Titolo originale: Belle
Genere: Drammatico
Regia: Amma Asante
Sceneggiatura: Misan Sagay
Interpreti : Gugu Mbatha-Raw, Tom Wilkinson, Miranda Richardson, Penelope Wilton, Matthew Goode, Emily Watson, Tom Felton, Susan Brown, Sarah Gadon, David Gant, Alex Jennings
Fotografia: Ben Smithard
Musiche: Rachel Portman
Produzione: Gran Bretagna
Anno: 2013-14
L’intenzione comunicativa e le latenti matrici del film
«Ho sempre sognato di raccontare un personaggio di colore che sembrasse uscito da un libro di Jane Austen, ma pensavo fosse impossibile... fino a quando mi sono imbattuta nella vita di Belle», spiega la regista di questo film. «Il primo a mandarmi una sua immagine è stato il produttore Damian Jones, ma la rivelazione l'ho avuta davanti al dipinto che la ritrae accanto alla cugina. Le due ragazze sono sullo stesso piano: Elizabeth sfiora affettuosamente il braccio della cugina, mentre Belle sorride, indicando con orgoglio la propria carnagione scura. Una commissione unica e rara», conclude, «che mi ha mostrato la possibilità di raccontare una storia che combinasse politica, discriminazione razziale e romanticismo». [1]
In questa dichiarazione è sintetizzata dalla regista l’intenzione comunicativa del suo secondo lungometraggio(dopo il successo del primo, Way of life, del 2004), parole in cui sono individuabili le matrici di pregi e difetti del film: la qualità dei temi trattati( a sei anni dalle celebrazioni londinesi del bicentenario dell’abolizione inglese della schiavitù, sancita nel 1807) e una pluralità distraente degli stessi, nel senso che l’attenzione dello spetttaore è un po’ deviata da quelli più importanti sulle strade, alternative, dell’emozione sentimentale.
L’ispirazione del racconto tra storia vera e rappresentazione romanzesca
In questo caso, dato l’argomento dell’opera, va segnalato il fatto che sia la scrittrice del soggetto e della sceneggiatura, Misan Sagay, sia la regista Amma Asante sono due belle donne di colore, che quindi si sono indubbiamente immedesimate nella protagonista. La ragazza del dipinto è un film ispirato infatti alla vera storia di Dido Elizabeth Belle, mulatta, nata illegittima, ma poi riconosciuta dal padre, ammiraglio della Royal Navy, che aveva amato una schiava africana. Accanto a lei compare nel quadro, un po’ più in primo piano, la coetanea cugina bianca Elizabeth Mary Murray. Le due ragazze (nate intorno al 1761 e ritratte nel 1779), entrambe orfane di madre e, per diverse ragioni, lontane dai rispettivi nobili e unici genitori viventi, vengono cresciute insieme, in un castello dell’isola di Man(il film è stato girato proprio qui oltre che a Oxford e a Londra), dall'aristocratico prozio, Lord William Murray, primo conte di Mansfield, e da sua moglie. Belle, grazie al suo lignaggio, vive dunque un certo privilegio , accresciuto, verso i vent’ anni, dalla cospicua rendita ereditata alla morte del padre. Tuttavia il colore della pelle le impedisce di partecipare a pieno alle tradizioni della sua classe sociale. In particolare non può sedere al tavolo conviviale della famiglia. Ma nello stesso tempo le è proibito, per non offendere il suo lignaggio, di consumare i pasti con la servitù.
