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a cura di insegnareUna scuola per la cittadinanza

15/11/2020

Il ciclo di seminari

Offriamo la registrazione dei singoli seminari, preceduti da una breve introduzione redatta dalla collega che in ciascuno ha coordinato i lavori.

Seminario 1. 20 ottobre 2020

Seminario 2.  4 novembre 2020

Seminario 3  11 novembre 2020

Seminario 4 20 novembre 2020


 20 ottobre 2020  -  in collaborazione con il Cidi
 

L’educazione alla cittadinanza non è una materia

Introduce e coordina: Caterina Gammaldi - Apre il confronto: Giuseppe Bagni
Intervengono: Francesco Sinopoli - Mauro Palma - Simonetta Fasoli

Ribadire che l'educazione civica non è una materia ci consente di riaffermare un principio a cui abbiamo dedicato negli anni centinaia di iniziative, ivi compresi articoli, libri e dossier nella convinzione che la scuola democratica, di tutti e di ciascuno, ha le sue radici nella Costituzione della Repubblica italiana, anzitutto nell'art. 3 comma 2 e negli articoli 33 e 34. 

"Rimuovere gli ostacoli..." è nelle scelte di politica scolastica e culturali che vanno dal ridurre l'insuccesso scolastico all'inclusione. "L'arte e la scienza sono libere..", "la scuola é aperta a tutti..." ne sono sentieri ancora tutti da percorrere   ancor più oggi con l'aumento delle diseguaglianze e della povertà educativa. Per questo contrastiamo una legge, pur approvata da un ampio schieramento, che vuole utilizzare approcci culturali riduzionistici e uno spazio-tempo residuale (33 ore annue) e un voto, pretendendo per questa via di educare cittadini consapevoli. Alla scuola compete ricercare nelle tracce, nelle fonti, nei documenti disponibili le ragioni del dialogo e del confronto fra le generazioni, pena il dissolvimento delle competenze culturali di cittadinanza, l'unica opzione culturale che riteniamo praticabile. 

I decisori politici avrebbero dovuto tener conto che il tempo presente, complesso e diseguale, merita ben altra attenzione per bambini e ragazzi che vivono l'esperienza della scuola, anziché ritenerli destinatari di un sapere dogmatico e nozionistico in tema di diritti e di doveri, di partecipazione democratica. Per anni ci siamo sentiti dire che, in regime di autonomia, vanno praticate scelte a misura di apprendimento che hanno a riferimento la leggerezza e l'essenzialita dei saperi disciplinari. Le "Linee guida" che accompagnano la legge scelgono invece la logica di un curricolo statico per temi, per progetti ... sulla solidarietà, sulla legalità, sull'ambiente finalizzati alle buone azioni. Scegliere un'altra via suggerisce di assumere e praticare la centralità della scuola e della relazione educativa come forma di assolvimento del mandato Costituzionale.  (Caterina Gammaldi)


4 novembre 2020 - in collaborazione con i Cidi di Cagliari e Cosenza

Saperi disciplinari e cittadinanza

Introduce e coordina: Anna-Chiara Monardo -
Apre il confronto: Eleonora Aquilini
Intervengono: Carmela Fortugno - Luigi Menna - Marisa Cavalli -
Rosamaria Maggio

Questo secondo seminario ha posto l’attenzione sul rapporto tra le discipline e l’ educazione alla cittadinanza consapevole.
I saperi disciplinari, nella loro struttura epistemologica,  recano in sé una valenza di trasversalità che genera e costruisce competenze di cittadinanza.
Partire dai nuclei fondanti e costruire  un curricolo scolastico strutturato su esperienze di apprendimento che sviluppano l’argomentazione, la problematizzazione,  la formulazione di ipotesi, l’interpretazione, l’osservazione permette agli studenti di “praticare ” e “costruire” un approccio critico alla realtà inteso come interpretazione e consapevolezza di scelte .
In fase progettuale il docente riflette sull’oggetto culturale, all’interno della specificità  disciplinare,  che è connesso a sistemi concettuali complessi che non si traducono in semplici tematiche legate alle mode dettate dalla società.
La dimensione laboratoriale, intesa come costruzione di una dimensione operativo-cognitiva, nel suo essere luogo pedagogico e non semplice spazio fisico, diventa esperienza di cittadinanza ; essa, come sostiene Mario Ambel, sviluppa una "intelligenza interpretativa agita".   
Dunque se l’ "uso consapevole” dei saperi è contemporaneamente mezzo e fine per la formazione del cittadino è all’interno delle nostre discipline che va ricercato il valore “civico” della nostra azione didattica volta all’apprendimento e non all’indottrinamento.  

