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di Maria Luisa Jorilo specchio di Alice

15/09/2014

La ragazza del dipinto

Titolo originaleBelle

Genere: Drammatico
Regia: Amma Asante
Sceneggiatura: Misan Sagay
Interpreti : Gugu Mbatha-Raw, Tom Wilkinson, Miranda Richardson, Penelope Wilton, Matthew Goode, Emily Watson, Tom Felton, Susan Brown, Sarah Gadon, David Gant, Alex Jennings
Fotografia: Ben Smithard
Musiche: Rachel Portman
Produzione:  Gran Bretagna
Anno: 2013-14

 

  L’intenzione comunicativa e  le latenti  matrici del film 

  «Ho sempre sognato di raccontare un personaggio di colore che sembrasse uscito da un libro di Jane Austen, ma pensavo fosse impossibile... fino a quando mi sono imbattuta nella vita di Belle», spiega  la regista di questo film. «Il primo a mandarmi una sua immagine è stato il produttore Damian Jones, ma la rivelazione l'ho avuta davanti al dipinto che la ritrae accanto alla cugina. Le due ragazze sono sullo stesso piano: Elizabeth sfiora affettuosamente il braccio della cugina, mentre Belle sorride, indicando con orgoglio la propria carnagione scura. Una commissione unica e rara», conclude, «che mi ha mostrato la possibilità di raccontare una storia che combinasse politica, discriminazione razziale e romanticismo». [1]

In questa dichiarazione   è sintetizzata   dalla regista  l’intenzione  comunicativa del suo secondo lungometraggio(dopo il successo del primo, Way of life, del 2004),  parole in cui  sono individuabili  le  matrici di pregi e difetti del film:  la qualità  dei temi trattati( a sei anni  dalle  celebrazioni londinesi  del bicentenario dell’abolizione inglese della schiavitù,  sancita  nel 1807)  e   una  pluralità distraente degli stessi,   nel senso che l’attenzione dello spetttaore   è un po’ deviata da quelli  più importanti  sulle  strade,  alternative, dell’emozione sentimentale.            

L’ispirazione del racconto tra storia vera e rappresentazione romanzesca

In questo caso, dato l’argomento dell’opera, va segnalato il fatto che sia la scrittrice  del soggetto e  della sceneggiatura,   Misan Sagay,  sia  la regista   Amma Asante sono due belle  donne di colore, che quindi si sono indubbiamente   immedesimate nella   protagonista.  La ragazza del dipinto è  un film  ispirato infatti alla vera storia di Dido Elizabeth  Belle,  mulatta, nata illegittima, ma poi riconosciuta dal padre,  ammiraglio della Royal Navy, che aveva amato una schiava africana. Accanto  a lei  compare nel quadro, un po’ più in primo piano, la  coetanea cugina bianca Elizabeth Mary Murray.  Le due ragazze (nate intorno al 1761 e ritratte   nel 1779), entrambe orfane di madre e, per diverse ragioni,  lontane dai   rispettivi nobili e unici genitori viventi,  vengono cresciute  insieme, in un castello  dell’isola di Man(il film è stato girato proprio qui oltre che a Oxford e a Londra), dall'aristocratico prozio, Lord William Murray,  primo  conte di Mansfield,  e da sua moglie.  Belle, grazie al suo lignaggio, vive dunque un certo privilegio , accresciuto,    verso i  vent’ anni,  dalla cospicua rendita   ereditata  alla morte del padre.  Tuttavia il colore della pelle le impedisce di partecipare a pieno alle tradizioni della sua classe sociale.   In particolare non può sedere al tavolo conviviale della famiglia. Ma nello stesso tempo le è proibito, per non offendere il suo lignaggio, di consumare i pasti con la servitù.

La protagonista prende coscienza della sua condizione

Nel fiore della sua giovinezza, e bellezza, Belle  viene richiesta in sposa - e i familiari, consapevoli dei pregiudizi della loro classe sociale, ne sono sorpresi - da un gentiluomo, sinceramente innamorato, ma  di una famiglia    nobile volgarmente razzista, soltanto avida nei confronti della sua notevole  dote.   Belle, divenendo sempre più consapevole di sé, della sua vera appartenenza a una categoria sociale pur sempre schiavizzata, rifiuta  un matrimonio  che la inserirebbe nell’alta società e scopre il vero amore   con   John Davinier,  l’ idealista figlio  del  vicario di Hampstead,  quindi di umili origini. Questo giovane avvocato, bianco,  entra in contatto con Belle nella casa   dell’anziano prozio,  paterno protettore della ragazza mulatta,  Lord Chief Justice Mansfield, uomo di legge chiamato a preservare l'ordine dello Stato britannico.  Da lui John  vorrebbe  ricevere insegnamenti professionali, ma  viene presto e bruscamente  messo alla porta  appena si rivela  un convinto, risoluto    difensore dei moderni principi democratici, che all’epoca stanno iniziando a circolare, e capace di lottare senza esitazione, e fino in fondo,  per  i diritti civili, anche a costo di contrastare  gli   interessi  della   élite commerciale e  quindi quelli economici del Paese.

