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di Lina Grossipagine dimenticate

31/03/2017

Una scrittura e una storia di vita: le lettere di Paolina Leopardi

Io non ho riso mai appunto perché non mi sono contentata di ridere solamente: io voglio ridere e piangere insieme: amare e disperarmi, ma amare sempre, ed essere amata egualmente, salire al terzo cielo, poi precipitare - ed io sono veramente precipitata.
                                                 (Paolina Leopardi) [1]

Nei ricordi scolastici di molti Paolina Leopardi è una figura nota e ricordata per l’affetto che la lega al celebre fratello maggiore e per essere colei a cui è dedicata la canzone Nelle nozze della sorella Paolina [2], composta all’annuncio delle sue nozze, poi annullate [3]. Sull’intensità e la reciprocità del legame con il fratello è data ampia testimonianza dalla corrispondenza costante negli anni, di cui è traccia sia nelle prose private di Giacomo Leopardi, raccolte nell’Epistolario [4], sia nelle lettere che ci sono state tramandate di Paolina. Oltre che un intenso legame affettivo, dalle lettere scritte spesso in risposta ad altre ricevute da Paolina, emerge una sintonia e una affinità di sentire, come in questa:

Cara Paolina; La tua lettera m’è stata molto gradita, come sempre mi saranno quelle che mi scriverai; ma mi dispiace pur molto di sentirti così travagliata dalla tua immaginazione.[…] Vorrei poterti consolare, e procurare la tua felicità a spese della mia; ma non potendo questo, ti assicuro almeno che tu hai in me un fratello che ti ama di cuore, che ti amerà sempre, che sente l'incomodità e l'affanno della tua situazione, che ti compatisce, che in somma viene a parte di tutte le cose tue” (Ep. 28 gennaio 1823).

Similmente nella vita e negli scritti di Paolina lo spazio emotivo e la disponibilità verso il fratello, anche a livello di sostegno pratico, sono un tratto ricorrente, come in queste parole:

Ti ringrazio con tutta la vivacità del mio cuore delle notizie che mi dai di Giacomo, ma io spero che a quest' ora lo avrai veduto; e bene! dimmi che te ne pare, dimmi come lo hai trovato, se più emaciato del solito, se più malinconico, se soffre molto, se ci vuol più bene, se pensa mai a noi.” (“Lettera ad Anna Brighenti”, 23 giugno 1833).

L’Epistolario di Giacomo Leopardi e il denso carteggio privato di Paolina [5]  offrono la possibilità di conoscere più in profondità e con sguardi incrociati la famiglia Leopardi e di inquadrare in una prospettiva più ampia la realtà storico culturale in cui entrambi vivono, con intensa sofferenza e con sentimenti a volte fortemente empatici, come emerge da questo frammento:

 “Fra gli altri motivi che hanno renduto cosi triste la mia vita e che hanno disseccato in me le sorgenti dell'allegrezza e della vivacità, uno è il vivere in Recanati, soggiorno abbominevole ed odiosissimo; un altro poi è l'avere in Mamà una persona ultra-rigorista, un vero eccesso di perfezione cristiana, la quale non potete immaginarvi quanta dose di severità metta in tutti i dettagli della vita domestica. Veramente ottima donna ed esemplarissima, si è fatta delle regole di austerità assolutamente impraticabili, e si è imposti dei doveri verso i figli che non riescono loro punto comodi” (“a Marianna Brighenti”, 28 maggio 1830).

Ma non è soltanto per il legame, senz’altro centrale nella vita di lei, con il fratello Giacomo e neppure per la cura attenta dedicata agli scritti e alle memorie di lui, che Paolina merita attenzione. La sua figura nel panorama storico-culturale della sua epoca è infatti espressione del difficile cammino percorso da una donna, colta e animata dalla passione per lo studio e la scrittura, ma vincolata da costrizioni familiari e sociali, la quale vive lacerata dal dissidio tra desiderio e realtà da cui la sua esistenza rimane segnata. La singolarità della sua figura e la nitidezza della sua scrittura, caratterizzata da uno stile denso, spigliato, a tratti arguto e ironico, sono motivi per leggere il suo carteggio e ricostruire la sua fisionomia dando valore al suo vissuto, ai suoi pensieri, alla sua scrittura. Per questo aspetto, infatti, Paolina può ritenersi figura rappresentativa delle non poche figure femminili colte che si affacciano più o meno consapevolmente alla scrittura agli albori dell’Ottocento [6].