La protagonista prende coscienza della sua condizione
Nel fiore della sua giovinezza, e bellezza, Belle viene richiesta in sposa - e i familiari, consapevoli dei pregiudizi della loro classe sociale, ne sono sorpresi - da un gentiluomo, sinceramente innamorato, ma di una famiglia nobile volgarmente razzista, soltanto avida nei confronti della sua notevole dote. Belle, divenendo sempre più consapevole di sé, della sua vera appartenenza a una categoria sociale pur sempre schiavizzata, rifiuta un matrimonio che la inserirebbe nell’alta società e scopre il vero amore con John Davinier, l’ idealista figlio del vicario di Hampstead, quindi di umili origini. Questo giovane avvocato, bianco, entra in contatto con Belle nella casa dell’anziano prozio, paterno protettore della ragazza mulatta, Lord Chief Justice Mansfield, uomo di legge chiamato a preservare l'ordine dello Stato britannico. Da lui John vorrebbe ricevere insegnamenti professionali, ma viene presto e bruscamente messo alla porta appena si rivela un convinto, risoluto difensore dei moderni principi democratici, che all’epoca stanno iniziando a circolare, e capace di lottare senza esitazione, e fino in fondo, per i diritti civili, anche a costo di contrastare gli interessi della élite commerciale e quindi quelli economici del Paese.
Un processo sul risarcimento ad un armatore per la perdita commerciale degli schiavi gettati in mare dalla sua nave
Intanto, fin dalle prima conversazioni con John Davinier, Belle viene a sapere che due anni prima (1781) dalla nave Zong (che per ironia della sorte in olandese significa “cura”) erano stati gettati in mare incatenati fra loro, perché malati, più di cento quaranta africani, considerati alla stregua di cose da vendere in quanto schiavi. Il capitano sosteneva, sulla base di una legge commerciale in vigore, secondo la quale venivano assicurate le merci perdute per difendere la vita dei marinai della nave che le trasportava, di aver voluto così salvare l'equipaggio, data la mancanza di acqua potabile per tutti. Il processo era stato promosso dalle assicurazioni commerciali per non ripagare l’armatore della nave stessa. La decisione della questione giudiziaria spettava alla corte presieduta proprio da Lord Mansfield, che era il giudice più alto in grado in tutto il Regno Unito.
Vince la difesa: nessun risarcimento per l’annegamento degli schiavi
John Davinier, lavorando nell’ombra con Belle, che riesce a trafugare dallo studio dello zio decisive documentazioni, saprà rendere fondamentale la sua difesa della causa degli schiavi, vittime di un autentico massacro.
Il film ci mostra Lord Chief Justice Mansfield pronunciare una sentenza contraria al risarcimento dell’armatore della nave per i centoquarantadue schiavi perduti, con questa motivazione, ricavata dai documenti su quel viaggio del massacro, grazie a Belle arrivati anche nelle mani della difesa: il massacro sarebbe stato giuridicamente giustificato, e la richiesta di risarcimento dell’armatore valida, solo se la carenza di acqua non fosse derivata da errori del conducente della nave. Infatti gli schiavi erano assicurati per la vita, ma pagati dalle assicurazioni solo se morti per cause indipendenti dalle responsabilità del comandante. Invece l’itinerario della navigazione risultava dai documenti di bordo aver toccato diversi porti in cui sarebbe stato possibile l’approvvigionamento. Quindi il loro annegamento era stato fatto per ottenere dall'assicurazione una somma di denaro superiore a quella che si sarebbe ricavata vendendoli malati (o non potendo per questo venderli) una volta arrivati a destinazione.
Un happy end più del film che della realtà storica
Il film ha quindi un happy end: il giudice Murray, dopo aver pronunciato la sentenza contro il pagamento assicurativo degli schiavi quale merce perduta, appare pienamente conciliarsi con Belle e il giovane avvocato, acconsentendo alle loro nozze. I diritti di uguaglianza, contro la tratta degli uomini e delle donne di colore, sembrano nel film iniziare così il cammino che sarebbe sfociato, nel 1807, nell’abolizione della schiavitù, che era stata per tanti anni fonte di ricchezza per molti mercanti inglesi e, in ultima analisi, dell'intero Regno Unito.
Ma, nella realtà, nel suo studio sull’argomento Jeremy Krikler [2] sostiene che “il Lord Chief Justice Mansfield aveva come interesse principale quello di assicurarsi che il diritto commerciale rimanesse il più possibile favorevole al commercio estero della Gran Bretagna, e di conseguenza fu desideroso di sostenere il principio di "media generale", anche in relazione all'uccisione di esseri umani”.
