Genere: Drammatico
Regia: François Ozon
Sceneggiatura: François Ozon
Interpreti : Pierre Niney, Paula Beer, Ernst Stötzner, Marie Gruber, Cyrielle Claire, Anton von Lucke
Montaggio:
Musiche:
Fotografia:
Produzione: Francia, Germania, 2016
Una storia individuale nella storia collettiva
Il film è basato sulla trama del testo teatrale L’homme que j’ai tué scritto a circa dieci anni dalla fine della Grande guerra, nel 1930, da Maurice Rostand (1891-1968), originariamente in forma di romanzo. Ozon non è stato il primo a portare al cinema l’opera di Rostand, perché già nel 1932 era uscito Broken Lullaby, il film di Lubitsch (il regista di Ninotchka, 1939; To be or not to be, 1942) tratto appunto da Rostand. Come se fosse stato prodotto anch’esso negli anni fra le due guerre (essendo ambientato nel 1919) anche Frantz è girato tutto in bianco e nero, tranne alcune scene immaginate o ricordate dai personaggi. Il titolo è il nome del tedesco Franz ucciso in guerra, presentato nella grafia francese (“Frantz”), come per indicare l’accento del regista per l’appunto francese. La produzione del film è franco-tedesca e i dialoghi spesso nelle due lingue.
Ozon apre il racconto con una scena ambientata in una cittadina tedesca nel 1919, al termine della Grande guerra, in cui la Germania aveva riportato una pesante sconfitta: la giovane Anna, durante la sua abituale visita e cura della tomba del suo fidanzato (Frantz), ucciso, come tanti altri, durante il conflitto bellico, incontra uno sconosciuto giovanotto, misteriosamente intento anche lui a portare fiori freschi sulla lapide funeraria dello stesso defunto.
Costui in seguito si presenta alla porta dei genitori di Frantz, presso i quali vive Anna, dopo la morte del loro figlio. Il padre di quest’ultimo, un medico, scoprendo che si tratta di un francese, cioè di un esponente della nazione nemica della Germania gravemente sconfitta e come tale rappresentante di chi gli ha ucciso il figlio in guerra, rifiuta di curarlo e non vorrebbe neanche riceverlo.
Accetta però poi di ascoltarlo quando il giovane francese, di nome Andrien, si mostra addolorato per la fine tragica del fidanzato di Anna, dicendo di essergli stato amico intimo a Parigi prima della guerra. Egli racconta ai genitori episodi di condivisioni e soprattutto gusti artistici e musicali (lui stesso è di professione un violinista) in piena sintonia nel corso di tale amicizia. L’affetto reciproco è ricordato con tale rimpianto, non certo minore di quello dei genitori e della fidanzata, da far sospettate una attrazione omosessuale (che però viene esplicitamente esclusa).
Adrien frequenta per giorni la famiglia dell'amico tedesco defunto e fa amicizia con Anna, arrivando a confessarle il suo segreto, proprio sulla tomba (inevitabilmente vuota, date le circostanze belliche della morte) di Frantz, con l’impegno di non rivelarlo ai genitori. Ma durante il suo soggiorno in quella cittadina tedesca il francese è guardato da molti abitanti con l’odio verso il nemico, ritenuto responsabile delle morti dei propri cari nella guerra terminata da poco. Qui non riveliamo il segreto di Adrien per lasciare la sorpresa agli spettatori, ma diciamo che Anna, nonostante tutto, si innamora di lui, tanto da addolorarsi quando improvvisamente, senza alcun avviso, egli scompare. Gli stessi genitori di Frantz, vedendo che la ragazza si sta ammalando (ha tentato un suicidio) per questa seconda perdita di un amore, la spingono a recarsi a Parigi in cerca di Adrien o almeno di notizie su di lui.
