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di Maria Luisa Jorilo specchio di Alice

23/02/2016

Una volta nella vita

 

Titolo originaleLes Héritiers

Genere: Drammatico
RegiaMarie-Castille Mention-Schaar 
SceneggiaturaMarie-Castille Mention-Schaar, Ahmed Dramé 
Interpreti 
 Ariane AscarideAhmed DraméNoémie MerlantGeneviève Mnich, Wendy  Nieto, Aïmen Derriachi
Musiche: Ludovico Einaudi
Fotografia: Myriam Vinocour
Produzione: Francia , 2014

 

 

 

Trama.    
 Il film racconta un fatto veramente accaduto in una classe di un liceo francese. È stato scritto e interpretato da Ahmed Dramé  (nel film Malik), che a sedici anni aveva vissuto l’esperienza poi portata sullo schermo. Il titolo originale, in francese “Gli eredi”, ne spiega meglio il significato. La professoressa Gueguen (nella realtà Anne Anglés) di storia dell'arte ed educazione civica si trova a insegnare in una classe multietnica del liceo Leon Blum di Creteil (banlieu a est di Parigi), in cui gli allievi sono demotivati e indisciplinati in modo indomabile. L’attrice interpreta magnificamente il personaggio, anche per essersene impadronita nel modello del comportamento insegnante appreso assistendo alle lezioni della prof. Anne Anglés contestualmente nella sua classe.
In Francia è stato istituito nel 1961 (proprio nell’anno del processo ad Eichmann) il Concours national de la résistance et de la déportation, a cui ogni anno partecipano classi di studenti liceali e di scuole superiori. Nell’edizione del 2008/2009 il tema da affrontare nel lavoro collettivo era “I bambini e gli adolescenti nel sistema concentrazionario nazista”. La professoressa ha l’idea di proporre alla sua classe, così difficile da motivare e impegnare nell’apprendimento, la partecipazione a tale concorso: in quei ragazzi e quelle ragazze di diverse etnie, prevalentemente di famiglie deprivate e socialmente emarginate, riesce a identificare, con una speciale acutezza psicopedagogica, peculiari potenzialità di comprensione profonda della tragedia dell’Olocausto, grazie alla loro evidente sensibilità “a fior di pelle” in tema di uguaglianza e, date le loro diversità culturali, per l’universalità dei diritti. La nota singolare sta infatti nelle diverse etnie degli studenti che compongono la classe; ma soprattutto nel loro essere quasi tutti musulmani, quindi per lo più disinformati su quei fatti. “Eredi” sono i giovani che non sanno e che scoprono quel passato per la prima volta. 

 Lottando contro la mancanza di autostima di tutta la classe, accentuata dai giudizi negativi di tutti gli altri professori, l’illuminata insegnante, capace di farsi rispettare senza autoritarismo, imponendosi con la sua autorevolezza e un carisma dovuto alla passione per l’insegnamento e per chi ha bisogno di apprendere e di crescere, riesce a poco a poco a rassicurare allievi e allieve. Insegna loro un metodo di ricerca cooperativo attraverso il quale, dato l’argomento, imparano anche a identificarsi nella reciprocità generazionale e, al di là di tutte le differenze, nell’uguaglianza e nell’ universalità dei diritti. Soprattutto arriva a motivare ciascuno e ciascuna sia con l’incontro di Léon Zyguel, deportato da ragazzo, sopravvissuto in un campo di sterminio e impegnato, da settant’anni anni, a rendere la sua testimonianza nelle scuole (personaggio reale che nel film recita se stesso) sia portando la classe a visitare un museo delle vittime della deportazione e dello sterminio. Dalle prime stupefatte reazioni di fronte ai documenti (orali, scritti e fotografici) degli orrori nascerà anche l’interesse per l’approfondimento storico sui libri.

 Gli studenti si attivano sempre più collaborando nella ricerca di informazioni, assistiti anche da un’altra insegnante della scuola. La professoressa Gueguen non si lascia frenare nel suo progetto educativo neppure dall’autorità del preside, che ne disapprova l’iniziativa  giudicando disdicevole far partecipare al concorso una classe giudicata scadente nella disciplina e nel profitto da tutto il Consiglio. Contro ogni aspettativa dello stesso preside, presente però alla cerimonia di premiazione per raccogliere gli allori, quella classe vince il primo premio del concorso. Inoltre, come indicato nelle didascalie che precedono i titoli di coda, il successo formativo viene confermato dagli ottimi risultati di molti dei suoi studenti all’esame di diploma: tutto questo grazie a una insegnante capace di non vedere nei suoi allievi indisciplinati dei perdenti, ma delle speranze per il futuro (infatti “Ciascuno cresce solo se sognato”- sosteneva Danilo Dolci ).

