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Educazione pubblica

 

C’era una volta, anzi: c’è ancora…  una signora che si chiama Franca Caffa, 93 anni, avvolta in una kefiah, e c’è un signore, 82 anni, dritto e serio, con una chioma candida, che si chiama Sergio Mattarella. I due parlano, ad interlocutori diversi, delle stesse cose: di giustizia, di libertà, di pace.
E poi c’è un giovane, vestito come un ninja, che di mestiere fa il carabiniere, che sta armato difronte alla donna e lei gli chiede di rinsavire, lasciando che si possa manifestare pacificamente per far finire quella storpiatura crudele dell’intelletto umano chiamato “guerra”. La donna parla a voce bassa e ferma, si rivolge al ninja dandogli del “lei”, richiamandolo al suo ruolo di garante dello Stato, dell’istituzione, facendo riferimento a quel vecchio signore canuto ma lucidissimo, e lui gli risponde: “Mattarella non è il mio presidente”. La donna non riesce a credere alle sue orecchie: sta parlando ad un dipendente pubblico, dà per scontato che sotto l’armatura ci sia un uomo dello Stato, invece si sente ribadire una follia: “Mattarella non è il mio presidente… non l’ho votato”.

E poi c’erano una volta, anzi: ci sono ancora, tant* insegnanti che spiegano nelle classi che il presidente non è votato dal popolo, e questa è una garanzia di democrazia, non un irritante vincolo ad una inesistente “libertà individuale”.
E poi, quest* insegnanti, fanno sì che bambin* e adolescenti facciano esperienza quotidiana di come si convive civilmente dentro una comunità, rispettando tutti*, dialogando con tutt*, persino litigando, ma con la garanzia di un sistema di regole che permettono di crescere consapevolmente organizzati.
Sono anche loro dipendenti pubblici: incarnano la Repubblica, sono un pezzetto di Stato, e con  questa consapevolezza bisogna dar forma al proprio lavoro, che sia tra i banchi o tra i manifestanti in piazza. Ogni funzionario pubblico è chiamato a dare l’esempio, prima ancora dell’insegnamento, di che cosa significa essere parte di una comunità, riconoscendosi in quei valori di cittadinanza giusta ed equa che non hanno alcun bisogno di manganelli.

Che cosa imparano bambin* e ragazz*, uscendo dalla scuola, accendendo il cellulare e guardando il video di Franca e del militare? Chi dei due è un “servitore dello Stato”?

Se la “scuola della strada” ha un senso, che sia una strada in cui si possano incontrare solo maestre come Franca Caffa.

 

Abbiamo esitato a prendere posizione su questa vicenda tristissima giacchè non c'è un coinvolgimento diretto della scuola; poi abbiamo avuto un utile scambio con Maria Corallo (presidente del C.I.D.I. di Bari), che ringraziamo per la condivisione del fatto che l'insegnante è un intellettuale pubblico, non un tecnico della didattica. 

 

A fianco, Franca Caffa intervistata il 30/1 su La7, nel corso della trasmissione DiMartedì; foto di @M.Gloria Calì.