.
4. cfr. versione on line, sal sito del "Giorno ragazzi".
5. Albert Anker (Anet, 1831 – 1910) è un pittore svizzero. Per una panoramica dei suoi dipinti si può vedere questa rassegna dei suoi lavori.
6. What Makes a Good Reader: International Findings from PIRLS 2016, reperibile in lingua originale in questa versione on line; una traduzione è disponibile sul sito dell’INVALSI
 

 

 
 

Di che cosa parliamo

 

(ri)dare forza a parole già dette. La narrativa italiana e straniera cui riferirsi per parlare di scuola è affollata di esempi tuttora letti  rispetto ad altri a torto dimenticati. Lo spazio della mia I/stanza non vuole essere una retrospettiva e neppure una trincea nostalgica, ma intendo parlare di scuola e di educazione attraverso la (ri)lettura di pagine (di letteratura e non) a partire dalle riflessioni o dalle emozioni già “fissate” in un testo, per cercarvi corrispondenze, risposte, stimoli, suggestioni e altro ancora rispetto agli interrogativi sull’educazione e la società di oggi. Pagine godibili, ancora capaci di generare un rapporto empatico con il lettore, ora come semplici elementi di “cornice”, ora perché essenziali allo sviluppo di una narrazione.

L'autrice


Come insegnante nei licei, si è occupata di didattica del latino e dell’italiano. In molte attività di formazione ha collaborato a lungo con Università, Istituti  di ricerca, Associazioni di insegnanti, scuole e reti di scuole. Ha svolto attività di  ricerca presso l’INVALSI coordinando progetti in ambito nazionale e internazionale sulla valutazione degli apprendimenti e sulle competenza di lettura e scrittura.  È autrice di numerosi articoli e saggi su riviste specializzate;  di monografie, di testi scolastici e di ricerca didattica nell’editoria diffusa; di rapporti di ricerca.