 

Commento critico.  
Dal punto di vista cinematografico non sempre la narrazione, pur ispirata a un fatto vero, è resa credibile: la trasformazione della peggior classe del liceo in un gruppo coeso e affiatato, per esempio, è raccontata in modo troppo frettoloso. È invece ben rappresentata l’interazione tra gli studenti. Sinteticamente significative anche le allusioni alla laicità d’obbligo in Francia nella scuola (ci colpisce in quanto non esiste una legge uguale in Italia). Il film si apre infatti con una ragazza dal capo coperto in quanto musulmana, accompagnata dalla madre, alle quali il preside e un’ insegnante rifiutano la consegna del documento di diploma se non si toglie il velo. Aggressivamente la ex allieva risponde che per lei “le voile” fa parte della sua identità e ha già sofferto troppo negli anni in cui era stata costretta a rinunciarvi per frequentare la scuola . Poi in un’altra scena, nel corso della narrazione, a un’allieva viene ordinato di nascondere la croce che tiene al collo con una catenina.

Il film si può forse definire didascalico, ma non retorico. Non molto innovativo, tuttavia non banale. Soprattutto può essere utile per stimolare discussioni e introdurre l’argomento della memoria della Shoah in una classe. Al di là di questo, la storia narrata propone anche un tema relativo al comportamento insegnante, alla relazione tra docente e classe e alle pratiche didattiche basate sulla ricerca attiva e sul lavoro di gruppo assistito, in cui la spiegazione della professoressa è motivata e richiesta contestualmente al processo di apprendimento. 

 Dunque Una volta nella vita stimola molte domande negli spettatori, sia adolescenti che adulti, di natura storica, pedagogica, morale, ma anche cinematografica: sul sistema concentrazionario (su chi lo ha attuato, come e perché), sul dovere della memoria (in che rapporto ci dobbiamo porre oggi nei confronti di quel passato), su che cosa si deve insegnare a scuola (informazioni per istruire soltanto o anche conoscenze e attività per educare?), sul successo scolastico (se dipende soltanto dagli allievi o dalle scuole, dagli insegnanti, dai metodi didattici adoperati), sulla resa cinematografica (se il film è una trascrizione fedele di quello che è successo nella classe, in quali scene appare più vero e in quali meno). 

 

L'onda

Alcuni anni fa un film di produzione tedesca (Die Welle, L’onda) aveva raccontato un altro fatto vero avvenuto nell’ambito dell’insegnamento storico del nazismo in un liceo. Si trattava però nella realtà di una esperienza didattica molto diversa da quella narrata ne Les Héritiers: era tale da poter diventare pericolosa per la formazione dei ragazzi. A maggior ragione anche il film che vi si ispirava, per il modo in cui veniva articolata e conclusa la narrazione, non era raccomandabile per una visione da parte di studenti non sufficientemente istruiti sull’argomento. Ora però è possibile ipotizzare che Una volta nella vita potrebbe servire a integrarne la visione e la comprensione, soprattutto in un confronto tra le due opere cinematografiche.

Titolo originaleDie Welle 

Genere: Drammatico
RegiaDennis Gansel
Interpreti :: Jürgen Vogel, Frederick Lau, Max Riemelt, Jennifer Ulrich, Christiane Paul, Elyas M'Barek, Cristina do Rego, Jacob Matschenz, Maximilian Vollmar, Max Mauff 
Produzione: Germania, 2008

 

Le fonti
L’onda (Die Welle) uscito in Germania nel marzo 2008 (presentato anche a un pubblico di studenti), dopo essere stato a gennaio al Sundance americano, già pluripremiato (miglior film alla European Film Award, miglior attore non protagonista e terzo premio per il miglior film al German Film Award), in Italia è stato presentato per la prima volta al Torino film festival 2008, in concorso. Per l’argomento trattato era stato molto discusso in patria. Racconta i tragici effetti che ha su una classe mista di una trentina di studenti in un liceo tedesco un esperimento didattico effettuato con lo scopo di far comprendere ai ragazzi e alle ragazze increduli come fu facile, in certe condizioni, l‘adesione al nazismo da parte di milioni di cittadini tedeschi e come il fenomeno potrebbe ripetersi anche oggi.
Il romanzo cui il regista ha attinto il soggetto è stato scritto nel 1981 dall’ americano newyorkese Morton Rhue (pseudonimo di Todd Strasser). Nel libro veniva raccontata la vicenda reale di un esperimento eseguito in una scuola di Palo Alto, in California.

