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di Lina Grossipagine dimenticate

19/11/2019

Leonardo e l’importanza della parola. Le favole

L'inchiostro displezzato per la sua nerezza dalla bianchezza della carta, la quale da quello si vide imbrattare. Vedendosi la carta tutta macchiata dalla oscura negrezza dell'inchiostro, di quello si dole; el quale mostra a essa che per le parole ch'esso sopra lei compone essere cagione della conservazione di quella. [1]

L’importanza della parola

“C’era il lui un incessante bisogno di scrittura, d’usare la scrittura per indagare il mondo, il mondo nelle sue manifestazioni multiformi e nei suoi segreti e anche per dare forma alle sue fantasie, alle sue emozioni”.  Così Calvino, nella terza delle sue Lezioni americane, motiva la scelta di inserire tra gli esempi letterari che corredano la lezione sull’esattezza una favola di  Leonardo da Vinci, la favola del fuoco [2]. Calvino coglie lo sforzo comunicativo che Leonardo compie nella ricerca di  un linguaggio il più possibile preciso come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione per dare forma alla realtà nelle sue diverse espressioni. La scrittura, scrive ancora Calvino, è per Leonardo che si dichiara “omo sanza lettere”,  un potente strumento conoscitivo, e allo stesso tempo la testimonianza più significativa di una battaglia con la lingua [3]. La sensibilità scientifica e naturalistica che impronta tutta l’opera leonardesca è in effetti  supportata e percorsa da una ricerca espressiva continua e tale da rendere la dimensione dello scrittore -  un aspetto forse meno conosciuto di Leonardo - essenziale per la piena comprensione della sua poliedrica personalità. La sua abilità di narratore - come attestato anche da studi recenti [4], che mirano a far emergere la correlazione  di pensiero e di forme artistiche in Leonardo -  è strettamente intrecciata con il talento artistico e con la ricerca in ambito scientifico.

L’amore per i libri e per la letteratura che nasce già negli anni giovanili a Firenze, trova piena espressione a Milano dove Leonardo compone la maggior parte dei suoi scritti letterari. Nell’impegno di scrittore, dai primi tentativi fino alla produzione dei  materiali più elaborati, emerge “la sua precisa volontà di accrescere il proprio bagaglio lessicale e la sua capacità di raccogliere in brevi forme letterarie (favole, facezie, proverbi, pensieri, citazioni e visioni fantastiche) l’eredità sapienziale del colorito mondo popolare toscano”. [5]

Gli scritti letterari. Le favole

La dicitura Scritti letterari [6] comprende quei frammenti presenti nei diversi manoscritti e fogli  di cui si compone l’opera leonardesca [7], che non trattano argomenti strettamente scientifici o tecnici. Si tratta di Pensieri,  che riguardano la scienza in generale e la vita morale, di Favole [8], che hanno come protagonisti animali, piante e elementi della natura, di Bestiario che raccoglie un note sui costumi degli animali, di indovinelli che Leonardo chiamava Profezie, di Facezie,  di Proemi per opere progettate e non scritte che rivelano i problemi letterari che Leonardo intendeva affrontare, di Lettere personali, di abbozzi di opere non completate  e di qualche brano narrativo. L’arguzia dello stile, la varietà dei temi trattati e le riflessioni che ne emergono, gli appunti sulle opere incompiute mettono in luce, accanto alla dimensione letteraria, anche un aspetto meno evidente, quello umano, della personalità leonardesca.

All’interno di questi scritti, un ampio repertorio del vario stile e dei diversi linguaggi della produzione letteraria di Leonardo, soffermeremo lo sguardo, in questo breve spazio, soltanto sulla produzione favolistica. Le favole [9] sono un insieme di 54 frammenti di varia estensione e di diversa elaborazione stilistica: una metà circa più lunghe ed articolate, altre brevi o molto brevi e abbozzi tematici, in pratica semplici tracce di argomenti  da svolgere. Non in tutte (in 14, per l’esattezza) è presente la dicitura “Favola”, inserita dall’autore.