A questo punto incomincia una specie di secondo tempo della storia, in cui si ha quasi l’impressione di vedere un altro film. L’ambientazione si sposta a Parigi, dove in un bistrot Anna, sola tedesca, assiste in sofferto silenzio al patriottismo francese contro i tedeschi, festeggiato con un coro della Marsigliese che suona come una minaccia contro i popoli nemici. Soprattutto emerge, però ora sempre più in primo piano, il mistero della scomparsa di Adrien, attraverso l’indagine in cui si impegna e si concentra Anna basandosi sulle poche tracce di cui dispone a riguardo. Una di queste, che la spaventa come indizio, è l’opera di Édouard Manet al Louvre, Le Suicidé (1887), troppo spesso citata da Adrien, rivelando di aver provato una intrigante attrazione per questo quadro.
Intanto, attraverso la sua difficile ricerca, la fräulein conosce Parigi e familiarizza con la cultura francese. Così, quando, pur avendo ritrovato Adrien, scopre l’impossibilità di costruire una vita con lui (qui la narrazione svicola dal tema principale in colpi di scena romanzeschi), Anna scrive ai genitori di Frantz la sua decisione di rimanere a lavorare a Parigi, nella quale ormai si è felicemente ambientata, mentendo a proposito delle sue disillusioni. Ma nell’ultima scena Anna, di nuovo davanti a Le Suicidé, al Louvre, viene avvicinata da un altro francese ugualmente interessato da quel quadro. Forse da qui potrebbe ricominciare un’altra simile storia?
Temi diversi si rincorrono nel film
Il tema di cornice è quello, mostrato fin dalle prime scene, delle drammatiche conseguenze di una grande guerra, cruenta come quella del 1914-1918, in cui sono morti precocemente molti giovani, con l’interruzione dei loro promettenti destini e tanto dolore da parte dei rispettivi congiunti, amici, amori. Ozon mette anche in evidenza, accanto alla sofferenza per la perdita di un figlio o di un fidanzato, quel senso di colpa che tormenta i reduci più sensibili per aver dovuto uccidere dei giovani durante l’atrocità della battaglia. Per questi aspetti il film si iscrive tra le opere di argomento pacifista. Ma, sia rappresentando la difficoltà che hanno le persone delle nazioni avversarie a incontrarsi senza odio dopo la guerra, sia introducendo i canti patriottici intonati rispettivamente in un caffè tedesco e in uno francese, Frantz sottolinea anche come nel 1919 la proclamazione della pace non avesse spento, ma anzi rinfocolato i nazionalismi in Europa (e noi oggi infatti sappiamo quali terribili sviluppi erano impliciti in tutto questo).
Nello stesso tempo però, come viene raccontato anche in altre opere narrative, letterarie e cinematografiche (per esempio si veda la scena della solidarietà umana di un Natale al fronte in Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu, 1938, e nel relativo film Uomini contro di Francesco Rosi, 1970), l’incontro a livello personale tra individui, pur appartenenti a schieramenti nemici, può far svanire completamente ogni rivalità bellica sotto la spinta del bisogno umano di amicizia o d’amore. Anna infatti riesce a perdonare chi ha ucciso in guerra il suo fidanzato, fino a innamorarsene, cioè a trasferire sul francese i sentimenti che aveva per il connazionale Franz.
Ma nel corso del suo sviluppo la narrazione fa emergere ambiguamente altri temi dei quali il principale riguarda il personaggio di Adrien. Anche se nulla viene mai esplicitato, si avverte nella sua sensibilità, e in parte nel suo misterioso comportamento riluttante con una donna chiaramente innamorata come è Anna, una taciuta e repressa tendenza omosessuale. Non è da escludere l’impronta della sensibilità speciale del regista, gay come lo era lo scrittore del testo teatrale L’homme que j’ai tué , al quale Ozon si è ispirato. Fin dall’inizio gli atteggiamenti e le espressioni di Adrien risultano ambigui, ma nelle scene finali si comprende meglio che il suo vero segreto è di aver proiettato nel lutto per l'uccisione di Frantz quello sofferto per la repressione della omosessualità, alla quale si costringe per non dare un dispiacere alla madre altoborghese perbenista. Viene raccontato così quell’ impercettibile disorientamento sentimentale descritto magistralmente da Stephan Zweig nella novella Il sovvertimento dei sensi , in cui in un professore nasce una indefinita e non dichiarata attrazione omosessuale per l’allievo.