  Nel 1967 l’insegnante di storia della ‘Cubberley High School’ californiana, Ron Jones, aveva mostrato ai suoi alunni un film sul nazismo e, quando i ragazzi si erano dichiarati scettici sul fatto che un popolo possa all’improvviso mettersi a seguire ciecamente un demagogo, aveva realizzato un esperimento. Durante la prima settimana di aprile, attuando un gioco di ruolo, invece del Terzo Reich, l’insegnante aveva deciso di fondare un nuovo movimento, chiamato la “Terza Ondata”, e aveva imposto agli studenti di indossare una speciale uniforme. Però quella simulazione del comportamento fascista si era trasformata per lui in una trappola: in pochi giorni gli studenti si erano impossessati del meccanismo, incarnandolo e portandolo a conseguenze fuori di ogni controllo del professore. Nel 1972 il professore Ron Jones aveva raccontato la sua esperienza in un articolo, che costituì la fonte primaria di tutti i racconti che ne seguirono, scritti e filmati.

Nello stesso anno (1981) della pubblicazione del romanzo di Todd Strasser-Morton Rhue , The Wave, era stato anche trasmesso alla televisione USA il film TV di Alexander Grasshoff (testo tratto dall’articolo di Ron Jones , con la sceneggiatua scritta da Johnny Dawkins). Nel 1984 uscì la traduzione tedesca del romanzo (di Hans-Georg Noack), con il titolo Die Welle. Bericht über einen Unterrichtsversuch, der zu weit ging (L’Onda. Resoconto di un esperimento didattico che andò troppo oltre), che da quel momento in poi è diventata una lettura sempre più diffusa nelle scuole della Germania. Lo stesso regista del film, Dennis Gansel (classe 1973), figlio di due insegnanti, in una intervista ha dichiarato di aver letto quel libro da studente, a scuola. Per portarlo sullo schermo ha cambiato parecchi particolari del romanzo, anche perché lo ha riadattato ad un contesto diverso da quello di origine, la California, decidendo di ambientarlo in Germania in un tempo attuale. In particolare ha affermato di aver cambiato l’inizio e la fine del romanzo, per dare più forza al film. Ha voluto rappresentare cinematograficamente con più vigore il risultato tragico a cui l’Onda aveva condotto i ragazzi. 

Il racconto del film
Rainer è un docente anticonformista, giovanilista, che va a scuola con la maglietta del gruppo punk rock dei Ramones. Quando gli viene affidato, suo malgrado, il compito di condurre la settimana di lezioni speciali sul tema dell’autocrazia non si accontenta di spiegare accademicamente il concetto con i relativi esempi storici. Per convincere i suoi studenti della possibilità che si annida in qualunque gruppo umano di creare un sistema di quel tipo, vuol far vivere in prima persona agli studenti i principi di una dittatura. I ragazzi, che lo hanno sempre chiamato per nome, da lunedì lo dovranno salutare alzandosi in piedi e riferirsi a lui come “signor” Wenger. In cinque giorni nasceranno il nome, L’Onda, un motto, un logo e un saluto segreto.

Il principio dell’uguaglianza, interpretato come frutto di disciplina e comunità, ubbidienza al capo e conformistica unione di gruppo, si esprime attraverso una divisa comune (una camicia bianca): non indossarla diventerà presto motivo di esclusione e nel giro di tre giorni tutto questo, fisicamente vissuto anche attraverso lo sport (nel film la palla a nuoto al posto del calcio), partorirà la violenza. Presto rientrano nella classe anche i primi ragazzi diffidenti che in un primo tempo si erano dissociati e le adesioni volontarie al corso di autocrazia da parte degli studenti della scuola si moltiplicano, a scapito della frequenza dell’altro corso opzionale offerto nello stesso istituto, sul concetto di anarchia.

 A poco a poco i più deboli, che vedono nel movimento la loro prima vera famiglia, per difenderla saranno pronti alle armi. Una sola ragazza , Karo, pur non lasciando la classe, si contrappone al gioco che intuisce sbagliato e pericoloso. Usando la redazione della scuola stampa volantini contro l’Onda. Alla fine anche il suo ragazzo, Marco, dopo essere andato fuori di testa fino a picchiarla, capisce che bisogna fermare il meccanismo che sta portando il gruppo classe verso comportamenti sempre più fascisti e avverte il professore della necessità di porre fine al gioco. Intanto Rainer ha avuto per lo stesso motivo uno scontro con la sua compagna convivente che è anche sua collega. La donna, facendo da eco agli altri docenti della scuola, lo accusa di essere talmente narcisista da non curarsi degli effetti nefasti del gioco di ruolo impostato nella classe: l’uomo ha ottenuto una gratificante influenza carismatica sugli studenti, ma li sta deviando sul piano educativo, spingendoli verso comportamenti fascisti. Rainer lì per lì risponde accusandola di invidia, per non riuscire lei come insegnante ad ottenere lo stesso seguito da parte dei propri allievi. Ma il professore poi, confrontandosi anche con l’avvertimento dello studente Marco, capirà e cercherà di disfare il meccanismo innestato, cosa che però non sarà facile né indolore. 