Le favole con uno sviluppo narrativo più ampio ed un’articolazione più complessa forniscono elementi di grande interesse per comprendere le scelte lessicali e di costruzione del periodo operate da Leonardo scrittore alla ricerca di una buona forma espressiva. [10] Le favole brevi, soprattutto quelle rimaste allo stadio di traccia , conservano forti tratti di oralità in quanto destinate presumibilmente ad una un’esecuzione orale. Le favole e altri generi particolari come facezie, profezie e bestiario appartengono infatti al periodo di permanenza a Milano, alla corte sforzesca di Ludovico il Moro, una raffinata corte rinascimentale nella quale era abitudine comporre scritti letterari brevi e di forma quasi improvvisata, recitati per intrattenimento o nel corso di gare  in cui  prevaleva il gusto per la battuta arguta e la parola mordace.

La favole sia quelle tratte e liberamente rielaborate dal repertorio favolistico precedente (Esopo) in cui compaiono animali o piante animate, sia quelle che prendono spunto dagli interessi naturalistici e hanno come protagonisti gli elementi della natura, sono percorse da una vena ironica e pungente che colpisce spesso  le ambivalenze della proprio tempo.  

L’elemento di novità nelle favole leonardesche è costituto proprio dalla presenza  dei  quattro elementi naturali (acqua, aria, terra e fuoco), dalla presenza di nozioni scientifiche che testimoniano l’evoluzione delle sue ricerche e dall’invito a rispettare e conoscere la natura.

Se ne propongono due esempi. [11]

Esempio 1

7. Il misero salice, trovandosi non potere fruire il piacere di vedere i sua sottili rami fare ovver condurre alla desiderata grandezza e dirizzarsi al cielo - per cagione della vite e di qualunche pianta li era visina, sempre elli era storpiato e diramato e guasto - e raccolti in sé tutti li spiriti, e con quelli apre e spalanca le porte alla immaginazione; e stando in continua cogitazione, e ricercando con quella l'universo delle piante, con quale di quelle esso collegare si potessi, che non avessi bisogni dell'aiuto de' sua legami; e stando alquanto in questa notritiva immaginazione, con subito assalimento li corse nel pensiero la zucca; e crollato tutti i rami per grande allegrezza, paren[do]li avere trovato compagnia al suo disiato proposito - imperò che quella è più atta a legare altri che essere legata - e fatta tal diliberazione, rizzò i sua rami inverso il cielo; attendea spettare qualche amichevole uccello, che li fussi a tal disiderio mezzano. In fra' quali, veduta a sé vicina la sgazza, disse inver di quella: «O gentile uccello, io ti priego, per quello soccorso, che a questi giorni, da mattina, in e mia rami trovasti, quando l'affamato falcone crudele e rapace te voleva divorare; e per quelli riposi che sopra me ispesso hai usato, quando l'alie tue a te riposo chiedeano; e per quelli piaceri che, infra detti mia rami, scherzando colle tue compagne ne' tua amori, già hai usato; io ti priego che tu truovi la zucca e impetri da quella alquante delle sue semenze, e di' a quelle che, nate ch'elle fieno, ch'io le tratterò non altrementi che se del mio corpo generate l'avessi; e similmente usa tutte quelle parole che di simile intenzione persuasive sieno, benché a te, maestra de' linguaggi, insegnare non bisogna. E se questo farai, io sono contenta di ricevere il tuo nidio sopra il nascimento de' mia rami, insieme colla tua famiglia, sanza pagamento d'alcun fitto». Allora la sgazza, fatti e fermi alquanti capitoli di novo col salice, e massimo che bisce o faine sopra sé mai non accettassi; alzato la coda e bassato la testa, e gittatasi del ramo, rendé il suo peso all'ali; e quelle battendo sopra la fuggitiva aria, ora qua, ora in là curiosamente col timon della coda dirizzandosi, pervenne a una zucca, e con bel saluto e alquante bone parole, impetrò le dimandate semenze. E condottele al salice fu con lieta cera ricevuta; e raspato alquanto co' piè il terreno vicino al salice, col becco, in cerch[i]o a esso, essi grani piantò. Li quali in brieve tempo crescendo, cominciò collo accrescimento e aprimento de' sua rami, a occupare tutti i rami del salice, e colle sue gran foglie a torle la bellezza del sole e del cielo. E, non bastando tanto male, seguendo le zucche, cominciò, per disconcio peso, a tirare le cime de' teneri rami inver la terra, con istrane torture e disagio di quelli. Allora scotendosi e indarno crollandosi, per fare da sé esse zucche cadere, e indarno vaneggiando alquanti giorni in simile inganno, perché la buona e forte collegazione tal pensieri negava, vedendo passare il vento, a quello raccomandandosi, e quello soffiò forte. Allora s'aperse il vecchio e vòto gambo del salice in due parti, insino alle sue radice, e caduto in due parti, indarno pianse se medesimo, e conobbe che era nato per non aver mai bene.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

