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di Maria Luisa Jorilo specchio di Alice

06/12/2014

Torino film festival 32 - 2014

Il giovane d’oggi come forma simbolica della crisi 

Giovani senza formazione nel campionario del giovane cinema mondiale

 Anche quest’anno la visione dei film in concorso al festival torinese, quindici provenienti da diversi Paesi vicini e lontani (Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Svezia, Ungheria, Belgio/Olanda, Canada, USA, Argentina, Australia, Singapore, Nuova Zelanda), ha offerto agli spettatori assidui un campionario del giovane cinema mondiale che rende possibile il confronto tra le differenti matrici culturali e ne fa conoscere gli aspetti più attuali. Tema comune era l’adolescente o il giovane tardivamente adolescenziale:  le difficoltà a integrarsi dei primi e  la disordinata ricerca di un orientamento protratta fin verso l’età adulta dei secondi. La costante dunque che, pur nelle differenze d’ambiente e modalità di vita, si è potuta cogliere chiaramente  attraverso  tutti questi personaggi  è l’assenza, l’impossibilità per  le nuove generazioni  di sviluppare una normale formazione. Queste narrazioni sullo schermo ci fanno riflettere quindi sulle conseguenze più drammatiche della crisi che si sta vivendo in tutto il mondo: la mancanza di certezze sul futuro, che dappertutto sono oggi sotto i nostri occhi, impedisce ai giovani  di formarsi per assumersi le  responsabilità necessarie ai fini di un adeguato  ricambio generazionale.

Giovani immaturi nei film premiati
 Non a caso il film pluripremiato (premio speciale della giuria, premio "scuola Holden", premio "Achille Valdata"),  For Some Inexplicable Reason di Gábor Reisz (Ungheria, 2014),  più linearmente degli altri rappresenta, non senza ironia e certamente con giovanile humor, ma realisticamente, un bamboccione quasi trentenne, laureato in storia del cinema a Budapest (laurea ovunque assai poco utile per trovare una occupazione), ma ancora mantenuto dai genitori, coccolato dalla mamma e rimproverato dal padre come un bambino.

Si chiama Áron, è un bel ragazzo sano, ma psicologicamente fragile, tanto da cadere in totale confusione appena viene lasciato dalla sua compagna da tempo convivente. Un giorno per caso, o per sbaglio, si ritrova in tasca un biglietto aereo per Lisbona,  acquistato (con la carta di credito dei genitori) inconsapevolmente, in un momento di ubriachezza con gli amici. Parte allora per dare una svolta alla sua vita inutile. A Lisbona si mantiene facendo lo sguattero nei ristoranti, è amato da una ragazza, ma queste non sono esperienze che lo facciano crescere. Tornato quindi a Budapest, va alla ricerca di una ragazza che prima del viaggio aveva incontrato su un bus nella funzione di controllore, credendo di essersene innamorato. Ma fallisce anche con questo incontro una qualunque sperata costruzione di sé. La storia sembra  contenere qualche elemento autobiografico. Non a caso  il regista, sui trent’ anni, ha invitato i suoi veri amici a interpretare quelli del protagonista, il cui interprete (Áron Ferenczik), tra l’altro, porta lo stesso nome del personaggio.

Anche il principale vincitore del festival,  Mange tes morts di Jean-Charles Hue (Francia, 2014), una specie di western metropolitano, che ritrae,  in un episodio drammatico, un gruppo di giovani nomadi «jenish» a Parigi, fratelli e cugini, impegnati nei furti, contiene paralleli ritratti di trentenni immaturi.

La storia si svolge a partire da quando, nei giorni che anticipano il battesimo del diciottenne Jason, torna a casa  il fratello maggiore Fred, dopo aver scontato quindici anni di prigione per omicidio.  Ovviamente questi giovani delinquenti  sono rappresentati nelle loro fragilità e inettitudini, tanto da risultare più maturo di tutti  il più piccolo, l’adolescente quasi diciottenne Jason, l’unico che riuscirà a integrarsi socialmente facendosi battezzare.