Un processo sul risarcimento ad un armatore  per  la perdita commerciale degli schiavi  gettati in mare  dalla sua nave   

 Intanto, fin dalle prima conversazioni con John Davinier,  Belle viene a sapere che   due anni prima (1781)  dalla nave Zong (che per ironia della sorte in olandese significa “cura”)  erano stati gettati in mare incatenati fra loro, perché  malati, più di  cento quaranta  africani, considerati alla stregua di cose da vendere  in quanto schiavi. Il capitano   sosteneva, sulla base di una legge commerciale in vigore,  secondo la quale venivano  assicurate  le  merci  perdute per difendere la vita dei marinai della nave che le trasportava,  di aver  voluto così  salvare l'equipaggio, data la mancanza di   acqua potabile per tutti.   Il processo era stato   promosso dalle  assicurazioni  commerciali   per non ripagare  l’armatore della nave  stessa. La decisione della questione giudiziaria spettava alla corte presieduta proprio da Lord Mansfield, che  era  il giudice più alto in grado in tutto il Regno Unito.    

Vince la difesa:  nessun risarcimento per l’annegamento degli schiavi   

 John Davinier, lavorando nell’ombra con  Belle, che riesce a trafugare  dallo studio dello zio  decisive documentazioni, saprà rendere  fondamentale la sua difesa della causa degli schiavi, vittime  di un autentico massacro.  
Il film ci mostra   Lord Chief Justice Mansfield  pronunciare una sentenza  contraria al risarcimento  dell’armatore della nave per  i centoquarantadue schiavi  perduti, con questa motivazione, ricavata dai documenti su quel viaggio del massacro,  grazie a Belle arrivati anche nelle mani della difesa: il massacro sarebbe stato giuridicamente giustificato, e la richiesta di risarcimento  dell’armatore   valida, solo se la carenza di acqua non fosse  derivata da errori del   conducente della nave.  Infatti gli schiavi erano  assicurati  per   la vita, ma  pagati dalle assicurazioni  solo se morti  per cause indipendenti dalle responsabilità del comandante. Invece   l’itinerario della navigazione  risultava dai documenti di bordo   aver toccato diversi porti in cui  sarebbe stato possibile l’approvvigionamento. Quindi il loro annegamento era stato fatto per ottenere dall'assicurazione una somma di denaro superiore a quella che si sarebbe ricavata vendendoli malati (o non potendo per questo venderli) una volta arrivati a destinazione.

Un happy end più del film che della realtà storica  

Il film  ha quindi un happy end: il giudice Murray, dopo aver pronunciato la sentenza contro il  pagamento  assicurativo  degli schiavi   quale  merce perduta,   appare  pienamente conciliarsi con Belle e il giovane avvocato, acconsentendo alle loro nozze.  I  diritti di uguaglianza, contro   la tratta degli uomini e delle donne di colore, sembrano nel film iniziare così il cammino che sarebbe sfociato, nel 1807,  nell’abolizione della schiavitù,    che era stata per tanti anni fonte di ricchezza per molti mercanti inglesi e, in ultima analisi, dell'intero Regno Unito.  
Ma,  nella realtà,   nel suo   studio  sull’argomento  Jeremy Krikler [2] sostiene  che “il Lord Chief Justice Mansfield  aveva  come interesse principale quello di assicurarsi che il diritto commerciale rimanesse il più possibile favorevole al commercio estero della Gran Bretagna, e di conseguenza fu desideroso di sostenere il principio di "media generale", anche in relazione all'uccisione di esseri umani”.  
La regista non ha   evidenziato dunque  le reali motivazioni,  in sostanza economiche, di quella sentenza apparentemente illuminata,  mantenendo così il livello emozionale, sentimentale, che percorre tutto il film. Proprio questo  aspetto viene  narrativamente privilegiato, e trattato  in  stile  televisivo (non a caso la sceneggiatrice Amma Asante ha lavorato a lungo per la televisione). 

Nonostante alcuni difetti, il film  offre notevoli  spunti didattici

 Come nei migliori telefilm, in cui la recitazione e i costumi  permettono allo spettatore di  entrare con commozione in una storia  che si fonda su   idee, fatti e personaggi veri, anche in La ragazza del dipinto (il titolo italiano infatti  focalizza l’attenzione  piuttosto sul  filone   romanzesco della storia)   si può riscontrare  l’artificio della seduzione sentimentale del pubblico, a prescindere dal tema storico  che ne è alla base,   cioè  una vicenda    interessante  in un tempo e in una fase  particolare del   difficile percorso di affermazione dei diritti umani.  Questo avviene a scapito di una trattazione profonda del problema sociale che resta   un po’ troppo  condensato, se non ridotto, in un vissuto individuale (il singolare personaggio di Belle) .