L’(Auto)ritratto con lettere di Paolina Leopardi, costruito attraverso un montaggio di dati epistolari, contenuto nel volume di lettere inedite [7], fornisce una biografia di questa figura femminile per una serie di aspetti emblematica di una data epoca e di una data condizione esistenziale - è esponente di una famiglia della piccola nobiltà di una lontana provincia dello Stato della Chiesa nell’epoca della Restaurazione - per altri del tutto singolare. Si trova infatti a vivere in una situazione di isolamento e di marginalità sociale a causa della rigidità delle regole familiari, forse maggiore di quella di altri destini femminili coevi, mentre ha il vantaggio di una frequentazione assidua con i libri e la cultura, e con la fama del fratello.

“Il mio destino mi fa orrore, cosa ci vuoi fare, Nina mia? omai non si può più cambiare, ed è lungo tempo che io sapevo di essere nel numero copiosissimo di quelli, di cui la vita non consiste più che in desiderii, in speranze destinate a non compiersi mai - pure, potrei dire - contra spem credidi - ma mi sono ingannata, crudelmente ingannata, e questo pensiero mi rende malinconica, e questa malinconia mi fa piangere - poi io mi vergogno del pianto, e dico che la vita è breve: ma come posso dirlo, se i giorni per me sembrano secoli? E non deve essere cosi, quando in ogni giorno dell'anno al mio destarmi non vedo avanti gli occhi un sol minuto di questo giorno che mi prometta una sensazione piacevole, nemmeno uno? Oh io lo dico sempre, che sfido chiunque, anche di un animo il più ottuso, il più privo di sentimenti vivaci, che sia capace di vivere questa mia vita per una settimana sola, e pure io non sono intesa, no, non lo sono; ah si, hanno ragione, è vero! Io ho da mangiare quanto voglio, da dormire quanto voglio, posso lavorare e non lavorare se mi piace: non sono innumerabili quelli che si chiamerebbero felicissimi se potessero fare questa mia vita? Dunque sono io che non mi contento mai, che ho dei desideri insaziabili (poiché il mangiare e il dormire non mi contenta), che formo l’infelicità mia, e l’altrui. È vero, io non me ne ero accorta! Se io potessi cambiare questa mia testa e questo mio cuore con la più sciocca testa ed il più freddo cuore che fosse al mondo, lo farei volentieri, e certo sarei allora più felice e più lieta”. (“Lettera ad Anna Brighenti”, 14 Aprile 1832).

Paolina Leopardi, come attestano studi recenti condotti su di lei [8], ha una vasta cultura che le consente di essere “buon copista” degli scritti del fratello, è un’abile traduttrice dal francese, redattrice e collaboratrice della “Voce della Ragione” e di altre Riviste, lettrice avida e attenta di più di duemila volumi con particolare interesse per i romanzi francesi (in particolare per Stendhal) e per gli scritti di Madame del Staël (in particolare il romanzo italiano Corinne ou l’Italie), appassionata di musica (è lei a scrivere una delle più interessanti biografie di Mozart, pubblicata anonima nel 1837).

Nei frammenti di lettere riportati di seguito emergono tracce dei suoi interessi e della grande vivacità intellettuale, oltre che del desiderio inappagato di conoscere altri mondi, altre realtà, che percorre gran parte dei suoi scritti a cui la comunicazione epistolare sembra fornire un qualche sollievo.

“Lessi la vita di Mozart in francese, una volta, e la ridussi in Italiano; poi ad una signora che mi chiedeva qualche cosa da fare un libretto in occasione di nozze, diedi quella, poi la censura di costì ne tolse i più piccanti pezzi e mi fece gran rabbia; la nipote di Mozart che trovavasi in Bologna ne volle copia da mio fratello e se la portò in Germania”. (“Lettera ad Anna Brighenti”, 18 luglio 1838).