Un altro esempio del prevalere del tema dell’immaturità dei trentenni nei film in concorso è Felix & Meira di Maxime Giroux (Canada, 2014),  che ha ricevuto il premio per il rispetto delle minoranze e per la laicità, attribuito dalla Giuria Interfedi.  La  libertà  vitalistica del laico protagonista maschile  viene contrapposta alla sottomissione a cui è obbligata la donna in una comunità ortodossa (i chassidici di Montreal). Felix è un giovanotto nullafacente, presentato nel momento della morte del padre ricco, dopo aver vissuto anni di contrasti insanabili e rancorosi con il genitore. La sua irresponsabile, ma simpatica, inquietudine  viene fatta incontrare con il bisogno di ribellione alle regole restrittive, severamente imposte dal marito rabbino della bella Meira,  madre da poco più di un anno, che ne diviene l’amante. La conclusione del film indica, con una scena in gondola a Venezia dove la coppia sta realizzando il sogno preannunciato nel primo incontro, l’abbandonarsi da parte di entrambi, insieme con la bambina, a una vita improvvisata giorno per giorno, priva di progetti definiti.

 Il film italiano N-Capace  scritto, diretto e co-interpretato da Eleonora Danco, ha ottenuto due menzioni speciali della giuria. Consiste in diverse interviste fatte ad anziani e a giovani di Terracina e Tor Bella Monaca, esibendo così, in diretta, un confronto generazionale. Danco in particolare chiede ai giovani come sono strutturate le proprie giornate e quali sono le loro ambizioni, e agli anziani di parlare del rapporto che avevano con i genitori. A tutti fa domande sul sesso.

 Giovani immaturi nei film non  premiati
 Lo stesso tema del vuoto e dell’incertezza di un giovane nel prendere decisioni è riscontrabile in film che non hanno  avuto nessun premio. Simpatica commedia è a questo proposito Big significant things di Byan Reisberg (USA 014): prende in giro contemporaneamente l’ingenua ricerca di certezze del giovane protagonista confuso, segretamente in  viaggio da solo attraverso gli States del Sud alla viglia di un trasloco con la sua pur amata compagna, e l’infantilismo generalizzato dei ragazzi americani. Mete  dello strano turismo, tanto casuale quanto inutile, sono oggetti esibiti come monumenti per il loro primato nel mondo in quanto alle loro dimensioni esagerate: il secchio più grande, la sedia a dondolo enorme, la padella immensa, la stella idem. Il personaggio che viaggia in auto, Craig,  offre  il punto di vista di una storia non priva di humor anche nei confronti delle persone che costui incontra nei paesini in cui si ferma per riposarsi: gli altri giovani con cui viene a contatto sono vuoti e confusi anche più di lui.

Sia il genere comico sia quello dell’ horror  hanno rispettato il tema comune dei   film in concorso. What we do in the shadow di Taika Waititi and Jemaine Clement (Nuova Zelanda 2014) punta sulla comicità, raccontando il modo di convivere e di entrare in contatto con la città da parte di tre vampiri coinquilini, centenari ma fissati nella loro eterna giovinezza, con l’aggiunta di Nosferatu in un armadio: il loro incontro con gli umani crea l’occasione di ironizzare sui ritmi assurdi del mondo moderno. The babadook di Jennifer Kent (Australia 2014) è invece un horror con protagonista una madre vedova con un bambino ossessionato da paure notturne.  Attraverso  una storia terrificante, che la mamma legge al figlio in un libro trovato casualmente in casa, di Babadook, un essere malefico, che tende a insinuarsi minaccioso nella vita domestica, la protagonista si lascia suggestionare fino a rivoltarsi contro il piccolo stesso sfiorando la pazzia. Sebbene il film presenti nel finale un inaspettato, quanto non narrativamente giustificato, ritorno alla normalità, anche qui viene presentata  una  immagine giovanile fragile e incapace di equilibrio.

 Anuncian sismos  di Rocío Caliri e Melina Marcow (Argentina 2014), ispirato a una storia vera, inquadra il difficile rapporto generazionale tra i minori e i loro educatori sullo sfondo di una inesplicabile ondata di suicidi da parte di adolescenti che scuote una cittadina del Nord dell’Argentina. La scuola allora tenta la prevenzione facendo socializzare in un gruppo musicale i ragazzi e le ragazze più colpiti da vicino da questi lutti,  anche tendendo a evitare, con la loro separazione dagli altri compagni, il diffondersi di una specie di contagio psicologico autodistruttivo. Mariano, che ha perso da appena sette mesi una sorella che si è tolta la vita, e per questo ha una madre depressa, entra a far parte di questo progetto. A un certo punto gli viene chiesto  di provare a evitare la violenza a ogni costo: "Ma come si fa se se ne è circondati?", risponde lui. Altre frasi critiche nei confronti dei comportamenti degli adulti vengono mostrate scritte su una lavagna di una classe. Anche se questo film presenta alcune incongruenze  cinematografiche, se considerato all’interno del mosaico costituito dall’insieme di tutti quelli in concorso, può essere visto come uno dei tasselli significativi.