   Ma,  proprio per questo, oltre che   per   l’ intreccio semplice,  lineare nell’esposizione cronologica delle scene ,  il film si rende adatto ad una visione  a scopo  educativo,  soprattutto per  gli   adolescenti, che  hanno bisogno di immedesimarsi emotivamente negli avvenimenti per capirne  la portata storica e sociale.  Questo genere di cinema quindi, per la qualità del tema trattato con  buona recitazione e  appropriata  ricostruzione visiva d’ambiente e  nei  costumi,  purché integrato   dalla lezione di storia dell’insegnante, si può considerare un utile sussidio didattico.

Note

1.  Il dipinto che rappresenta  le due cugine protagoniste del film   è del 1779, formalmente attribuito al pittore Johann Zoffany, proveniente da Kenwood House (Hampstead, Londra) e attualmente conservato allo Scone Palace a Perth in Scozia.
2. Cfr.  J. Krikler, “The Zong and the Lord Chief Justice”, History Workshop Journal,  Oxford University Press, 2007.

Altri film da affiancare a questo...

Il più recente è  12 anni schiavo (12 Years a Slave,  durata 134 minuti). Diretto da Steve McQueen, è tratto dall'omonima autobiografia  di Solomon Northup, pubblicata  il 1853.  Ha vinto il Premio Oscar come miglior film nel 2014. 

Ma per un   confronto didattico con La ragazza del dipinto  è più utile abbinargli Lincoln di Steven Spielberg. .
 Spielberg ha diretto questo film uscito nelle sale nel 2012,  solo due anni prima di quello   sopra recensito .  Qui  viene narrato  il  momento  più glorioso    di Abraham Lincoln,  negli ultimi quattro mesi della sua vita, seguendo il libro  di Doris Kearns Goodwin, Team of Rivals.  The Political Genius of Abraham Lincoln.    Abraham Lincoln nel 1865 cambiò la storia dell'umanità ponendo legalmente fine alla schiavitù dei neri d'America, ottenendo  l'approvazione del  tredicesimo Emendamento in discussione alla Camera dei Rappresentanti.   Il racconto cinematografico  di Spielberg descrive  una battaglia politica ardua ed estenuante, condotta contro il tempo e nell'ambito di una devastante guerra civile. Il fatto storico viene narrato intrecciando  le individualità di ogni personaggio, alle quali è dedicata tutta la focalizzazione necessaria a rappresentarle, ma in un'unica luce, emanata dal protagonista. Lincoln poi viene  presentato in tutti gli aspetti  della sua personalità e del suo vissuto emozionale del momento:  dalla passione e abilità politica  all’ambito  umano,  dei sentimenti,  nella   vita privata. Questa viene mostrata  non priva di dolori,  che  da lui vengono  affrontati  con la forza  di quella stessa  fede religiosa che  gli aveva  fatto sostenere la causa dell’abolizione della schiavitù pur  opponendosi alle resistenze del  suo   partito conservatore, dai cui estremisti sarebbe stato ucciso.

 

Di che cosa parliamo?

Il cinema narrativo è uno strumento di comunicazione educativa e didattica  quasi indispensabile  nella scuola di oggi, sia come arte visiva sia come mezzo per far passare e fissare  l’apprendimento attraverso emozioni. Gli insegnanti   hanno bisogno di  mantenersi    informati sui film più adeguati a questi scopi della loro attività professionale. “Lo specchio di Alice” (in quanto il cinema può essere un  vero specchio del mondo per  i ragazzi e le ragazze in formazione) si propone  di informare i docenti sui film contemporanei e su quelli del passato più interessanti e comprensibili   da parte di allievi e allieve adolescenti. Come a scuola per le letture, a  volte verranno  recensite, e didatticamente corredate,  anche opere cinematografiche meno valide esteticamente, ma capaci di suscitare interrogativi, introdurre problemi, illustrare argomenti di studio presso  gli studenti.

L'autrice

Ha insegnato in un triennio linguistico.  Supervisore di tirocinio dal 1999 al 2003  e docente di didattica della letteratura fino  al 2008 presso la SSis dell’università di Torino.  Esperta di cinema e didattica, dal 2003  ha recensito assiduamente sulla rivista insegnare  il “Torino film festival” e i film in uscita più adeguati  a prestarsi come sussidi  nell’insegnamento agli adolescenti.

 


All’indirizzo   marialuisa.jori@gmail.com  su richiesta si forniscono  gratuitamente sia  informazioni  su film  utilmente  collegabili ad  argomenti  dei  programmi scolastici (per es. di storia) sia indicazioni metodologiche   sull’uso didattico del cinema nella scuola di ogni ordine e grado.