di Maria Luisa Jorilo specchio di Alice

10/10/2016

Frantz

Genere: Drammatico
RegiaFrançois Ozon
SceneggiaturaFrançois Ozon
Interpreti  Pierre Niney, Paula Beer, Ernst Stötzner, Marie Gruber, Cyrielle Claire, Anton von Lucke
Montaggio: 
Musiche: 
Fotografia: 

Produzione: Francia, Germania,  2016

 

 

 

 

Una  storia individuale nella storia collettiva

Il film è basato sulla trama del testo teatrale  L’homme que j’ai tué  scritto a circa dieci anni dalla fine della Grande guerra, nel 1930,  da Maurice Rostand (1891-1968), originariamente  in forma di  romanzo. Ozon non è stato il primo a portare al cinema l’opera di Rostand, perché già nel 1932 era uscito Broken Lullaby, il film di Lubitsch (il regista di Ninotchka, 1939; To be or not to be, 1942) tratto appunto da Rostand.   Come se fosse stato prodotto anch’esso negli anni fra le due guerre (essendo   ambientato nel 1919)  anche Frantz è girato tutto  in bianco e nero,  tranne alcune scene  immaginate o ricordate dai personaggi. Il titolo è il nome del tedesco Franz ucciso in guerra,   presentato nella grafia  francese (“Frantz”),  come  per indicare l’accento del regista per l’appunto  francese.  La produzione del film  è franco-tedesca e i dialoghi spesso nelle due lingue.

Ozon   apre il racconto con  una  scena ambientata in una cittadina tedesca nel 1919, al termine della Grande guerra, in cui la Germania aveva riportato una pesante sconfitta:  la giovane Anna, durante la sua abituale visita e cura della tomba   del  suo  fidanzato  (Frantz), ucciso, come tanti altri, durante il conflitto bellico, incontra uno sconosciuto   giovanotto, misteriosamente  intento anche lui a  portare fiori  freschi  sulla lapide funeraria dello stesso defunto.
Costui in seguito si presenta alla porta dei genitori  di Frantz, presso i quali vive Anna, dopo la morte del loro figlio.  Il padre di quest’ultimo, un medico, scoprendo che si tratta di un francese, cioè di un esponente della nazione nemica della Germania gravemente sconfitta e come tale rappresentante di chi gli ha ucciso  il  figlio in guerra,  rifiuta di curarlo e  non vorrebbe neanche riceverlo.

Accetta però poi di ascoltarlo quando il giovane francese, di nome Andrien, si mostra addolorato per la fine tragica del fidanzato di Anna, dicendo di essergli stato amico intimo a Parigi prima della guerra.  Egli racconta ai genitori   episodi di condivisioni e soprattutto gusti artistici e musicali (lui stesso è di professione  un violinista) in piena sintonia nel corso di tale amicizia. L’affetto  reciproco è ricordato con  tale  rimpianto,  non certo minore di  quello dei genitori e della fidanzata,   da far sospettate  una attrazione omosessuale (che però viene esplicitamente esclusa).

Adrien  frequenta per giorni  la famiglia dell'amico tedesco defunto e fa amicizia con Anna, arrivando a  confessarle il suo segreto, proprio sulla tomba (inevitabilmente vuota, date le circostanze belliche della morte)  di Frantz, con l’impegno di non rivelarlo ai genitori. Ma durante il suo soggiorno in quella cittadina tedesca il francese è  guardato  da molti abitanti  con l’odio verso il nemico, ritenuto  responsabile  delle morti dei propri cari  nella guerra  terminata da poco.   Qui non  riveliamo il segreto di Adrien per lasciare la sorpresa agli spettatori, ma diciamo che Anna,  nonostante tutto, si innamora di lui,  tanto da  addolorarsi  quando improvvisamente, senza alcun avviso, egli scompare. Gli stessi genitori di Frantz, vedendo che la ragazza si sta ammalando (ha tentato un suicidio) per questa seconda perdita di un amore,  la spingono a recarsi a Parigi in cerca di Adrien o almeno di  notizie su di lui.

A questo punto  incomincia una specie di secondo tempo della storia, in cui  si ha quasi l’impressione di  vedere un altro film. L’ambientazione si sposta a Parigi, dove  in un bistrot Anna, sola tedesca, assiste in sofferto silenzio al patriottismo francese contro i tedeschi, festeggiato  con un coro  della Marsigliese che suona come una minaccia contro i popoli nemici. Soprattutto emerge, però ora sempre più in primo piano, il mistero della scomparsa di  Adrien, attraverso l’indagine in cui si impegna e si concentra Anna  basandosi sulle poche tracce di cui dispone a riguardo. Una di queste, che la spaventa come indizio, è  l’opera di  Édouard Manet al Louvre, Le Suicidé (1887), troppo spesso  citata  da Adrien, rivelando di aver provato una intrigante  attrazione  per questo quadro.

