di Maria Luisa Jorilo specchio di Alice

05/12/2015

Mustang

Titolo originaleMustang

Genere: Drammatico
RegiaDeniz Gamze Ergüven 
SceneggiaturaDeniz Gamze Ergüven, Alice Winocour 
Interpreti : (per lo più esordienti): Günes Sensoy - Doga Zeynep Doguslu - Tugba Sunguroglu - Elit Iscan - Ilayda Akdogan - Ayberk Pekcan - Bahar Kerimoglu  - Burak Yigit  - Erol Afsin  - Suzanne Marrot  - Serife Kara  - Aynur Komecoglu    
Musiche: Warren Ellis
Produzione: Turchia, Francia, Germania, Qatar , 2015

 

 

Già in apertura il film  mette in scena la vitalità prorompente di cinque sorelle turche tra i dieci e i sedici  anni (Sonay , Selma,  Ece,  Nur e Lale),   dai comportamenti  naturalmente comuni a tutte le ragazzine e le ragazze  coetanee del mondo.  Grazie all’affiatamento tra di loro,  queste adolescenti quindi non esitano a scatenarsi liberamente. Indomabili  come i cavalli selvaggi del Nord America (da cui il titolo  del film), nessuna costrizione e punizione severa, anche corporale, da parte dei parenti tutori (i genitori sono morti entrambi in un incidente) riesce  a farle rientrare nei  ruoli  imposti  alle donne  da  una ideologia maschilista altamente  repressiva nei loro confronti, che  lo spettatore non stenta a riconoscere come basata su  un islamismo fondamentalista wahabita. 

In una località sul mar Nero, a seicento chilometri a Nord di Ankara e a mille da Istanbul, le ragazze festeggiano la fine della scuola insieme ai compagni, come  avviene in tutti i Paesi  del Pianeta.  La più piccola, Lale, ha appena asciugato le lacrime versate nel salutare per l’ultima volta  la propria insegnante,  consolata però dalla possibilità di mantenersi in contatto  con lei tramite la corrispondenza (si è scritta il suo indirizzo di Istanbul).  Poco dopo, comunque, l’allegria giovanile  al massimo grado non può non coinvolgere anche lei.
Ma gli  innocenti  giochi delle cinque sorelle  che si tuffano, sia pure vestite,  tra le onde  salendo a cavalcioni sulle spalle dei ragazzi  scandalizzano la  gente del luogo. Così al ritorno a casa devono subire le botte della nonna   che è stata informata del loro comportamento con i maschi: le ragazze si sono mostrate con la testa dei compagni tra le gambe e pertanto con  questo loro osceno comportamento rischiano di non trovare più un marito. Lo zio, che  è ancora più intransigente  a riguardo, le chiude  in casa, le fa  ricoprire totalmente con vestiti  marroni e informi (al posto del succinto e aderente, modellante, abbigliamento in stile occidentale),  e le obbliga a imparare ed esercitare esclusivamente i lavori domestici. Computer, cellulari e altri  strumenti  di comunicazione con l’esterno  o fonti di informazione vengono   sequestrati alle ragazze e chiusi a chiave  in un armadio.
Ma il richiamo alla vita libera, che per la più grande comporta anche un rapporto amoroso, è più forte di ogni ostacolo e così le sorelle iniziano a praticare brevi  fughe, passando   attraverso una finestra e arrampicandosi all’esterno su di un tubo di scarico. Lo zio allora fa mettere delle grate  ovunque,  completando così  l’assetto di una vera  carcerazione delle ragazze, alle quali  intanto la nonna  combina in fretta   un   matrimonio, considerato mai troppo precoce e non su scelta da parte della sposa, secondo la tradizione islamica fondamentalista.  In questa vige al massimo grado il culto della verginità che comporta perfino l’esposizione del lenzuolo insanguinato appena dopo il primo amplesso dei coniugi.  In assenza   del  sangue come prova, -e questo purtroppo accade a una delle ragazze della vicenda- la  donna viene immediatamente, nottetempo, sottoposta ad analisi  ginecologica.  L’innocenza della   sposa, sebbene appena  adolescente,  non sarà  creduta attraverso la sola sua ingenua dichiarazione.

