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di Maria Riccarda BignaminiLIBER(a)MENTE

13/08/2014

BENE, MALE, MAH: che cosa è rimasto dopo il Salone?

Ne parliamo con l’ideatore del progetto Eros Miari

La 27ª edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino aveva quest’anno un titolo molto promettente: Bene in vista. Il concetto, nei cinque giorni della manifestazione torinese, è stato esplorato negli ambiti più diversi facendo sovente ricorso al suo opposto, il male.

Bene e male sono, infatti, per il linguista Bartezzaghi, parole facili per i parlanti ma difficili per i lessicografi, in quanto concetti relativi e neanche troppo distanti, come mostra il metagramma bene-mene-mele-male.

Anche nella letteratura i confini non sono così netti e in uno stesso libro, proprio come nella vita, bene e male spesso convivono, lasciando ampio spazio a un territorio intermedio probabilmente noto a ogni lettore, ma in particolare agli adolescenti: il territorio del mah. 

Nel Bookstock Village, lo spazio-contenitore degli incontri e dei laboratori destinati al pubblico giovane, il tema del Salone è stato esplorato attraverso il progetto Bene, male, mah. Storie del giusto e dell’ingiusto [1], ideato da Eros Miari, esperto di letteratura per ragazzi e curatore da diversi anni del programma per i ragazzi dai 5 ai 14.   Un progetto che ho potuto seguire da vicino e che ha presentato al pubblico autori e illustratori interessanti, personaggi e storie forti e coinvolgenti, che ha ricordato maestri indimenticabili, come Roberto Denti e Mario Lodi, e che ha coinvolto i ragazzi più giovani del Bookblog [2],  attenti testimoni e cronisti degli eventi [3].

Un progetto davvero stimolante che non dovrebbe passare inosservato e venire dimenticato in fretta, proprio perché ha toccato concetti e categorie – quelle del giusto e dell’ingiusto – con cui si confronta ogni individuo e in particolare gli adolescenti, sospesi tra le certezze del mondo dell’infanzia e la complessità del mondo adulto…

Spesso però, terminato il Salone, la ricchezza di spunti, incontri ed emozioni svanisce in un attimo e non ci si chiede “che cosa accade dopo”. Forse perché siamo ormai troppo presi dalla logica dell’evento che raduna le folle, si brucia in fretta e si dimentica altrettanto rapidamente senza lasciare frutti duraturi.

Che cosa succede ai visitatori, a Salone finito? Questa esperienza li aiuterà a diventare lettori consapevoli? E, in particolare, che cosa succederà nelle scuole e ai lettori giovani, considerata la massa di bambini e di ragazzi, dalla materna al liceo che, più o meno motivati e curiosi, visitano ogni anno i padiglioni del Lingotto? I loro insegnanti metteranno a frutto gli stimoli ricevuti per trasformare l’esperienza di un giorno in progettualità di un anno?

Partendo da queste riflessioni e da queste domande mi è sembrato interessante ritornare in particolare su questa proposta, pensando anche a chi sta programmando attività di lettura nella propria classe o nella propria scuola per il prossimo anno.

È nata così questa intervista con Eros Miari in cui alle riflessioni si mescolano consigli bibliografici e spunti su come conquistare i ragazzi alla lettura, in particolare nell’adolescenza, tenendo in considerazione il diverso approccio al libro di adulti e ragazzi.

Oltre alla conferma che la passione personale e una conoscenza “opportunamente coltivata” della letteratura per ragazzi sono indispensabili per far crescere dei lettori, le risposte di Miari ci fanno riflettere su come la promozione della lettura a scuola non sia ancora un obiettivo raggiunto per la situazione non sempre felice delle biblioteche scolastiche, per i libri obsoleti che spesso le riempiono, per la scarsa collaborazione con le biblioteche civiche, per la mancanza di formazione degli insegnanti e di un piano nazionale della lettura.

