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di Lina Grossipagine dimenticate

31/03/2022

Letteratura e Natura

Studiare e osservare le cose della natura in Mario Rigoni Stern

 Una mattina di dicembre vedrai il cielo uniformemente grigio,
le montagne dietro le nuvole, i boschi più scuri e,
da una catasta di legna, schizzar via lo scricciolo.
Il suo campanellino d’argentoti dirà prossima la prima neve.

(Mario Rigoni Stern, Stagioni) [1]

A partire da qualche decennio gli studi letterari si sono sviluppati nella direzione di uno sguardo attento al rapporto tra essere umano e natura, valutata questa nelle sue risorse e come patrimonio da proteggere. Il presupposto teorico del metodo interpretativo diffuso nel contesto nordamericano con il nome di ecocriticism, eco critica [2]e sviluppatosi in una prospettiva in parte diversa e autonoma in ecologia della narrazione in Italia e in Europa [3], è  fondato sulla concezione di una permeabilità tra ambiente e cultura. Tra loro esiste una relazione di reciproca influenza e la letteratura può svolgere la funzione di stimolo per evocare i valori legati a questa reciprocità [4].  Ne deriva una tendenza della critica orientata a un’osservazione delle relazioni tra letteratura e natura nell’ottica di un impegno civile e culturale di un agire per l’ambiente  [5].  In ambito educativo, questo orientamento consente di sostenere che i testi letterari, se letti e interpretati in maniera ecologicamente consapevole [6], possono contribuire allo sviluppo di un’idea di etica ambientale.
L’interesse della recente ermeneutica non è soltanto quello di cercare le tracce di una dimensione ecologica nella produzione letteraria o di applicare un metodo d’interpretazione ecologico ai testi letterari, ma anche quello di ricercare e comprendere gli effetti della letteratura sull’ecosfera [7]. Ciò implica la volontà di partire anche dalla letteratura per sviluppare una riflessione sulla condizione umana. Il dibattito non riguarda dunque soltanto la teoria letteraria ma coinvolge il problema di quale funzione debba o possa assolvere la letteratura in una realtà di crisi ambientale che ha dato origine ad attività di ricerca in campi diversi, soprattutto in ambito scientifico, mentre il contributo della letteratura agli studi di taglio interdisciplinare sull’ambiente è ancora limitato [8].
Nell’ambito della teoria letteraria e, in particolare dei metodi di analisi, le dimensioni fondamentali caratterizzanti le opere di narrativa, così come si insegna in genere nella scuola, sono: la trama, il personaggio, il tema/i temi, i modi della narrazione, il tempo e lo spazio, il punto di vista. La dimensione spazio temporale, a differenza delle altre che vengono variamente declinate e approfondite, rimane la meno teorizzata e viene intesa prevalentemente come lo sfondo della storia, lo scenario di base reale o immaginato presente nel testo [9].

Nei più recenti studi critici, l’insieme delle questioni connesse ai rapporti tra letteratura ed ecologia costituisce un ambito così ampio di riflessione - con posizioni differenziate e in continua evoluzione su temi chiave dell’etica ambientale - che avrebbe bisogno, per essere analizzato in modo adeguato in tutte i suoi aspetti e le sue implicazioni, di uno spazio di riflessione ben più di quello disponibile in questa sede. Si rimanda, pertanto, ai riferimenti bibliografici per un approccio d’insieme alla problematica, e ci si limita qui a una proposta didattica di lettura e analisi di alcune pagine di Mario Rigoni Stern: esse ci appaiono di particolare intensità circa il rapporto tra narrazione e ambiente, inteso come contenitore delle vicende e non solo come sfondo necessario all’ambientazione delle vicende narrate.