 Intanto, attraverso  la sua difficile ricerca, la fräulein conosce Parigi e familiarizza con la cultura francese. Così, quando, pur avendo  ritrovato Adrien, scopre l’impossibilità di costruire una vita con lui (qui la narrazione svicola dal tema principale in colpi di scena romanzeschi), Anna scrive ai genitori di Frantz la sua decisione  di  rimanere a lavorare a Parigi, nella quale ormai si è felicemente ambientata, mentendo a proposito delle  sue disillusioni.  Ma nell’ultima scena Anna, di nuovo davanti a Le Suicidé, al Louvre, viene avvicinata da un altro francese ugualmente interessato da quel quadro. Forse da qui potrebbe ricominciare un’altra simile storia?   

Temi  diversi si rincorrono nel film

Il tema di cornice è quello, mostrato fin dalle prime scene, delle drammatiche conseguenze di una grande guerra, cruenta come quella del 1914-1918, in cui sono morti precocemente molti giovani, con l’interruzione dei loro promettenti destini e tanto dolore da parte dei rispettivi congiunti, amici, amori. Ozon mette anche in evidenza, accanto alla sofferenza per la perdita di un figlio o di un fidanzato, quel senso di colpa che tormenta i reduci più sensibili per aver dovuto uccidere dei giovani durante l’atrocità della battaglia. Per questi aspetti il film si iscrive tra le opere di argomento pacifista. Ma, sia rappresentando la difficoltà che hanno le persone delle nazioni avversarie a incontrarsi senza odio dopo la guerra, sia introducendo i canti patriottici intonati rispettivamente in un caffè tedesco e in uno francese, Frantz sottolinea anche come nel 1919  la proclamazione della pace non avesse spento, ma anzi rinfocolato i nazionalismi in Europa (e noi oggi infatti sappiamo quali terribili sviluppi erano impliciti in tutto questo).

 Nello stesso tempo però, come viene raccontato anche in altre opere narrative, letterarie e cinematografiche (per esempio si veda la scena della solidarietà umana di un  Natale al fronte in Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu, 1938, e nel relativo film Uomini contro di Francesco Rosi, 1970), l’incontro a livello personale tra individui, pur appartenenti a schieramenti nemici, può far  svanire completamente ogni rivalità bellica sotto la spinta del  bisogno umano di amicizia o d’amore. Anna infatti riesce a perdonare chi ha ucciso in guerra il suo fidanzato, fino a innamorarsene, cioè a trasferire sul francese i sentimenti che aveva per il connazionale Franz.

 Ma nel corso del suo sviluppo la narrazione fa emergere ambiguamente altri temi dei quali il principale riguarda il personaggio di Adrien. Anche se nulla viene mai esplicitato, si avverte nella sua sensibilità, e in parte nel suo misterioso comportamento riluttante con una donna chiaramente innamorata come è Anna, una taciuta e repressa tendenza omosessuale. Non è da escludere l’impronta della sensibilità speciale del  regista,  gay come lo era lo scrittore del testo teatrale L’homme que j’ai tué , al quale Ozon si è ispirato. Fin dall’inizio gli atteggiamenti e le espressioni di  Adrien risultano ambigui, ma nelle scene finali si comprende meglio che il suo vero segreto è di aver proiettato nel lutto per l'uccisione di Frantz quello sofferto per la repressione della omosessualità, alla quale si costringe per non dare un dispiacere alla madre altoborghese perbenista. Viene raccontato così quell’ impercettibile disorientamento sentimentale  descritto magistralmente da Stephan Zweig nella novella Il sovvertimento dei sensi , in cui in un professore nasce una indefinita e non dichiarata attrazione omosessuale per l’allievo.

Un ulteriore tema  è presente, anche se sotterraneo,  nella seconda parte del film, dove si racconta di Anna a Parigi. Forse in modo un po’ implicito  viene qui narrato un processo di emancipazione da parte di una giovane donna che da casalinga passa a immergersi in varie esperienze in un paese straniero, precedentemente, prima della guerra, guardato e studiato soltanto da lontano. Si può intravedere in questo un accenno al fenomeno dell’incremento della emancipazione femminile verificatosi con la perdita della forza lavoro maschile in seguito al reclutamento militare della Grande guerra.