C’è molto da fare per chi vuole “progettare lettura”: per questo non bisogna lasciarsi sfuggire gli stimoli che, con un po’ d’attenzione, possiamo cogliere in tante esperienze o in un Salone del libro. 


L'intervista a  Eros Miari  

Il titolo del Salone era “Bene in vista”. Ti è piaciuto questo titolo? Come l’hai interpretato? Secondo te questo “bene” può essere identificato con la lettura?
“Bene in vista” è un titolo geniale (e dato che non ne conosco il padre o la madre non so a chi sto facendo questo complimento). Geniale perché con tre parole dà tutte le chiavi di lettura del Salone 2014: il bene è bene in vista, il bene sta arrivando, guardiamo il bene, il bene all’attenzione… Il tutto poi completato dalla bellissima immagine del bambino col binocolo fatto col cartone del rotolo della carta igienica, a sottolineare la semplicità di un bene alla portata di tutti e sotto gli occhi di tutti.  Che la lettura sia un “bene” è una verità assoluta che giustamente il Salone rimarca con questo titolo.

All’interno del Bookstock village hai ideato e curato il Progetto Bene, Male, Mah. Pensi che il mah, proprio perché è un terreno indefinito, una terra di mezzo, come l’hai definita tu stesso nella presentazione al progetto, sia il terreno che esprime meglio l’adolescenza?
Penso, a dire il vero, che il “mah” esprima meglio noi tutti, ma certamente questo è per definizione l’ambito in cui si muovono gli adolescenti.  Ogni volta che viene indicato il tema del Salone mi pongo questa domanda: come posso tradurre questo tema in un pensiero o una domanda “bambina”?
Per un bambino, mi sono detto, il bene corrisponde al fare la “cosa giusta”. Da questo viene la domanda del cosa è giusto e cosa ingiusto. Da questo ancora la risposta che l’adolescenza è quell’età in cui sempre di più il confine del giusto e dell’ingiusto si confondono. È qui che nasce il territorio sconfinato e  abbastanza inesplorato del “mah”. È qui che si mettono in crisi le “verità” dell’infanzia e che il dubbio diventa protagonista. Prima avevamo solo certezze, dopo ne ritroveremo almeno un po’, ma nel tempo che chiamiamo adolescenza siamo preda di tanto “mah”.

Nelle presentazioni al Bookstock Village il pubblico ha incontrato attraverso le presentazioni dei libri tanti personaggi diversi: secondo te c’è stato un giusto equilibrio tra personaggi del bene, del male, del mah o c’è stata una preponderenza di personaggi di una certa categoria (il bene, per esempio)?
Non mi sono posto questo problema e forse non voglio pormelo nemmeno ora. Non tanto perché dovrei fare un inventario degli appuntamenti, quanto perché credo che in una buona storia i personaggi del bene, del male e del mah si equivalgano. Non solo perché a un buono corrisponde un cattivo, ma perché nei personaggi migliori convivono dosi di bene, di male e di mah. Il primo esempio che mi viene in mente è il Filippo di ‘O Maè, il libro di Luigi Garlando.
Lui approda al bene, ma quanto male e quanto mah ha solcato per arrivarci e, al di là del lieto fine, la palestra del maestro Maddaloni resta lì, nella vita vera, a fare da isola nel mare di Scampia. Ma non tutti a quella zattera riescono ad aggrapparsi.  