Nella scelta delle pagine letterarie si è tenuto conto delle indicazioni metodologiche suggerite da Lawrence Buell [10],  il quale parte dal presupposto che nella interpretazione dei testi letterari si prestano in modo particolare a essere analizzate dall’ecologia letteraria le narrazioni nelle quali si intersecano almeno quattro tipi di componenti ambientali:

  1. il paesaggio fisico rappresentato dall’autore che riguarda l’ambientazione (il luogo in cui si svolgono gli eventi narrati) e i modi della rappresentazione, vale a dire come “è rappresentata nel testo l’interdipendenza tra gli esseri umani e l’ambiente fisico” [11];
  2. il paesaggio implicito dell’autore, deducibile dalla sua dimensione esistenziale (la vita, le opere) e che si esprime nel tipo di legame con il luogo descritto (con radici profonde, diasporico ecc.);
  3. la eventuale presenza, sottesa nel testo, di forme intertestuali e culturali di più antica tradizione e la misura in cui l’autore fa consapevolmente riferimento a tali narrazioni;
  4. la quarta coordinata ambientale è data dalla ricezione, vale a dire dal rapporto tra testo e lettori, in particolare tra la storia e l’etica dell’ambiente che i lettori portano come consapevolezza nella lettura. Una stessa opera può essere letta con intenti e interessi differenti in periodi storici diversi.

In tal senso, alcune pagine di Rigoni Stern tratte da Stagioni (1990), sono paradigmatiche di un punto di vista ecoletterario in quanto le storie degli uomini e i ritmi della natura camminano di pari passo, stagione dopo stagione: 

Erano belle le sere estive con la luna sopra i tetti. Quando Gigi smetteva di suonare con la cornetta le parti tenorili di qualche opera di Verdi. Mi pareva di sentire le stelle e invece erano i grilli sui prati. Allora le voci del paese e della natura intorno, gli odori, i rumori, le nuvole e le luci avevano chiaro riferimento con la vita e seguivano le stagioni dei nostri giuochi e del lavoro degli uomini [12].

E l’avvicendarsi delle stagioni è scandito dalla presenza degli abitanti del bosco, in questo caso lo scricciolo, il re delle siepi, che comunica con il suo richiamo l’arrivo della neve:

A segnalare l’arrivo dell’inverno, da sempre, è per primo lo scricciolo che si avvicina alle case degli uomini.   È il più piccolo degli uccelli europei, un batuffolo raccolto di piume brune con fini striature più scure e una piccola e breve coda sempre portata all’insù. Il suo richiamo è come un leggero tocco di un campanellino d’argento: è con questo che chiama la neve. Il suo nome lo denota così antico che certamente la sua presenza faceva compagnia agli uomini dell’età della pietra: Troglodytes troglodytes; da noi in cimbro lo chiamiamo rasetle che vuol dire nervosetto o, anche, furiosetto; per i tedeschi è Zaunkönig : re delle siepi.
Arriva dal bosco a fine novembre o a dicembre, si fa vedere e sentire furtivo e domestico tra le cataste di legna dove s’introduce alla ricerca di ragni o mosche. Così lo ricordo sin dalla mia lontana infanzia e subito, dopo di lui, giungerà puntuale la neve dai monti a nord: leggera e secca, uno spolverio su boschi e case; ma se da est, abbondante da bosco a bosco a coprire le erbe secche e il muschio, i cespugli, vestendo di bianco gi alberi: tutto diventerà nuovo, irreale e misterioso [13].

I suoi racconti, percorsi da un rispetto quasi sacrale della natura, ci parlano di luoghi e paesaggi densi di storia e di ricordi personali nei quali è ancora forte la presenza di riti e di antiche tradizioni locali:

 Favole e leggende raccontano di grossi animali e persino di bambini portati via in volo da avvoltoi grifoni e aquile. Sono belle fantasie: solo le aquile riescono a predare un piccolo di capriolo, di camoscio […] [14]

La descrizione dei luoghi e degli ambienti naturali, sia quelli del passato ancora vivi nella memoria e sia quelli nei quali si è immersi nel quotidiano, è accompagnata dalla consapevolezza che si tratta di una dimensione esistenziale ancora vivibile ma sempre più difficile da conservare e che, per questo motivo, rischia inesorabilmente di scomparire.