Un insieme di strumenti cognitivi e di atteggiamenti meta cognitivi necessari per trarre profitto dalle opportunità offerte dalla società contemporanea; non saperi utilitaristici ma competenze “durature” su nuclei forti della conoscenza che non si riducono alla semplice verbalizzazione dei saperi ma si incrociano con l’operatività ovvero con le conseguenze sociali dell’uso dei saperi ”. Così nella primavera del 1997 si era cominciato a discutere sul rapporto tra saperi e cittadinanza in un'ottica di complessità.
Il seminario, sulla linea tracciata in particolare dal primo volume della pubblicazione, riprende i pensieri elaborati diversi anni fa come punto di partenza per avviare una riflessione  sull’identità del “fare” scuola come istituzione dello Stato preposta alla formazione del cittadino  “educandolo” al’interno dei suoi saperi.   (Anna Chiara Monardo)

 

11 novembre 2020 - in collaborazione con i Cidi di Palermo e Pescara

Esercizi di cittadinanza: la laboratorialità dentro e oltre le discipline

Introduce e coordina: Rosanna Angelelli -
Apre il confronto: Maria Luigia Amoroso
Intervengono: Angela Caruso - Mariella Ficocelli - Gloria Calì
- Daniela de Scisciolo

Con questo terzo seminario  si entra nella questione dell’esercizio dei saperi in classe come apprendimento riflessivo da parte di ciascun allievo e co-costruzione insieme con l’insegnante di concreti percorsi motivati, in cui entrambi si modificano in uno scambio comune. Perché il senso di cittadinanza di un giovanissimo non si delinea soltanto negli stili di relazione assunti nei confronti degli altri, quanto e piuttosto nell’esercizio delle proprie conoscenze:  argomentato e costruito a scuola all’interno di uno scambio culturale complesso e condiviso esso diventa atteggiamento colto e civile fuori della scuola stessa.
Questo ci sembra essere l’obiettivo più irresistibile: imparare a condurre un’azione di cittadinanza motivata, non solo dal rispetto formale delle necessarie regole civili democratiche, ma da una conoscenza riflessiva in grado di sviluppare, a seconda del caso, sia un atteggiamento collaborativo, sia iniziative di cambiamento e reazioni critiche consapevoli. E tutti i saperi del curricolo sono efficaci allo scopo, anzi, la didattica democratica nell’assumere in toto il doppio compito dell’istruzione/formazione ha tentato da sempre di abbattere il pregiudizio sulla divisione dei saperi in quelli più o meno formativi, difendendo l’unitarietà del curricolo. Inoltre, ogni docente in relazione con i suoi alunni, è coinvolto in operazioni che comportano serie responsabilità di scelta nel costruire  il curricolo sulle specifiche esigenze di ogni classe, operazioni  che gli impongono una rifondazione permanente del suo sapere e dunque necessitano di studio e approfondimento costante sulla  disciplina. A sua volta questa si qualifica allargando i suoi orizzonti di senso dal momento che lo studente che vi è immerso compie anche  un viaggio dentro di sé sperimentando nuove  forme mentali di se stesso. 
La laboratorialità diventa allora un nodo tripolare che attiva, pur se con diverse modalità, il discente come il docente  intorno non tanto alla tematizzazione disciplinare quanto all’operatività che essa richiede. Questa si trasforma in competenze riflesse, in grado di essere rigiocate anche fuori della scuola.
La questione del “fuori” può essere interpretata sia in modo soggettivo che oggettivo: c’è un “fuori” che ogni giovanissimo importa a scuola e che appartiene al pregresso ma anche al contemporaneo della sua vita strettamente  personale e che gli può creare all’interno della scuola varie tensioni o presentarsi con vari dislivelli, discriminazioni che la scuola deve poter risolvere gettando le basi di un solido percorso primario di cittadinanza.  Ma c’è anche un “fuori oggettivo”, quel territorio di vita, ma anche di lavoro e di situazione sociale con cui il giovane si confronta durante e dopo la scolarizzazione. Questo territorio coinvolge strettamente anche la scuola presentandosi con elementi di contesto e di cornice che sono in grado di sostenerla ma anche di dominarla  e di espropriarla della sua identità. Spetta alla scuola trovare quell’autorevolezza, quella plausibilità, quella competenza che le sono necessarie sia per svolgere il suo mandato Costituzionale,sia per farsi aiutare a crescere senza umiliarsi. (Rosanna Angelelli).