E inoltre:

“La tua cara lettera mi divertì assai, come puoi credere, per i tuoi racconti e per la grazia e lo spirito con cui li fai; se tu mi desideri teco per dividere le sensazioni che le sublimi cose di costì ti fanno provare, figurati cosa ne sarebbe di me in compagnia tua, ed in un paese come codesto dove ogni passo inspira ammirazione ed entusiasmo, ove si vive una nuova vita, secondo quello che tutti dicono.
La sola cosa che debba temersi in Roma è la stanchezza dell’ammirazione, come dice Stendhal, ed io lo credo bene, ma per guardarsi da questa stanchezza forse gioverà il calare gli sguardi sul popolo che abita questa Roma per alzarli poi con più coraggio sopra le sue magnificenze.
Hai letto mai Corinna? Se non l’hai letta, ti sei privata certo di un gran piacere. Quella lettura raddolcirebbe le tue idee sull’unione che vedi del sacro col profano: madama di Staël non se ne meraviglia punto, e sotto la sua deliziosa penna tutto prende un aspetto incantevole. Siccome questo libro è il mio libro favorito (come lo sono tutte le opere di questa celebre donna) così vorrei che fosse anche il tuo…” (“Lettera a Marianna Brighenti”, il sabato santo 1832).

Paolina non bella, malinconica e consapevole della propria condizione di costrizione e isolamento, con una di una vena di amara ironia, scrive di sé all’amica che le chiede un ritratto:

Marianna mia, ti è venuta la fantasia di avere il mio ritratto? Hai ragione che non ti posso negare nulla, perché se sapessi! Mia madre non fece tempo a sacrificare alle grazie prima di partorirmi; gràvida di 7 mesi cadde dalle scale, ed io mi affrettai tosto di uscire fuori per godere di questo bel mondo, di cui ora mi affretterei di uscire se potessi. Confesso dunque a te, mia diletta, e a Nìna, che P. Leopardi non è grande assai, non è grassa, non ha carnagione bianca, non ha capelli biondi, non ha occhi bianchi, non ha viso lungo, non ha bocca grande, non ha naso lungo - anzi il naso, ah ! o forse per la fretta di uscir fuori, o perché mamà aveva cattivi modelli innanzi agli occhi ( come dice), il mio naso ha della rassomiglianza con quello di Rosselane a tempo di Solimano secondo. Vedi che con tanti negativi non è cosa troppo gustosa il fare il proprio ritratto ; ma tu lo hai voluto; sia fatta la volontà tua!” (“Lettera a Marianna Brighenti”, settembre 1831).

L’amicizia della Leopardi con Marianna Brighenti, e la sorella di questa, Anna, dura inalterata per decenni, dal 1829 al 1869, e il denso carteggio rappresenta uno dei pochi conforti nell’isolamento di Recanati al quale riesce a sottrarsi soltanto non più giovane, dopo la scomparsa della madre Adelaide. A cinquantasette anni, quando si trova infatti ad amministrare in prima persona i beni di famiglia, la Leopardi decide di abbandonare l’esasperato rigore economico al quale era stata costretta e di cambiare stile di vita: dedica maggiore attenzione alla casa e agli arredi, trasforma e arricchisce il guardaroba personale, riuscendo ad esprimere un aspetto di sé rimasto in ombra, come attesta questo frammento risalente ad anni addietro:

“Dimmi un poco come si portano in quest’anno i mantelli, cioè di quale forma sono, con qual guarnizione ecc. Finora il giornale delle mode non ne ha parlato, ma il freddo non vuole che si attenda più oltre. Marietta Antici se lo è fatto nuovo, e mi pare che mi abbia detto che precisamente devono essere come quelli degli uomini, con il bavaro ecc.” ( “Da Lettera a Vittoria Lazzari”, 28 ottobre 1826).

Si dedica poi soprattutto ai viaggi animata, al pari del fratello Giacomo, da un inappagato “desiderio vedere il mondo”. Conosce finalmente di persona le due sorelle con cui da anni mantiene un corrispondenza epistolare, visita i luoghi che le sono cari per ragioni affettive, realizzando il desiderio di “respirare l’aria di Napoli” e di soffermarsi sulla tomba del fratello, si trasferisce a Pisa la città da cui il fratello le aveva scritto di essere rimasto incantato. (“Lettera a Paolina”, 12 novembre 1827).

Per concludere, non si può non rimarcare un aspetto fondante della personalità di Paolina Leopardi a cui è stata data attenzione nel convegno a lei dedicato  [9]:  la sua funzione di lettrice, che trova nell’esercizio della lettura una passione intellettuale e una consolazione al “travaglio dell’immaginazione”.