Nella nota introduttiva al volume Uomini, boschi e api (1980) lo stesso autore scrive:

Natura, ecologia, parchi naturali, paiono parole riscoperte e di moda: ovunque se ne fa un gran parlare; e certe volte, appunto perché di moda, con poca cognizione e a sproposito. Ma questo argomento è tanto importante e serio che meriterebbe da parte di tutti la massima attenzione, al pari dei grandi problemi che investono il nostro tempo. […] E tutto semplicemente perché la natura non è una risorsa illimitata, e quando sarà consumata scomparirà la vita; l’aria, l’acqua, la terra non sono risorse infinite [15].

E continua l’autore nella Nota:

Scrivo di luoghi paesani, di ambienti naturali ancora vivibili, di quei meravigliosi insetti sociali che sono le api, ma anche di lavori antichi che lentamente e inesorabilmente stanno scomparendo. Almeno qui, nel mondo occidentale […]. I brevi racconti di questo libro non parlano di primavere silenziose, di alberi rinsecchiti, di morte per cancro, ma di cose che ancora si possono godere purché si abbia desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza per osservare. Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall’autunno sui cigli delle rocce, il guizzare dei pesci tra le acque chiare dei torrenti e le api raccogliere il nettare dai ciliegi in fiore.

Per rievocare i grandi eventi della storia recente e per raccontare le vicende personali in un succedersi scandito dal trascorrere dei mesi e delle stagioni, Rigoni Stern sceglie la narrazione breve, a seguito della scoperta, come nota Paolo Cognetti, che “gli piaceva la misura del racconto: la brevità si adattava bene alla memoria, alle storie ricordate o ascoltate camminando, e ai fatti della vita quotidiana. [..] imparava a usate una lingua giusta, quella in cui ogni albero e animale hanno il loro nome, lingua che nomina ogni cosa ed è, a ben vedere, la lingua dei naturalisti ma anche la lingua dei poeti” [16].

In uno dei racconti della raccolta L’urogallo, il fagiano di monte e la pernice bianca [17]Rigoni Stern condensa in una perfetta sintesi il senso della sua scrittura: l’osservazione della natura con uno sguardo che oscilla tra un profondo e radicato attaccamento all’ambiente naturale e una amara consapevolezza dei cambiamenti in atto, forse irreversibili:

Ora le montagne sono più belle; belle soprattutto per il silenzio e il cielo dove lontano si vedono altre montagne. Ma subito un senso d’amarezza viene a guardarle da vicino a vedere sulla neve di tanti inverni depositato quello strato giallo e grasso, quasi un unto naftoso, che si scopre dopo che il sole estivo ha fatto la sua parte: anche nell’aria delle alte quote sono arrivate le scorie delle combustioni energetiche. Insomma, a mano a mano che crediamo di scoprire la natura ci si accorge invece che stiamo rovinandola: nei nostri boschi il calpestio di tanti piedi rovina il suolo generatore e di conseguenza il rinnovo del sottobosco e della foresta [18].

Il legame con la natura in Rigoni Stern si fonda sulla capacità di osservazione, che diventa quasi di fusione con l’ambiente circostante, come risulta evidente dall’uso ripetuto e insistito in Uomini, boschi e api del verbo osservare, per esempio nelle espressioni: “volontà di camminare e pazienza per osservare; …dove era più facile osservare; …mi chinai ad osservare; …potei osservare quella grande e meravigliosa creatura; …stavo su un tetto ad osservarli; …osservare poi vuol dire vedere attivamente; ….dopo aver osservato con gioioso stupore; …restai immobile a osservarla;  …chi studia e osserva le cose della natura”, ecc.
A questo proposito Erri De Luca scrive:

ricorre il verbo osservare, parola d’ordine per essere ammesso sulla soglia della natura […]. Chi osserva, chi ascolta, sta fermo, zitto e a sensi spalancati. È predisposizione allo stupore. Queste pagine all’aria aperta aiutano a guardare meglio fuori. Si dice che la natura sia un libro aperto. Al contrario è un libro sigillato. Se non distinguo un larice da un abete non so guardare un bosco, meno ancora leggerlo. Ci vogliono le storie a spalancare gli occhi, a dare alla vista la più alta definizione. Avventure di api, cani, lepri, corvi, volpi, caprioli: non sono favole, ma cronache [19].