Lale è la più ribelle, la più coraggiosa: è lei che insegna alle sorelle maggiori  a non rassegnarsi e cercare una via di fuga.   Ma se   le cinque   ragazze riescono a uscire di soppiatto, a recarsi insieme ad assistere a  una partita di calcio  dedicata a un  pubblico femminile, e a non essere scoperte dal severissimo zio  nonostante appaiano in televisione (grazie per una volta alla complicità delle donne di casa che interrompono l’elettricità e quindi la trasmissione) non sfuggono facilmente però  al matrimonio al quale vengono destinate  contro alla loro volontà. Tuttavia non solo le loro età, ma anche i loro caratteri  sono diversi:  la maggiore è furba e sarà  l’unica  che riuscirà a sposare il ragazzo che ama, un’altra, passiva, si rassegna alle nozze con chi  le è stato assegnato come marito dalla nonna e dallo zio,   una terza cade vittima della propria fragilità.  La quarta viene indotta  dalla più piccola, Lale, a ribellarsi al momento della presentazione dello sposo destinatole,  barricandosi in casa  per poi    fuggire con lei, fino a  Istanbul, all’inizio con  una specie di  autostop del camioncino   di un  giovane commerciante  conosciuto appunto da Lale. Lale, finalmente in questa città, meta sempre da lei ambita come  emblema della libertà,  si presenta alla porta  della sua insegnante che l’accoglie in un grande abbraccio evidentemente pieno di comprensione.  Poiché quindi significativamente viene replicata  in chiusura del film  la stessa  scena   con la quale  lo stesso  si era aperto, possiamo leggervi un  riferimento alla funzione emancipatrice della scuola sia  per mezzo   dell’istruzione   sia   grazie   alla possibilità che questa offre a tutti e a tutte  – soprattutto alle ragazze- di incontrare  modelli culturali  alternativi a quelli familiari,  specialmente nelle insegnanti carismatiche. 

La regista  è nata trentacinque anni fa ad Ankara, ma, essendo figlia di un diplomatico turco, già dalla fine degli anni Ottanta la sua famiglia  si è trasferita  a Parigi, dove ha studiato e dove vive. Qui  è cresciuta dunque conoscendo e riconoscendo  tutta  quell’importanza della scuola per la liberazione delle donne, alla quale accenna  nel   film.  Tuttavia in  una intervista ha dichiarato di  aver tratto ispirazione narrativa anche da tristi esperienze personali: per esempio, da adolescente lei stessa  fu picchiata per essere stata vista  farsi portare  sulle spalle da ragazzi, perché giudicata spudorata e indecente  girando  “con  una testa maschile tra le gambe”. Inoltre ha sostenuto di aver subito perfino  il rito della prova della  verginità della sposa spinto, in assenza di sangue sul lenzuolo,  fino al controllo notturno della vagina da parte di un ginecologo. 
Per raccontare la  condizione di totale  sudditanza in cui viene   sottoposta  la donna fin dall’adolescenza,  Deniz Gamze Ergüven ha accentuato il contrasto tra l’innocenza che è nella natura esuberante delle ragazze e il comportamento sospettoso, ferocemente punitivo e costrittivo dello zio.  Nel  film infatti sono assai  frequenti  scene giocose in cui le sorelle esprimono fisicamente tutta la vitalità della loro complice  giovinezza. Risalta così, anche al di là del tema proprio del racconto,   una efficacissima   rappresentazione  dei comportamenti e   della psicologia delle adolescenti, sia negli aspetti comuni sia nelle differenze individuali e proprie delle diverse fasce di età (tra gli undici e i sedici anni).  Non solo un'abile regista, ma  soltanto  una regia femminile  poteva essere in grado di offrire un ritratto così ricco e profondo della femminilità al suo sbocciare.  
Un altro aspetto che il film illustra in modo efficacissimo riguarda la forza della natura istintuale   che nella giovinezza è irrefrenabile, e quindi   rende i  soggetti, se repressi nei bisogni della vitalità  propria dell’età,  predisposti  naturalmente e coraggiosamente alla disobbedienza e alla ribellione (proprio come i cavalli  indomabili Mustang). Già Giovanni Boccaccio, nella novella di Filippo Balducci, detta “delle papere” (nell’introduzione alla IV giornata del Decameron) aveva illustrato ai suoi detrattori, lettori medievali   maliziosi delle sue  narrazioni  realistiche ritenute scandalose,  come non si possano negare e impedire  in nessun modo quegli istinti    assolutamente   naturali che emergono  e resistono in ogni essere umano, con lo sviluppo all’uscita dall’infanzia.

Il film non è perfetto, soprattutto per la mancanza di informazioni narrative  sul contesto sociale, e per la   soluzione finale troppo facile per essere verosimile. Tuttavia  si tratta di un’opera di una esordiente di tutto rispetto. Giustamente la Francia, dopo la relativa presentazione a Cannes, l’ha   scelta  come candidata  agli Oscar per il miglior film straniero.  Inoltre si deve apprezzare l’importanza  del  messaggio civile del film che, anche se  racconta  una condizione estrema della donna in una zona culturalmente arretrata (nelle grandi città turche come a Istanbul,   le donne sono certamente meno oppresse), ne fa emergere la rilevanza e i pericoli, che sono tutti da non sottovalutare  proprio nella Turchia di questi giorni.  Ecco infatti le parole di Deniz Gamze Ergüven a  tale proposito.