La regista non ha evidenziato dunque le reali motivazioni, in sostanza economiche, di quella sentenza apparentemente illuminata, mantenendo così il livello emozionale, sentimentale, che percorre tutto il film. Proprio questo aspetto viene narrativamente privilegiato, e trattato in stile televisivo (non a caso la sceneggiatrice Amma Asante ha lavorato a lungo per la televisione).
Nonostante alcuni difetti, il film offre notevoli spunti didattici
Come nei migliori telefilm, in cui la recitazione e i costumi permettono allo spettatore di entrare con commozione in una storia che si fonda su idee, fatti e personaggi veri, anche in La ragazza del dipinto (il titolo italiano infatti focalizza l’attenzione piuttosto sul filone romanzesco della storia) si può riscontrare l’artificio della seduzione sentimentale del pubblico, a prescindere dal tema storico che ne è alla base, cioè una vicenda interessante in un tempo e in una fase particolare del difficile percorso di affermazione dei diritti umani. Questo avviene a scapito di una trattazione profonda del problema sociale che resta un po’ troppo condensato, se non ridotto, in un vissuto individuale (il singolare personaggio di Belle) .
Ma, proprio per questo, oltre che per l’ intreccio semplice, lineare nell’esposizione cronologica delle scene , il film si rende adatto ad una visione a scopo educativo, soprattutto per gli adolescenti, che hanno bisogno di immedesimarsi emotivamente negli avvenimenti per capirne la portata storica e sociale. Questo genere di cinema quindi, per la qualità del tema trattato con buona recitazione e appropriata ricostruzione visiva d’ambiente e nei costumi, purché integrato dalla lezione di storia dell’insegnante, si può considerare un utile sussidio didattico.
1. Il dipinto che rappresenta le due cugine protagoniste del film è del 1779, formalmente attribuito al pittore Johann Zoffany, proveniente da Kenwood House (Hampstead, Londra) e attualmente conservato allo Scone Palace a Perth in Scozia.
2. Cfr. J. Krikler, “The Zong and the Lord Chief Justice”, History Workshop Journal, Oxford University Press, 2007.
Altri film da affiancare a questo...
Il più recente è 12 anni schiavo (12 Years a Slave, durata 134 minuti). Diretto da Steve McQueen, è tratto dall'omonima autobiografia di Solomon Northup, pubblicata il 1853. Ha vinto il Premio Oscar come miglior film nel 2014.
Ma per un confronto didattico con La ragazza del dipinto è più utile abbinargli Lincoln di Steven Spielberg. .
Spielberg ha diretto questo film uscito nelle sale nel 2012, solo due anni prima di quello sopra recensito . Qui viene narrato il momento più glorioso di Abraham Lincoln, negli ultimi quattro mesi della sua vita, seguendo il libro di Doris Kearns Goodwin, Team of Rivals. The Political Genius of Abraham Lincoln. Abraham Lincoln nel 1865 cambiò la storia dell'umanità ponendo legalmente fine alla schiavitù dei neri d'America, ottenendo l'approvazione del tredicesimo Emendamento in discussione alla Camera dei Rappresentanti. Il racconto cinematografico di Spielberg descrive una battaglia politica ardua ed estenuante, condotta contro il tempo e nell'ambito di una devastante guerra civile. Il fatto storico viene narrato intrecciando le individualità di ogni personaggio, alle quali è dedicata tutta la focalizzazione necessaria a rappresentarle, ma in un'unica luce, emanata dal protagonista. Lincoln poi viene presentato in tutti gli aspetti della sua personalità e del suo vissuto emozionale del momento: dalla passione e abilità politica all’ambito umano, dei sentimenti, nella vita privata. Questa viene mostrata non priva di dolori, che da lui vengono affrontati con la forza di quella stessa fede religiosa che gli aveva fatto sostenere la causa dell’abolizione della schiavitù pur opponendosi alle resistenze del suo partito conservatore, dai cui estremisti sarebbe stato ucciso.