La scrittura letteraria, come ci attestano le parole di De Luca, in veste di lettore appassionato dell’opera di Stern e degli “scrittori di arie aperte, Cervantes, Conrad, Condon”, può aiutare a meglio mettere a fuoco quanto ci sta intorno e a coglierne problemi e implicazioni, nell’ottica di un maggiore impegno politico-culturale rispetto alla funzione anche didattica della letteratura, per  potenziare una coscienza critica del rapporto tra essere umano e ambiente, fondato sulla lettura e analisi di testi significativi.

 Note

  1.Cfr. M. Rigoni Stern, Autunno, in Stagioni, Einaudi, 2006, p.139.
2. Cfr.  Serenella Iovino, “Ecocritica: teoria e pratica”, in Ecocritica, La letteratura e la crisi del pianeta, a cura di Caterina Salabè, Donzelli Editore, 2008.
3. Cfr. Niccolò Scaffai, Letteratura e ecologia, Forme e temi di una relazione narrativa, Carocci editore, 2017, p.13.
4. 
Cfr, S. Iovino, op. cit., p. 17.
5. 
Cfr. Serenella Iovino, Introduzione, in Ecologia letteraria, Edizioni Ambiente, 2006, p.15.
6.Cfr. S. Iovino, 2008, p.18.
7. 
Cfr. Caterina Salabè (a cura di), op.cit., p. XIV
8.
Cfr, Lawrence Buell, “La critica letteraria diventa eco”l, in Caterina Salabè (a cura di), op. cit. pp.3-15.
9.
Id., p. 9.
10. Id, pp.6-8
11. Id. p.6
12. 
Id.  Estate, p. 68.
13. Id. Inverno, in Stagioni, p. 14.
14. 
Id.  Inverno, p. 28.
15. Cfr. Mario Rigoni Stern, Nota all’edizione tascabile, in Uomini, boschi e api, Einaudi,1998, p.8
16. Cfr. Paolo Cognetti, Introduzione, in Mario Rigoni Stern, Il bosco degli urogalli, Einaudi2018, p. X
17. Id., pp.84-94
18. 
Id. p.91.
19. Erri De Luca, Introduzione in Mario Rigoni Stern, Uomini, boschi e api, Einaudi. Edizione del Kindle, p.5.

 

 

 

Di che cosa parliamo

 

(ri)dare forza a parole già dette. La narrativa italiana e straniera cui riferirsi per parlare di scuola è affollata di esempi tuttora letti  rispetto ad altri a torto dimenticati. Lo spazio della mia I/stanza non vuole essere una retrospettiva e neppure una trincea nostalgica, ma intendo parlare di scuola e di educazione attraverso la (ri)lettura di pagine (di letteratura e non) a partire dalle riflessioni o dalle emozioni già “fissate” in un testo, per cercarvi corrispondenze, risposte, stimoli, suggestioni e altro ancora rispetto agli interrogativi sull’educazione e la società di oggi. Pagine godibili, ancora capaci di generare un rapporto empatico con il lettore, ora come semplici elementi di “cornice”, ora perché essenziali allo sviluppo di una narrazione.

L'autrice


Come insegnante nei licei, si è occupata di didattica del latino e dell’italiano. In molte attività di formazione ha collaborato a lungo con Università, Istituti  di ricerca, Associazioni di insegnanti, scuole e reti di scuole. Ha svolto attività di  ricerca presso l’INVALSI coordinando progetti in ambito nazionale e internazionale sulla valutazione degli apprendimenti e sulle competenza di lettura e scrittura.  È autrice di numerosi articoli e saggi su riviste specializzate;  di monografie, di testi scolastici e di ricerca didattica nell’editoria diffusa; di rapporti di ricerca.