La favola del salice e della gazza – la n.7 -  è la più lunga della raccolta e appartiene al gruppo di favole caratterizzate da un’esposizione ampia e ricercata e dal ritmo lento e armonioso, che si contrappone agli abbozzi narrativi caratterizzati dal ritmo rapido e spesso composti da una sola frase (per esempio, la n. 11 “ favola della lingua morsa dai denti”). Sul versante della ricerca stilistica di Leonardo è significativo l’uso insistito della proposizione subordinata al gerundio: la favola si apre con un lungo periodo costruito tramite uno schema narrativo che si ripete e si fonda sull’uso prevalente di gerundi e sulla ripresa della proposizione principale con e (Il misero salice, trovandosi …e raccolti…e con quelli apre e spalanca…; e stando…, e ricercando…e stando… li corse; e crollato… paren[do]li… e fatta…, rizzò…). La sintassi coordinativa del discorso informale viene sostituita da un periodare più ampio e da un ritmo polifonico, con l’intento di costruire un testo narrativo nei canoni della letterarietà. [12]

Tra le particolarità lessicali si può rilevare la presenza, nella favola, di parole che ricorrono con particolare frequenza negli scritti letterari quali Terra (compare 6 volte nelle Favole e 66 negli scritti letterari), Aria (10 volte nelle Favole e 88 negli scritti letterari [13]), entrambe  appartenenti  al mondo della Natura,  Tempo (4 volte nelle Favole e 58 negli scritti letterari). Protagonisti di questa  favola sono infatti il salice e la gazza ma anche l’aria, la terra e la natura vista nella bellezza del sole e del cielo. Al salice vengono attribuite caratteristiche umane in quanto è descritto come dotato di immaginazione e nell’atto di pensare : “e raccolti in sé tutti gli spiriti e con quelli apre e spalanca le porte all’immaginazione; e stando in continua cogitazione…” Questi tratti del salice sono una traccia evidente dell’influsso degli studi scientifici nelle narrazioni favolistiche. [14]

Un altro elemento di correlazione, in questo caso tra i diversi generi di scrittura letteraria, è la presenza del dialogo, proprio della narrazione favolistica, che si ritrova anche nelle battute argute e nei motti delle Facezie. In questa favola, il dialogo tra il salice e la gazza si gioca in gran parte sulla forza persuasiva della parola e sulla lusinga: “e similmente usa tutte quelle parole che di simile intenzione persuasive sieno, benché a te, maestra de' linguaggi, insegnare non bisogna”.
La favola si conclude con una morale: il salice, vista l’inutilità dei tentativi volti a modificare la propria natura, riconosce di essere “nato per non aver mai bene”.

Esempio 2

48. Il foco cocendo l'acqua posta nel laveggio, dicendo che l'acqua non merita star sopra il foco, re delli elementi, e così vo' per forza di bollore cacciare l'acqua del laveggio onde quella per farli onore d'ubbidienzia discende in basso e annega il foco.

 

 

 

 

La favola del fuoco -  la n. 48  della raccolta -  a cui fa riferimento Calvino,  è la descrizione di un fenomeno naturale: il fuoco indignato per il fatto che l’acqua nella  pentola sta sopra di lui, che è l’elemento gerarchicamente più importante, innalza le sue  fiamme finché l’acqua bolle e traboccando lo spegne.
Nella breve favola si ripete la parola Fuoco, usata da Leonardo con frequenza (compare 12 volte nelle Favole e 37 negli scritti letterari) ed è presente la parola Acqua (compare 8 volte nelle Favole e 97 negli scritti letterari). La rilevazione e il computo delle occorrenze lessicali è un modo rapido per individuare  sia gli elementi tematici sia  le figure/elementi naturali con i ruoli più significativi.