Suggerimento didattico

 

L’idea di ricercare il filo della storia umana e intellettuale di Paolina Leopardi attraverso le sue letture è senz’altro suggestiva e può trovare attuazione tramite uno studio mirato di tutta la documentazione su di lei (diari, appunti di lettura ecc), della sua libreria (i libri da lei acquistati presenti nella Biblioteca Leopardi), delle sue preferenze (autori e autrici preferiti) ecc.

In ambito didattico – si riporta qui un’esperienza già condotta in classi di scuola secondaria di secondo grado – si suggerisce di far realizzare agli studenti una scrittura autobiografica attraverso la narrazione del percorso di letture personali (libri, fumetti, graphic novel, ecc.), con la motivazione delle scelte e l’espressione delle preferenze.


 

 

Note

1. Da “Lettera ad Anna Brighenti”, 13 luglio 1831.
2. Più che di un epitalamio si tratta di una esortazione a Paolina, e alle donne italiane in genere, come scrive W. Binni, a contrastare la decadenza italiana attraverso un’educazione volta a conservare il “natio vigore” delle nuove generazioni.
3. Scrive Giacomo Leopardi: “Voleva, e ciò (lo confesso) per consiglio mio e di Carlo, fare un matrimonio alla moda, cioè d’interesse, pigliando quel signore ch’era bruttissimo e di niuno spirito, ma ... stimato ricco. S’è poi veduto che quest’ultima qualità gli era male attribuita, e il trattato ch’era già conchiuso è stato rotto” (“Lettera a Pietro Giordani”, 1 febbraio 1823).
4. Il rimando è qui alle Lettere raccolte e ordinate da Prospero Viani, reperibili sul sito dedicato all'Epistolario di Giacomo Leopardi; l’epistolario comprende 546 lettere delle quali 50 indirizzate a Paolina.
5. Le Lettere di Paolina Leopardi “a Marianna” e “Anna Brighenti”, pubblicate da Emilio Costa, Parma, 1887, sono reperibili a questo indirizzo internet.
6.  Cfr. Novella Bellucci, Paolina. La storia, il destino, in Paolina Leopardi : atti del Convegno di studi (Recanati, 24-26 maggio 2001 ), a cura di Elisabetta Benucci, ETS, 2004, pp.15-34.
7. Giampiero Ferretti (a cura di), Lettere inedite di Paolina Leopardi, Introduzione di Franco Fortini, Bompiani, 1979, pp.138-164.
8.  Tra gli eventi più recenti, il convegno realizzato a Recanati, 24-26 maggio 2001, nel corso del quale sono stati affrontati molteplici aspetti della complessa personalità e della vasta cultura di Paolina Leopardi. I contributi sono raccolti nel volume: a cura di Elisabetta Benucci, Paolina Leopardi: atti del Convegno di studi (Recanati, 24-26 maggio 2001), ETS, 2004.
9. Cfr. il contributo di Novella Bellucci al convegno 2001.

Credits


Immagini tratte dal sito di Casa Leopardi
 

 

 

 

 

 

Di che cosa parliamo

 

(ri)dare forza a parole già dette. La narrativa italiana e straniera cui riferirsi per parlare di scuola è affollata di esempi tuttora letti  rispetto ad altri a torto dimenticati. Lo spazio della mia I/stanza non vuole essere una retrospettiva e neppure una trincea nostalgica, ma intendo parlare di scuola e di educazione attraverso la (ri)lettura di pagine (di letteratura e non) a partire dalle riflessioni o dalle emozioni già “fissate” in un testo, per cercarvi corrispondenze, risposte, stimoli, suggestioni e altro ancora rispetto agli interrogativi sull’educazione e la società di oggi. Pagine godibili, ancora capaci di generare un rapporto empatico con il lettore, ora come semplici elementi di “cornice”, ora perché essenziali allo sviluppo di una narrazione.

L'autrice


Come insegnante nei licei, si è occupata di didattica del latino e dell’italiano. In molte attività di formazione ha collaborato a lungo con Università, Istituti  di ricerca, Associazioni di insegnanti, scuole e reti di scuole. Ha svolto attività di  ricerca presso l’INVALSI coordinando progetti in ambito nazionale e internazionale sulla valutazione degli apprendimenti e sulle competenza di lettura e scrittura.  È autrice di numerosi articoli e saggi su riviste specializzate;  di monografie, di testi scolastici e di ricerca didattica nell’editoria diffusa; di rapporti di ricerca.