 

 Sui film fuori concorso e il disagio per i tagli dei finanziamenti
 I film e i documentari fuori concorso sono stati meno omogenei nelle tematiche e, naturalmente,  più ben costruiti, date le regie di professionisti affermati, che di solito hanno potuto fruire di maggiori finanziamenti. Non pochi di questi, anticipati in lingua originale nelle proiezioni del festival, si potranno vedere poi in traduzione nella normale distribuzione nelle sale. In totale i film  presentati al pubblico in questo ultimo Tff sono stati una ottantina, compresi quelli vecchi o addirittura storici (come Das cabinet des dr. Caligari di Robert Wiene, Germania 1920 ), appena restaurati, e i documentari. Però, dati i tagli apportati nuovamente ai finanziamenti,  i locali a disposizione sono stati soltanto tre, di cui uno con una sola sala (il Classico), provocando molte proteste per le code interminabili e  l’impossibilità  per molti abbonati e accreditati di vedere i film secondo le proprie scelte. Quindi si sono toccati con mano anche in questo, concretamente, gli effetti della crisi.

Nuovi stili cinematografici
Sul piano stilistico, esaminando i film più attuali  presentati in questo Tff in un confronto trasversale, sembra emergere una nuova evoluzione del linguaggio cinematografico. Come soprattutto dimostrano le produzioni dei registi più giovani, la tendenza sta orientandosi verso una maggiore accentuazione della comunicazione per immagini e piani sequenza, con conseguente uso  frequente delle ellissi narrative, a volte anche molto ardite, apprezzate (soltanto?)  dalle ultime generazioni. Si tratta, in certi casi , di vere e proprie contaminazioni tra cinema e videoarte, come nel film in concorso Violet di Bas Devos (Belgio e Olanda 2014), sulla sofferenza di un adolescente per la morte violenta di un compagno cui ha assistito in un centro commerciale. La giuria, presieduta dal regista Ferzan Ozpetek, non l’ha preso in considerazione nella scelta della premiazione, ma al pubblico giovanile è piaciuto. La direttrice di questo trentaduesimo festival, Emanuela Martini, è andata proprio incontro ai gusti dei giovani.

Di che cosa parliamo?

Il cinema narrativo è uno strumento di comunicazione educativa e didattica  quasi indispensabile  nella scuola di oggi, sia come arte visiva sia come mezzo per far passare e fissare  l’apprendimento attraverso emozioni. Gli insegnanti   hanno bisogno di  mantenersi    informati sui film più adeguati a questi scopi della loro attività professionale. “Lo specchio di Alice” (in quanto il cinema può essere un  vero specchio del mondo per  i ragazzi e le ragazze in formazione) si propone  di informare i docenti sui film contemporanei e su quelli del passato più interessanti e comprensibili   da parte di allievi e allieve adolescenti. Come a scuola per le letture, a  volte verranno  recensite, e didatticamente corredate,  anche opere cinematografiche meno valide esteticamente, ma capaci di suscitare interrogativi, introdurre problemi, illustrare argomenti di studio presso  gli studenti.

L'autrice

Ha insegnato in un triennio linguistico.  Supervisore di tirocinio dal 1999 al 2003  e docente di didattica della letteratura fino  al 2008 presso la SSis dell’università di Torino.  Esperta di cinema e didattica, dal 2003  ha recensito assiduamente sulla rivista insegnare  il “Torino film festival” e i film in uscita più adeguati  a prestarsi come sussidi  nell’insegnamento agli adolescenti.

 


All’indirizzo   marialuisa.jori@gmail.com  su richiesta si forniscono  gratuitamente sia  informazioni  su film  utilmente  collegabili ad  argomenti  dei  programmi scolastici (per es. di storia) sia indicazioni metodologiche   sull’uso didattico del cinema nella scuola di ogni ordine e grado.