Animano le favole vinciane un panorama variegato di  piante (il lauro, il castagno, il noce, l’uva, la zucca, il pesco ecc.), animali (il topo, la cornacchia, l’asino, il ragno, la formica ecc) e oggetti (inchiostro/carta, il coltello, lo specchio ecc.), tutti espressione della vita quotidiana. Accanto a questi elementi, tipici della favolistica, è frequente la presenza dei quattro elementi naturali che attestano quanto il tema degli elementi e della costituzione del mondo sia centrale nella filosofia della natura di Leonardo [15]
In tal senso, le favole raccontano l’agire delle forze naturali e i tanti modi del rapporto dell’uomo con la natura, con una morale di fondo:  la natura può concedere una condizione di vita sopportabile a chi ha un rapporto di collaborazione costruttiva e non eccede mentre “pare che la natura si vendichi con quelli che voglian far miraculi” e che questi ultimi “abbin men che li altri omini più quieti”  [16].

Suggerimenti didattici

Per possibili approfondimenti didattici di questa lettura delle favole vinciane, si suggerisce:

1. La lettura, in versione originale, delle Favole e degli Scritti letterari con accesso a una biblioteca digitale in cui siano disponibili dati sul lessico di frequenza e in cui le parole del testo siano collegate, tramite un link,  alle concordanze tra i testi. 

2. La lettura,  per i lettori più piccoli, delle favole in versione anche trascritta e adattata o  interpretata.

3. La comprensione del singolo testo con attenzione al lessico.

4. L’analisi delle caratteristiche testuali (genere, struttura, stile, temi, personaggi, intenzione dall'autore) e connessioni intertestuali.

5. L’approfondimento sul tema degli elementi e delle forze della natura: la favola 26 (il fuoco e l’aria); la 32 (il fuoco)  e la 44 (l’acqua, l’aria e il fuoco).

6. L’approfondimento sulla scrittura essenziale che ha trovato nella letteratura italiana del Novecento una significativa ripresa in Carlo Emilio Gadda, in  Il primo libro delle favole, con lettura e confronto delle favole riprese da Leonardo.

 

Note

1.  La Favola – la n.47 della raccolta di cui alla nota 6-  è interpretata e trascritta in una edizione per ragazzi, con il titolo La carta e l’inchiostro nel volume: Leonardo da Vinci, Favole e leggende, Giunti-Nardini Editore, 1972. Si riporta di seguito il testo:

Un foglio di carta, che stava sopra ad una scrivania insieme ad altri fogli uguali a lui, si trovò, un bel giorno, tutto pieno di segni. Una penna, bagnata di nerissimo inchiostro, aveva tracciato su di lui molti disegni e parole.
- Non potevi risparmiarti questa umiliazione? – disse risentito il foglio di carta all’inchiostro. - Tu mi hai sporcato con il tuo nero d’inferno, mi hai rovinato per sempre!- - Aspetta – gli rispose l’inchiostro. – Io non ti ho sporcato, ma ti ho rivestito di simboli. Ora tu non sei più un foglio di carta, ma sei un messaggio. Tu custodisci il pensiero dell’uomo, sei diventato uno strumento prezioso.-
Infatti di lì a poco, rimettendo ordine sulla scrivania, qualcuno vide quei fogli sparsi e li radunò per buttarli nel fuoco. Ma, all’improvviso si accorse del foglio “insudiciato” dall’inchiostro: e perciò buttò via gli altri e rimise al suo posto quello che portava, ben visibile, il messaggio dell’intelligenza.