«Il corpo delle donne è diventato un campo di battaglia. I politici in Turchia parlano continuamente di cosa le donne possono e non possono fare. Tutto si è accentuato dopo la vittoria di Erdogan. I conservatori si esprimono in continuazione su ciò che è morale e ciò che non lo è. Non fanno altro che parlare della sessualità, ne sono ossessionati. Anche in tv, alla radio si dice che le donne non dovrebbero ridere in pubblico, che devono arrossire quando sono al cospetto di un uomo su quanti figli dovrebbero avere. Ė una corrente sotterranea e continua per fare accettare proibizioni. Siamo state una delle prime nazioni al mondo a ottenere il diritto di voto negli anni ’30, ora un rullo compressore cerca di schiacciare tutto».

 

Un'altra storia di repressione

Titolo originaleMustang

Genere: Drammatico
RegiaHaifaa Al Mansour
SceneggiaturaHaifaa Al Mansour
Interpreti Reem Abdullah, Waad Mohammed
Produzione: Germania, Arabia Saudita 2012

 

 

 

La bicicletta verde (titolo originale Wadjda, il nome della giovanissima protagonista). Già presentato a Venezia nella sezione Orizzonti, è di per sé un evento straordinario, anche se prodotto con soldi in parte tedeschi, perché è il primo film scritto e diretto per la prima volta da una donna saudita (l’esordiente Haifaa Al Mansour di 39 anni) ed è ambientato e girato tutto a Riyadh, con attrici soltanto saudite. La regista ci racconta la condizione femminile in un Paese che sembra ancora nel medioevo: le donne devono e possono vivere i rapporti fra loro solo nell’ambito domestico, sono soggette alle volontà maschili, anche quando, non riuscendo ad avere figli, il marito cerca un’altra sposa. Pertanto  in pubblico  sono costrette    a indossare sempre il burka e a evitare qualsiasi contatto. Inoltre non solo -come sappiamo- non hanno il permesso di guidare l’auto, ma sono soggette perfino a giudizi diffamatori nel caso  del  semplice uso della bicicletta, perché -secondo l’ opinione comune dominata da quella della mentalità maschile - questo metterebbe a rischio la loro integra verginità. In questo clima emerge la personalità decisa di una adolescente, Wadjda, che non vuole darsi per vinta e, pur di trovare i soldi necessari a comprarsi la bicicletta, arriva a iscriversi a una gara scolastica di Corano. Anche se i risultati della vittoria, a causa dei pregiudizi e delle ideologie dell’ambiente scolastico, conforme all’integralismo dello Stato   confessionale saudita, non saranno esattamente quelli sperati, la solidarietà femminile materna interverrà a correggerne l’esito infame.

 

 

Di che cosa parliamo?

Il cinema narrativo è uno strumento di comunicazione educativa e didattica  quasi indispensabile  nella scuola di oggi, sia come arte visiva sia come mezzo per far passare e fissare  l’apprendimento attraverso emozioni. Gli insegnanti   hanno bisogno di  mantenersi    informati sui film più adeguati a questi scopi della loro attività professionale. “Lo specchio di Alice” (in quanto il cinema può essere un  vero specchio del mondo per  i ragazzi e le ragazze in formazione) si propone  di informare i docenti sui film contemporanei e su quelli del passato più interessanti e comprensibili   da parte di allievi e allieve adolescenti. Come a scuola per le letture, a  volte verranno  recensite, e didatticamente corredate,  anche opere cinematografiche meno valide esteticamente, ma capaci di suscitare interrogativi, introdurre problemi, illustrare argomenti di studio presso  gli studenti.

L'autrice

Ha insegnato in un triennio linguistico.  Supervisore di tirocinio dal 1999 al 2003  e docente di didattica della letteratura fino  al 2008 presso la SSis dell’università di Torino.  Esperta di cinema e didattica, dal 2003  ha recensito assiduamente sulla rivista insegnare  il “Torino film festival” e i film in uscita più adeguati  a prestarsi come sussidi  nell’insegnamento agli adolescenti.

 


All’indirizzo   marialuisa.jori@gmail.com  su richiesta si forniscono  gratuitamente sia  informazioni  su film  utilmente  collegabili ad  argomenti  dei  programmi scolastici (per es. di storia) sia indicazioni metodologiche   sull’uso didattico del cinema nella scuola di ogni ordine e grado.