20 novembre 2020 - in collaborazione con i Cidi di Pordenone e della Carnia

L’ambiente di apprendimento: ragioni e variabili implicite

Introduce e coordina: Maria Angela Truccolo - Apre il confronto: Cinzia Mion
Intervengono: Antonella Bruzzo - Luisa Girardi - Valentina Chinnici (Mario Ambel) - Marilena Rossetti

Il quarto seminario, posto a conclusione degli incontri  dedicati ai saperi disciplinari nella loro valenza specifica e trasversale e alla laboratorialità come didattica co-costruttiva, ne riprende e completa le riflessioni focalizzandole sui tratti fondamentali dell’ambiente di apprendimento.  Ne considera alcune variabili esplicite (le relazioni educative)  ed implicite (i vissuti, il clima della vita scolastica, le culture esperienziali di chi apprende) come si configurano nei diversi segmenti del percorso formativo, dal nido alla secondaria superiore.
I vari interventi infatti mostrano come, a partire dalla concretezza e dalla varietà delle problematiche che si presentano nel fare scuola quotidiano, sia indispensabile favorire la creazione di strette e significative connessioni tra l’ambito educativo, affettivo, socio relazionale, etico-valoriale e quello metodologico - cognitivo, tra esperienze personali, sociali  e linguaggi e saperi, con priorità e pesi differenti a seconda del contesto, dell’età degli alunni e del livelli scolastici.  Tutto ciò può avvenire attraverso la predisposizione di spazi di azione e/o di assetti intenzionali, in base alle specifiche situazioni in cui si va a progettare e a mettere in moto un processo di apprendimento attivo e costruttivo, a partire dalle domande significative su chi apprende, che cosa apprendere, in funzione dello sviluppo di competenze culturali di cittadinanza da esercitare nel contesto scolastico stesso e spendibili nei diversi contesti di vita.
I migliori contributi teorici forniti dalla psicologia cognitiva, dalla pedagogia, dalla didattica e dalla pratica educativa del ‘900, così come dalle esperienze di ricerca-azione attuate negli anni più recenti, hanno sottolineano l’importanza di un ambiente di apprendimento in cui possa affermarsi la centralità dei soggetti, in cui si promuovano inclusività, emancipazione e riduzione delle diseguaglianze, affrontando contestualmente il paradigma della complessità. L’ organizzazione di un ambiente di apprendimento così caratterizzato è ripresa anche dalla normativa delle "Indicazioni nazionali" (dal dichiarato non sempre però si passa nella scuola alla traduzione operativa) e richiede da parte dei docenti impegno intenzionale, professionalità, atteggiamenti consapevoli ed etici, volti a promuovere il bene comune, come spiega bene una bambina della scuola dell’infanzia:
Io dico che vuole dire che tutti sanno fare delle cose… non le stesse cose… diverse… e che tutte vanno bene…perché poi ci si aiuta e si può fare insieme.
(Maria Angela Truccolo)

 

L’educazione alla cittadinanza consapevole

non è una materia, né un progetto

è il mandato affidato dalla Costituzione alla scuola pubblica 

L'educazione alla cittadinanza è compito complesso ed essenziale dell'intero progetto educativo. È un errore grave ridurla a un'ora settimanale senza epistemologia disciplinare e in nome di una concezione onnicomprensiva e al contempo vuota della "trasversalità". 

Viviamo in una società che promuove, predilige e premia il consumo, l'individualismo, il merito, la competizione e poi si stupisce e finge di flagellarsi per la fine del lavoro, la crescita delle disuguaglianze, i danni ambientali, i rapporti interpersonali compromessi e spesso violenti...

Continuiamo a rimanere esterefatti e turbati dall' intenzione, in un simile contesto, di voler istituire l' insegnamento trasversale di educazione civica" per 33 ore all'anno con voto, spesso motivato da preoccupazioni moraliste o contingenti e impartito non si sa da chi e come e sulla base di quali competenze scientifiche e professionali.

La scuola pubblica è l'unico luogo dove si possa e si debba perseguire la crescita individuale e collettiva attraverso la pratica teorica delle conoscenze, delle competenze, dell'analisi interpretativa della realtà e della capacità di giudizio, in nome della pari dignità umana, senza interessi economici o appartenenze precostituite ma come conquista ed esercizio degli strumenti per una cittadinanza consapevole.

Questo è il compito e la ragion d'essere della scuola pubblica, che la esercita come educazione attraverso l'istruzione e la cultura in tutti i suoi momenti e le sue prassi, nell'unitarietà del suo progetto formativo, cui ogni insegnamento deve concorrere attraverso la specificità del proprio ruolo e in collaborazione operativa con gli altri, in un contesto in cui la convivenza sia vissuta e praticata prima che predicata.

Stiamo lavorando a iniziative di contrasto della legge 92/2019 di introduzione dell'insegnamento di educazione civica. Chi voglia farci pervenire riflessioni, esperienze o proposte ci scriva a redazioneinsegnare2010@gmail.com


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