2. La favola è riportata più avanti nel testo: Esempio 2.
3. Italo Calvino. Lezioni americane, Mondadori, 1993, pp.85-86.
4. Si veda il volume di Giuditta Cirnigliaro e Carlo Vecce (a cura di),  Favole e profezie. Scritti letterari di Leonardo da Vinci, Garzanti, 2019. Tra le pagine del volume che raccoglie le Favole, le Facezie, il Bestiario e le Profezie emerge la tensione creativa dell'autore: la scrittura, seguendo il libero flusso delle immagini, fissa sulla carta il divenire della natura, la lotta per la vita, e  il fluire del tempo.
5. Si veda C. Vecce, Leonardo: Favole e Facezie, Biblioteca Ambrosiana - De Agostini, 2013 in "opar.iunio.it. 
6. Si veda Leonardo da Vinci, Scritti letterari, a cura di Augusto Marinoni, Rizzoli, 1974. Gli Scritti letterari,  pubblicati per la prima volta nel 1952, vengono  ampliati  a seguito del ritrovamento, nel 1967, di due manoscritti autografi – quasi settecento pagine – che da secoli giacevano dimenticati nella Biblioteca Nazionale di Madrid.
7. La Tavola dei manoscritti è reperibile alle pagg,268-9 della raccolta antologica di A. Marinoni, op. cit..
8. A. Marinoni, a cura di, op. cit., p. 6.
9. Cfr. A. Marinoni, a cura di, op. cit.
10. La scrittura brevis di Leonardo ha trovato nella letteratura italiana del Novecento una significativa ripresa in Carlo Emilio Gadda, in  Il primo libro delle favole, Neri Pozza, Venezia 1952. Il  volume, pubblicato nello stesso anno delle celebrazioni vinciane, con illustrazioni di Mirko Vucetich, contiene sette riscritture con minime integrazioni in chiusa delle favole di Leonardo, in uno stile altrettanto essenziale ed incisivo. 
11. I testi sono reperibili on line in Leonardo da Vinci, Favole, in Scritti lettarari, "IntraText.Digital Library"nella fonte a stampa di A. Marinoni.
12. Leonardo prende ad esempio l’antica letteratura italiana. A proposito dell’uso ad oltranza del gerundio e del fenomeno della paraipotassi, si veda A. Marinoni in op. cit., pp.41-47.
13. Cfr. "lessico di frequenza" alle singole voci in Favole, op. cit.
14. Si veda G. Prandi, Leonardo artista e scrittore della Milano Sforzesca,  "la natura delle cose", s.d.. L’autrice scrive  a proposito del salice colto nell’atto di pensare: “Questo passo si collega direttamente ai disegni anatomici realizzati da Leonardo in quegli anni che riproducono una sezione cerebrale con cavità e ventricoli che ospitano facoltà come cogitazione e immaginazione”.
15. Per una trattazione più ampia di questo aspetto, si veda:  Andrea Bernardoni,  Gli elementi e la costituzione del mondo in Leonardo da Vinci,"media.accademiaxl.it.", s.d.
16. Si veda Leonardo, Contro il negromante e l’alchimista, in Proemi.

 

Immagini


Leonardo da Vinci, una stella di Betlemme e altre piante, c1506-12,  Royal Collection Trust / © Sua Maestà la Regina Elisabetta II 2018

 

 

 

 

 

Di che cosa parliamo

 

(ri)dare forza a parole già dette. La narrativa italiana e straniera cui riferirsi per parlare di scuola è affollata di esempi tuttora letti  rispetto ad altri a torto dimenticati. Lo spazio della mia I/stanza non vuole essere una retrospettiva e neppure una trincea nostalgica, ma intendo parlare di scuola e di educazione attraverso la (ri)lettura di pagine (di letteratura e non) a partire dalle riflessioni o dalle emozioni già “fissate” in un testo, per cercarvi corrispondenze, risposte, stimoli, suggestioni e altro ancora rispetto agli interrogativi sull’educazione e la società di oggi. Pagine godibili, ancora capaci di generare un rapporto empatico con il lettore, ora come semplici elementi di “cornice”, ora perché essenziali allo sviluppo di una narrazione.

L'autrice


Come insegnante nei licei, si è occupata di didattica del latino e dell’italiano. In molte attività di formazione ha collaborato a lungo con Università, Istituti  di ricerca, Associazioni di insegnanti, scuole e reti di scuole. Ha svolto attività di  ricerca presso l’INVALSI coordinando progetti in ambito nazionale e internazionale sulla valutazione degli apprendimenti e sulle competenza di lettura e scrittura.  È autrice di numerosi articoli e saggi su riviste specializzate;  di monografie, di testi scolastici e di ricerca didattica nell’editoria diffusa; di rapporti di ricerca.