Un ulteriore tema è presente, anche se sotterraneo, nella seconda parte del film, dove si racconta di Anna a Parigi. Forse in modo un po’ implicito viene qui narrato un processo di emancipazione da parte di una giovane donna che da casalinga passa a immergersi in varie esperienze in un paese straniero, precedentemente, prima della guerra, guardato e studiato soltanto da lontano. Si può intravedere in questo un accenno al fenomeno dell’incremento della emancipazione femminile verificatosi con la perdita della forza lavoro maschile in seguito al reclutamento militare della Grande guerra.
Interpretazione e impressioni
Soprattutto percorre tutto il film il tema del doppio (due uomini per Anna, e due corrispondenti epistolari; due scene di ballo tra quella di Adrien e Frantz e quella di Adrien e Anna; due esecuzioni di inni, quello tedesco e la Marsigliese, cantati prima in Germania e poi in Francia, due città, una tedesca e una francese, due volte la visione del quadro di Manet al Louvre ecc.) nel quale consistono infatti anche la menzogna e la reticenza, sebbene praticata con la apparente finalità della “dissimulazione onesta" (viene nascosta ai genitori di Franz la vera identità di Adrien come per non inquietarli, ma in realtà per vigliaccheria). Scopriamo anche, insieme ad Anna, un aspetto di Frantz diverso da quello dapprima idealizzato: la sua vita trascorsa a Parigi prima della guerra non era forse del tutto ineccepibile se lì alloggiava in un albergo a ore.
Molti elementi, soprattutto i contorni dei personaggi, insinuati e mai esplicitati, risultano allo spettatore disorientanti. Dove le ambiguità quasi impercettibilmente ci inoltrano nel perturbante fanno emergere la tipica interrogazione metafisica di Ozon (come nel suo film Sotto la sabbia, 2000). Ma dove il doppio speculare di immagini e circostanze narrate, ripetuto fino allo schematismo, appare estrinseco, si denuncia l’artificio retorico; e dove il regista non riesce a governare artisticamente il sentimentalismo e a bilanciarlo con la contestualizzazione storica il film presta il fianco ai critici che lo trovano didascalico. Così tra la prima e la seconda parte il film sembra cambiare genere. Tuttavia si tratta di un’opera ricca di spunti interessanti in una narrazione originale, intensa e coinvolgente, grazie anche agli attori bravissimi. È necessario però non limitarsi a una visione superficiale del film, ma meditarlo per ricavarne e interpretarne i diversi significati che Ozon ha voluto comunicare.
Un confronto possibile
Si può vedere in parallelo a Frantz un film classico sulla Grande guerra: La grande illusione di Renoir, del 1937. Anche in questo si mostrano (tra l’altro) l’amicizia e l’amore che, a prescindere dagli opposti schieramenti bellici delle rispettive patrie, nascono tra persone francesi e tedesche, militari e non, perché entrambe le popolazioni sono travolte dalla comune tragicità degli avvenimenti.
“Ho realizzato La grande illusione perché sono pacifista. […] Per lungo tempo si è rappresentato il pacifista come un uomo dai capelli lunghi, dai pantaloni sgualciti, il quale, appollaiato su una cassa di sapone, profetizzava senza tregua le calamità che sarebbero sopraggiunte e cadeva nell’angoscia alla vista di un’uniforme.
I personaggi de La grande illusione non appartengono a questa categoria. Essi sono l’esatta replica di quel che noi eravamo, noi, la 'classe 1914'. Perché ero ufficiale durante la guerra e ho conservato un vivo ricordo dei miei compagni. Non eravamo animati da alcun odio contro i nostri avversari. Erano dei buoni tedeschi come noi eravamo dei buoni francesi... Sono convinto di lavorare a un ideale di progresso umano presentando sullo schermo la verità non mascherata. Attraverso il ritratto di uomini che compiono il loro dovere, secondo le leggi della società, nel quadro delle istituzioni stabilite, credo di aver portato il mio umile contributo alla pace del mondo. “ (Jean Renoir)