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entrepreneurship ... oltre le discipline

Nel pieghevole "Oltre le discipline", progetto INDIRE nell'alveo (alluvionale) delle "Avanguardie educative", al paragrafo "Perché cambiare", dopo un già di per sé eloquente

•  Per superare la scuola dei contenuti a vantaggio della scuola attiva organizzata in ambienti motivazionali che permette l’acquisizione dell’habitus dello studio e della ricerca;

è possibile leggere una motivazione ancor più accattivante:

•  Per costruire il curricolo trasversale intorno al concetto di «entrepreneurship» come competenza chiave che permette di raccordare livelli primario e secondario inferiore e superiore.

Per antica consuetudine, a partire dal latinorum degli azzeccargabugli, sappiamo che quando si usano le parole (oscure) nella lingua del potere, è bene insospettirsi e cercare, se possibile, di capire che cosa nascondono!

Inevitabile, allora, hic et nunc (latino), cercare di capire che cosa mai si possa intendere con «entrepreneurship» !

Ebbene, per chi non lo sapesse, viene tradotto da WordReference.com con "imprenditorialità, spirito imprenditoriale".
Scopriamo così che si tratta di una delle "famose tre I" di morattiana memoria, che Silvio Berlusconi, che se ne intende, traduceva con un più spiccio "Impresa" (da alimentare nella scuola insieme a "Inglese e Informatica").

Del resto la Luiss Business School così presenta il suo 

MASTER IN ENTREPRENEURSHIP

L’obiettivo del Master è quello di generare ed infondere un forte spirito imprenditoriale nei partecipanti, non solo per la creazione della propria impresa, ma anche per acquisire skill e mindset fondamentali per il mercato del lavoro moderno.

Bene! Abbiamo capito!

E abbiamo anche capito perché, sempre tra le motivazione del "Perché cambiare", il patinato di "Oltre le discipline", inserisca in primis (latino):

• Per integrare l’orientamento nella disciplina, rafforzando il legame tra discipline e professionalizzazione.

Insomma, lo studio disciplinare ridotto all'osso (lo chiamano "sapere tecnico") e poi l'esercitazione di competenze laboratoriali interdisciplinari per rinforzare le componenti trasversali dell'adattamento e dello sviluppo delle potenzialità cognitive funzionali al mercato del lavoro precario e mutevole o della leadership (toh! "ship"!) apparente.

A proposito, per chi avesse poca dimestichezza, con l'inglese maccheronico, Collins avverte che le parole che finiscono con -ship non rimandano alla nautica, ma, in verità più in american english che in british english, a questioni che da tempo ci assediano (e assillano): quality, skill, ability, semper (latino) ovviamente individuals:

 

 

 

 

 

 

 

 

E abbiamo anche capito perché nel Manifesto delle Avanguardie educative  si legge, tra l'altro:


INVESTIRE SUL “CAPITALE UMANO” RIPENSANDO I RAPPORTI
(dentro/fuori, insegnamento frontale/apprendimento tra pari, scuola/azienda, ecc.) 

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una “rivoluzione copernicana” sviluppata su più livelli: di fronte all’apertura dei saperi all’accessibilità della Rete, la scuola, un tempo unico avamposto del sapere, si è trovata a dover operare in un contesto ben più articolato in cui altre agenzie e luoghi di apprendimento promuovevano lo sviluppo di conoscenze formali e informali spendibili nel mondo del lavoro.

Una scuola d’avanguardia è in grado di individuare – nel territorio, nell’associazionismo, nelle imprese e nei luoghi informali – le occasioni per mettersi in discussione in un’ottica di miglioramento, per arricchire il proprio servizio attraverso un’innovazione continua che garantisca la qualità del sistema educativo. Una scuola aperta all’esterno instaura un percorso di cambiamento basato sul dialogo e sul confronto reciproco.

L’Europa sostiene l’apprendimento per tutto l’arco della vita mettendo al centro l’individuo e la sua capacità di sfruttare tutte le occasioni possibili per accrescere il suo sapere. La conoscenza è il bene primario della nostra società, ed è una conquista del singolo che nella scuola “impara a imparare” e può così affrontare tutto il percorso della vita facendo fronte ai problemi e alle incertezze che la globalizzazione porta con sé.

Insomma, basta avere idee e prospettive chiare: se la scuola deve servire ad "adattarsi ai problemi e alle incertezze che la globalizzazione porta con sé", la strada è tracciata: come diceva Silvio Berlusconi: "Inglese. Internet. Impresa.".

Se è finalizzata invece a educare donne e uomini liberi, cittadini consapevoli e a mettere le basi perché possano essere lavoratrici e lavoratori dotati di una professionalità che ne consolidi l'identità e i diritti, in un quadro di emancipazione collettiva e sociale, e non solo di salvaguardia e sopravvivenza individuale e competitiva, allora la faccenda è un po' più complessa.

E servono anche ben altri vascelli!