 Interpretazione e impressioni

Soprattutto percorre tutto il film il tema del doppio (due uomini per Anna, e due corrispondenti epistolari; due scene di ballo tra quella di Adrien e Frantz e quella di Adrien e Anna; due esecuzioni di inni, quello tedesco e la Marsigliese, cantati prima in Germania e poi in Francia, due città, una tedesca e una francese, due volte la visione del quadro di Manet al Louvre ecc.) nel quale consistono infatti anche la menzogna  e la reticenza, sebbene praticata con la apparente finalità della “dissimulazione onesta" (viene nascosta ai genitori di Franz la vera identità di Adrien  come per non inquietarli, ma in realtà per vigliaccheria). Scopriamo anche,  insieme ad Anna, un aspetto di Frantz diverso da quello dapprima idealizzato: la sua vita trascorsa a Parigi prima della guerra non era forse del tutto ineccepibile se lì alloggiava in un albergo a ore.

 Molti elementi, soprattutto i contorni dei personaggi, insinuati e mai esplicitati, risultano allo spettatore disorientanti. Dove le ambiguità quasi impercettibilmente  ci inoltrano nel perturbante fanno emergere la tipica interrogazione metafisica di Ozon (come nel suo film Sotto la sabbia, 2000). Ma dove il doppio speculare di immagini e circostanze narrate, ripetuto fino allo schematismo, appare estrinseco,  si denuncia l’artificio retorico; e dove il regista non riesce a governare artisticamente il sentimentalismo e a bilanciarlo con la contestualizzazione storica  il  film presta il fianco ai critici che lo trovano didascalico.  Così  tra la prima e la seconda parte il film sembra cambiare genere. Tuttavia  si tratta di un’opera ricca di spunti interessanti in una narrazione originale, intensa e coinvolgente, grazie anche agli attori bravissimi. È necessario però non limitarsi a una visione superficiale del film, ma meditarlo per ricavarne e interpretarne i diversi significati che Ozon ha voluto comunicare.

 

Un confronto possibile

 Si può vedere in parallelo a Frantz  un  film  classico  sulla Grande guerra: La grande illusione di Renoir, del 1937. Anche  in questo  si  mostrano (tra l’altro) l’amicizia e l’amore che, a prescindere dagli opposti schieramenti bellici delle rispettive patrie, nascono tra persone  francesi e tedesche, militari e non,  perché entrambe le popolazioni sono travolte dalla comune tragicità degli avvenimenti

 

“Ho realizzato La grande illusione perché sono pacifista. […] Per lungo tempo si è rappresentato il pacifista come un uomo dai capelli lunghi, dai pantaloni sgualciti, il quale, appollaiato su una cassa di sapone, profetizzava senza tregua le calamità che sarebbero sopraggiunte e cadeva nell’angoscia alla vista di un’uniforme.
I personaggi de La grande illusione non appartengono a questa categoria. Essi sono l’esatta replica di quel che noi eravamo, noi, la 'classe 1914'. Perché ero ufficiale durante la guerra e ho conservato un vivo ricordo dei miei compagni. Non eravamo animati da alcun odio contro i nostri avversari. Erano dei buoni tedeschi come noi eravamo dei buoni francesi... Sono convinto di lavorare a un ideale di progresso umano presentando sullo schermo la verità non mascherata. Attraverso il ritratto di uomini che compiono il loro dovere, secondo le leggi della società, nel quadro delle istituzioni stabilite, credo di aver portato il mio umile contributo alla pace del mondo. “ (Jean Renoir)

 

 

 

 

Di che cosa parliamo?

Il cinema narrativo è uno strumento di comunicazione educativa e didattica  quasi indispensabile  nella scuola di oggi, sia come arte visiva sia come mezzo per far passare e fissare  l’apprendimento attraverso emozioni. Gli insegnanti   hanno bisogno di  mantenersi    informati sui film più adeguati a questi scopi della loro attività professionale. “Lo specchio di Alice” (in quanto il cinema può essere un  vero specchio del mondo per  i ragazzi e le ragazze in formazione) si propone  di informare i docenti sui film contemporanei e su quelli del passato più interessanti e comprensibili   da parte di allievi e allieve adolescenti. Come a scuola per le letture, a  volte verranno  recensite, e didatticamente corredate,  anche opere cinematografiche meno valide esteticamente, ma capaci di suscitare interrogativi, introdurre problemi, illustrare argomenti di studio presso  gli studenti.

L'autrice

Ha insegnato in un triennio linguistico.  Supervisore di tirocinio dal 1999 al 2003  e docente di didattica della letteratura fino  al 2008 presso la SSis dell’università di Torino.  Esperta di cinema e didattica, dal 2003  ha recensito assiduamente sulla rivista insegnare  il “Torino film festival” e i film in uscita più adeguati  a prestarsi come sussidi  nell’insegnamento agli adolescenti.

 


All’indirizzo   marialuisa.jori@gmail.com  su richiesta si forniscono  gratuitamente sia  informazioni  su film  utilmente  collegabili ad  argomenti  dei  programmi scolastici (per es. di storia) sia indicazioni metodologiche   sull’uso didattico del cinema nella scuola di ogni ordine e grado.