Secondo te davvero i personaggi più amati dagli “adò” [dal francese ados, abbreviazione di adolescenti] sono quelli sospesi tra bene e male? Sai fare qualche esempio di personaggio del mah, tratto anche da libri contemporanei, particolarmente significativo?
Parto da Max, protagonista di Nel paese dei mostri selvaggi: lo so che non è un adò e che è protagonista di una storia per bambini, ma in realtà la sua storia è la storia di noi tutti, continuamente a dover scegliere tra fare la cosa giusta oppure no. Per questo ci piace Max; per questo un adolescente ama i mah e i Max: perché le sue tentazioni a essere Re dei Mostri Selvaggi sono le nostre e le loro. Uno come Max è Blue, il protagonista de Il selvaggio, di David Almond. Lì le cose sembrano chiare: Blue è il bene, Hopper il male, il cattivo, il bullo. Ma per difendersi da Hopper e dalle sue persecuzioni Blue ha creato “il selvaggio”, il personaggio di una storia, che però esce dalla storia e prende vita nella vita vera. E la fa pagare a Hopper. Blue è buono, ma il selvaggio l’ha creato lui: è giusta o ingiusta la vendetta che si prende? Mah…
Gli adolescenti, credo, non scelgono il mah perché tentati dal male (che, certo, è molto attraente), ma perché davvero non è facile capire quel che è giusto e quel che no. E poi il mondo non si potrebbe mai comprendere se si scegliesse soltanto il bene: il mah è un formidabile terreno d’esplorazione, peraltro meno pericoloso e doloroso del male. Crystal, dodicenne protagonista di Crystal della strada, di Siobhan Dowd, si mette una parrucca bionda e fugge via, alla ricerca delle sue radici e della sua identità.

Nei libri e nella vita queste tre categorie spesso convivono e si confondono.  Anche questa consapevolezza può essere utile per un giovane lettore, per affrontare la vita?
Mi pare di avere già in qualche modo risposto: un buon personaggio non sarà mai totalmente buono o totalmente cattivo. Angelo, in Ero cattivo, se lo ripete per tutto il libro che lui è cattivo, ma noi sappiamo che non è così. Però sappiamo anche che fa cose cattive, molto cattive. E anche noi le facciamo. Esserne consapevoli, sapere dei mostri selvaggi che si agitano dentro di noi, ci serve non ad ammaestrare questi mostri, a domarli, ma quantomeno a conviverci e a non lasciar prender loro il sopravvento. Tra l’altro: quello dei mostri selvaggi era il tema che avevo sviluppato nell’edizione 2013 del Salone. Il tema, evidentemente, mi è caro.

Pensi che per i giovani lettori confrontarsi, attraverso la lettura, con le categorie del giusto e dell’ingiusto, sia un’esperienza importante, tenendo anche conto della difficoltà a parlare di valori e di sentimenti in ambito familiare?
Quello che non so è quanto si confrontino davvero. Un libro si legge, credo, per arrivare in fondo, per sapere quello che accade dopo, cosa ne sarà di quel personaggio. I valori che il libro ci trasmette a volte sono un’ossessione di noi adulti, ma non so quanto un ragazzo si ponga la questione. Io, da ragazzo, non credo di averlo fatto. Non consapevolmente, almeno. Confrontarsi in casa non è semplice, perché non siamo su un livello di parità. Un adulto, in genere, ha più competenza linguistica ed esperienziale e tende a farla scontare ai più giovani, tirando conclusioni e dando per scontato soluzioni che per un ragazzo non sono per niente tali. Leggere, allora, ti fa crescere di esperienza e nel linguaggio, senza che tu nemmeno te ne accorga. Insomma, non importa che alla fine del libro tu dica “giusto” o “ingiusto”: dentro di te, però, discuti in silenzio coi tuoi mostri, o almeno con i più simpatici tra loro.