 

Commento critico
 Sappiamo che il fenomeno dell’obbedienza cieca all’autorità è stato esaminato anche da diversi esperimenti psicologici, come lo "Stanford prison experiment" o il "Milgram experiment", raggiungendo spesso risultati inquietanti. Jurgen Vogel, il pluripremiato attore che interpreta Rainer, ha commentato: «Una volta che hai convinto qualcuno ad accettare disciplina e gerarchia puoi andare a sinistra o a destra, ma alla fine sono sempre la manipolazione e l’abuso di potere a rendere il sistema pericoloso, indipendentemente dall’ideologia che lo sostiene». Sono parole di un cittadino di una nazione come la Germania che ha alle spalle una storia di manipolazioni e abusi di potere sia  con la dittatura nazista che, sebbene in modo differente, sotto il regime comunista della DDR . 

Il film è raccontato con una capacità tecnica buona, perfino attraente (anche grazie alle scelte musicali seduttive, specialmente per i giovani) che lo rende indubbiamente suggestivo agli occhi di un pubblico viziato dai film americani (sulla violenza nella scuola le migliori produzioni USA erano state per esempio Bowling a Colombine, diretto nel 2002 da Michael Moore, premio Oscar 2003 come miglior documentario, e nello stesso 2003 Elephant di Gus Van Sant ). Ma il senso del messaggio che, a ben riflettere, esso trasmette quasi come in un racconto a tesi, lascia perplessi e critici. Ambientando l’esperimento in una realtà indeterminata, poco caratterizzabile come tedesca (non viene mai detto il nome della città nella quale si svolge la storia), la vicenda si assolutizza e diventa esemplare di una concezione troppo pessimistica dell’uomo e delle sue possibilità di scegliere la via della giustizia sociale. 

 L’onda, trattando di scuola e di un argomento scolasticamente frequentato, è destinato (come è già avvenuto in Germania) ad essere proiettato per gli studenti. Se non analizzato e discusso a fondo rischia, così come si presenta, di essere più disorientante che utile per una educazione alla cittadinanza. Ai giovani bisogna fornire parametri razionali attraverso i quali guardare il passato, far rivisitare la memoria dei nonni alla luce della loro natalità nel diverso presente storico, non far rivivere emozionalmente, impersonandone gli aspetti più deleteri, i momenti disgregatori della civiltà. 

Di che cosa parliamo?

Il cinema narrativo è uno strumento di comunicazione educativa e didattica  quasi indispensabile  nella scuola di oggi, sia come arte visiva sia come mezzo per far passare e fissare  l’apprendimento attraverso emozioni. Gli insegnanti   hanno bisogno di  mantenersi    informati sui film più adeguati a questi scopi della loro attività professionale. “Lo specchio di Alice” (in quanto il cinema può essere un  vero specchio del mondo per  i ragazzi e le ragazze in formazione) si propone  di informare i docenti sui film contemporanei e su quelli del passato più interessanti e comprensibili   da parte di allievi e allieve adolescenti. Come a scuola per le letture, a  volte verranno  recensite, e didatticamente corredate,  anche opere cinematografiche meno valide esteticamente, ma capaci di suscitare interrogativi, introdurre problemi, illustrare argomenti di studio presso  gli studenti.

L'autrice

Ha insegnato in un triennio linguistico.  Supervisore di tirocinio dal 1999 al 2003  e docente di didattica della letteratura fino  al 2008 presso la SSis dell’università di Torino.  Esperta di cinema e didattica, dal 2003  ha recensito assiduamente sulla rivista insegnare  il “Torino film festival” e i film in uscita più adeguati  a prestarsi come sussidi  nell’insegnamento agli adolescenti.

 


All’indirizzo   marialuisa.jori@gmail.com  su richiesta si forniscono  gratuitamente sia  informazioni  su film  utilmente  collegabili ad  argomenti  dei  programmi scolastici (per es. di storia) sia indicazioni metodologiche   sull’uso didattico del cinema nella scuola di ogni ordine e grado.