Tu sei ormai da moltissimi anni un esperto e un formatore di letteratura per ragazzi, hai fondato con altre persone Fuorilegge e con la cooperativa Equilibri ti occupi di progetti sulla lettura e la formazione, pubblicando anche interessanti saggi per educatori e non solo. In base alla tua lunga esperienza attraverso la nostra penisola, quale ritieni sia il modo migliore per conquistare i ragazzi alla lettura? Ritieni che l’approccio attraverso “percorsi di lettura tematici” sia la strada che dà più frutti?
Temo di deluderti: non amo i percorsi tematici, che sono un artificio molto adulto. “Percorso tematico sulla guerra”: e se a me i libri di guerra non piacciono? Percorso “giallo”: e se non mi piacciono le storie di omicidi e misteri? Percorso “ridere”: e se ho voglia di piangere? Eccetera… i percorsi tematici servono a noi educatori per mettere in fila i nostri libri, ordinarli, dare un senso al nostro procedere, trasmettere qualcosa. I percorsi hanno il difetto di escludere chi quel tema non ama. Il percorso che vorrei fare è “i miei libri preferiti” perché in realtà è questo che facciamo per conquistare lettori: cerchiamo di trasmettergli la nostra passione, che può essere per un libro (per tanti libri) più che per un tema.
Fatto questo esercizio di snobismo, faccio però i conti col fatto che i percorsi tematici sono un approccio meno personalistico e più comprensibile e spendibile in un contesto educativo. Allora mi do delle regole: preferisco proporre temi trasversali ai generi (se posso, no “il giallo”, no “l’avventura”, ecc.); cerco di sviluppare ogni tema nella maniera più ampia possibile, per catturare anche lettori poco interessati a quel tema. In un percorso sull’amore, per esempio, metto È soltanto un cane, di Michael Gerard Bauer, che racconta l’amore per un animale. Metto Sette minuti dopo la mezzanotte, di Patrick Ness e Siobhan Dowd, che racconta la disperazione del perdere la madre. Si può amare anche una chitarra, come in Una chitarra per due, di Jordan Sonnenblink. E perfino il proprio nemico, magari in una storia fantasy, come La Resistenza. Memorie di Idhun, di Laura Gallego Garcia. Oppure ci rido sopra con La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case, di Stefano Benni. In questo modo circondo il lettore non con un tema, ma con tante proposte diverse: difficile che possa salvarsi...

Vista la specifica età dell’adolescenza, pensi che un percorso sul “bene, male, mah”, rivisitato dagli insegnanti in base alle loro classi, potrebbe essere fruttuoso per quell’età di mezzo che sono le scuole medie?
Certamente sì, con gli accorgimenti che ti ho detto prima. La chiave della tua domanda, però, sta nella parola “rivisitato”. Ecco, quel che conta è che chi rivisita lo faccia non sulla base della sua competenza, ma di una competenza coltivata opportunamente. Se non c’è una buona conoscenza della complessità della proposta bibliografica contemporanea (che corrisponde poi alla complessità dell’esistenza odierna) il rischio è che una proposta come questa diventi una galleria di figure moraleggianti o riprovevoli, un campionario di buoni comportamenti da opporre a quelli da mettere all’indice. E questo non serve né alla lettura, né alla costruzione delle identità.

Ci consiglieresti tre titoli, uno relativo al bene, uno al male, uno al mah?
Nell’intervista ne ho già seminati tanti, ma tre titoli in più non fanno certo male.
Comincio dal bene di Il segreto delle stelle bianche, di Emily Murdoch, edito da Feltrinelli. Il bene che vive prorompente dentro Carey, surclassa il male inenarrabile che le ha rubato l’infanzia. Un male così grande che il libro è per adolescenti robusti; un bene così elementare e una narrazione così avvincente e convincente che vorrei leggerlo a tutti.
Il male è quello delle frasi di scherno scritte sui muri della scuola di  Hélène, in Jane, la volpe e io, una graphic novel illustrata da Isabelle Arsenault e scritta da Fanny Britt, pubblicata da Mondadori. Il male sono la paura di Hélène per il campeggio scolastico e la tenda delle emarginate.  Il bene è nelle pagine di Jane Eyre, che regalano a Hélène, mentre legge, i colori che la sua città grigia le nasconde. Il bene è Geraldine, che entra nella tenda, a liberare le emarginate da se stesse
E infine, per il mah, un libro di Jean-Claude Mourlevat, Il bambino oceano, edito da Rizzoli. Non si può non parteggiare per la fuga dei fratelli Doutreleau, e per Yann, in particolare, il più piccolo di tutti, il Pollicino di una storia che è davvero una rivisitazione moderna della fiaba di Perrault; non si può non detestarne gli odiabili genitori, però… però non tutto è quel che sembra, non tutto il male è male, non tutto il bene è bene e il mah finale ci prende e ci sorprende.

 

 

 

 

 

 

 

 

Libri citati e suggeriti nell’intervista

Garlando Luigi, ‘O Mae’. Storia di judo e di camorra, Piemme, 2014.
Maurice Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri, 1999.
David Almond, Il selvaggio, Edizioni BD, 2009.
Siobhan Dowd, Crystal della strada, Uovonero, 2014.
Antonio Ferrara, Ero cattivo, San Paolo edizioni, 2013.
Michael Gerard Bauer, È soltanto un cane, Rizzoli, 2012.
Patrick Ness e Siobhan Dowd, Sette minuti dopo la mezzanotte, Mondadori, 2012.
Jordan Sonnenblink, Una chitarra per due, Mondadori, 2014.
Laura Gallego Garcia,  Memorie di Idhun. La Resistenza, Fabbri, 2013.
Stefano Benni, “La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case” (in  Il bar sotto il mare, Feltrinelli 2013 1ª ed. 1989).
Gigliola Alvisi, Ilaria Alpi. La ragazza che voleva raccontare l’inferno. Storia di una giornalista, Rizzoli, 2014.
Emily Murdoch, Il segreto delle stelle bianche, Feltrinelli, 2014.
Fanny Britt (ill. Isabelle Arsenault) Jane, la volpe e io, Mondadori, 2014.
Jean-Claude Mourlevat, Il bambino oceano, Rizzoli, 2009.

Nella fotografia, la redazione del Bookblog (foto m.r.b.)

Note

1.   Leggi la presentazione a cura della Redazione Alfieri e la descrizione del progetto.  
2.Il giornale online realizzato da una redazione composta da ragazzi provenienti da diversi istituti superiori, coordinati da Andrea Bajani, e da ragazzi delle medie inferiori, coordinati dall’Associazione Fuorilegge, cfr. approfondimenti sul Bookblog .
3. Articoli e videointerviste realizzati dai ragazzi sono disponibili a questo indirizzo .

 

 

Di che cosa parliamo

Tra lettura, scuola e cultura
Come leggere e far leggere a scuola, ma soprattutto come creare occasioni per “liberare la mente”, favorendo la ricerca di quei “giardini segreti” dove si costruisce l’identità dell’adolescente?
Di questo si parlerà, prendendo spunto da riflessioni di autori ed educatori, da alcune esperienze realizzate in Italia e all’estero, ma anche da esperienze che, in comune con la lettura, hanno come obiettivo lo sviluppare le capacità critiche ed espressive attraverso attività un tempo possibili negli spazi dilatati della scuola, oggi per lo più scomparsi. 
Lo scopo è  suscitare domande, proporre riflessioni, suggerire materiali per la formazione e l’approfondimento personale e qualche traccia di lavoro, liberamente.

L'autrice

Laureata in Storia del teatro, dal 1986 è docente di ruolo nella Scuola media. In Francia ha conseguito il Dottorato in studi teatrali ed è stata docente ai corsi di Lingua e cultura italiana all’estero. Dal 2001 si occupa di lettura e biblioteche scolastiche; è stata referente di Torinoretelibri. Ha coordinato, organizzato e gestito corsi di aggiornamento relativi alle biblioteche scolastiche. Coordina attualmente il PROGETTO LETTURA della propria scuola e ne cura il sito didattico. È autrice del volume La stanza dei libri. Organizzare e gestire la biblioteca scolastica, 2006, Carocci, Milano.

Siti di riferimento

"Progetto Lettura Caduti" della Sc. Caduti di Cefalonia (curato da m.r.b.)
"Torino Retelibri".