Le più grandi cose si dicono in silenzio. Guarda la luna che sorge.
La luna sorgeva limpida sull'orizzonte d'oro: le stelle apparivano più
vivide e più vicine nel cielo azzurro e profondo. I melograni si disegnavano
su uno sfondo chiaro: un silenzio profondo regnava nel giardino selvatico.
A momenti, è vero, egli inebriavasi di solitudine, di silenzio, e della pace delle notti lunari che lassù erano indescrivibilmente belle; ma era una ebbrezza triste, sconsolata.
(G. Deledda, Amori moderni)
Basta leggere un romanzo o anche soltanto pagine sparse della vasta produzione di Grazia Deledda per intuire che si tratta di una scrittura la cui cifra narrativa è quella del silenzio; un silenzio in cui trova espressione una vasta gamma di modi di essere e di sentire, di sentimenti ed emozioni. Il silenzio è lo scenario in cui agiscono i personaggi, è la quiete atavica di tanta parte del paesaggio, è il senso di malinconia e di inquietudine che pervade la natura e gli essere umani nello scorrere lento delle stagioni e del tempo, è la solitudine e l’oscurità che avvolge vicende e destini ma è anche profondo senso di pace interiore. La scrittrice (1871/1936) - premio Nobel per la letteratura nel 1926 – fa infatti del silenzio la leva per scavare in profondità l’animo umano e farne percepire al lettore l’intensità, all’interno dei singoli romanzi e lungo tutto l’arco della produzione letteraria.
Come trasformare questa intuizione in ipotesi interpretativa fondata su evidenze testuali? Con il supporto della editoria digitale è possibile, in tempi rapidi e su un repertorio anche molto ampio di testi, condurre una ricerca del lessico di frequenza, delle occorrenze di parole, delle correlazioni intratestuali e intertestuali [1]. Una ricerca che può portare alla autonoma scoperta da parte di studenti/esse degli elementi testuali utili a dimostrare una ipotesi di senso, coniugando competenze testuali e digitali [2].
Per verificare la presenza e l’incidenza del silenzio come cifra espressiva in Deledda sono state analizzate cinque opere, un numero ridotto della vasta produzione della scrittrice ma tale comunque da coprire l’intero arco della produzione letteraria della Deledda; l’analisi interpretativa ha riguardato: Anime oneste,1895; Elias Portolu,1903; L'edera, 1908; Canne al vento, 1913; La vigna sul mare, 1932.
A partire dunque della ricerca della parola chiave “silenzio”, che ricorre con un’alta frequenza nella narrativa della Deledda [3], in una ampia famiglia lessicale (silente, silenti, silenzi, silenzii, silenzio, silenziosa, silenziosamente, silenziose, silenziosi, silenzioso) sono state individuate le occorrenze testuali e i relativi contesti semantici.
In particolare, nelle opere considerate, nella versione elettronica disponibile in IntraText, la ricerca condotta a partire dal lemma base “silenzi*” ha fatto emergere le seguenti occorrenze:
parola | n° occorrenze |
---|---|
silenzi | 17 |
silenzii | 1 |
silenzio | 919 |
silenziosa | 200 |
silenziosamente | 67 |
silenziose | 47 |
silenziosi | 83 |
silenzioso | 174 |
E nel silenzio profondo non si sentiva più neppure il canto dei grilli, né quello dell'usignuolo che ogni notte veniva nel bosco in fondo all'orto. La furia dell'uragano aveva spento anche la loro voce. E pareva che gli abitanti del villaggio, nero ed umido sotto la luna, fossero tutti scomparsi come i loro leggendari vicini del paese distrutto. Ma questo silenzio, questa morte di tutte le cose, invece di calmare Annesa la eccitarono ancora.[…]. Di tratto in tratto risonava nella straduco la qualche passo di cavallo stanco; poi il silenzio regnava più intenso. (p. 57)
A lungo un lumicino brillò nella casetta; ella vedeva delle ombre muoversi, e le pareva di sentire il pianto di Rosa e rumori vaghi, indistinti: ma poi tutto fu silenzio. Un uomo a cavallo attraversò la spianata: il cielo ad oriente s'imbiancò. Alquanto rassicurata ella si alzò, si scosse, ragionò. (p. 78)
L'alba violacea rischiarava il nascondiglio. Ella si alzò e guardò dall'apertura. Silenzio profondo. Il cielo era velato: larghe striscie di nebbia bianca che parevano fiumi, solcavano qua e là le valli e i monti. Dalla profondità del burrone salì uno strido lamentoso…(p. 84)
Vide attraverso il finestrino apparire una stella rossastra sul cielo verdognolo del crepuscolo, poi altre stelle ancora: e il bosco tacque, e tutto fu silenzio, silenzio misterioso di attesa.(p. 97)
Nelle sue suggestive descrizioni paesaggistiche, la Deledda racconta il silenzio che fa da sfondo alle vicende narrate utilizzando una tecnica descrittiva che crea una sorta di dissolvenza fonica, tramite un effetto di progressivo affievolimento e ricomparsa, talora improvvisa e stridente, dei suoni. Il silenzio è la quiete che avvolge i luoghi, la sospensione di qualsiasi suono: nel bosco, nelle straducole, nello stradale solitario, nel cortile, nella casetta, nella camera buia.
Accanto al silenzio dei luoghi, la Deledda narra il silenzio del tempo, misterioso e sacrale. È il silenzio della notte chiara, dell’alba triste, del luogo e dell’ora, che si accompagna all’immobilità delle cose, all’oscurità della notte, al chiarore della luna e infonde alla natura un senso di solitudine, di quiete profonda, di morte.
Di seguito alcuni intensi esempi da Romanzo famigliare in Anime oneste .
La notte era tiepida, silenziosa. La luna splendeva attraverso un leggerissimo velo lattiginoso di nebbia, e dietro i muri del cortile illuminato, i rami spogli e sottili di alti alberi immobili, si disegnavano come grandi cespugli di spine, sulle strisce bianche del cielo. Un silenzio intensissimo, arcano, imperava. A un tratto scoccò il coprifuoco, con squilli rapidi, acuti, — poi una campana messa funebre.[…]
Anna rabbrividì. Le parve che un invisibile filo unisse il rintocco singhiozzante della notte smorta coi pensieri che le passavano a torme nel cervello[…]Procurò di rientrare senza esser veduta, e se ne andò subito, silenziosamente,a letto. Pensò a lungo, con una intensità struggente e acuta. (pp 141-2)
Una gran calma, un silenzio profondo da per tutto; il paesaggio sfumava in linee uniformi, placidamente stese sotto la tenue luminosità del crepuscolo. Ad occidente i boschi di un verde cupo si disegnavano sullo smalto dorato dell'orizzonte, mentre ad est ed a nord le montagne e i cespugli parevano sfumare nell'azzurro pallido del cielo. (p. 214)
Ne scaturisce quello che la stessa scrittrice definisce un “vasto quadro silenzioso” in cui si muovono i suoi personaggi e nel quale il silenzio nasconde tante parole e si carica di significati che vanno oltre quelli veicolati dalla lingua, in una narrazione che svela ciò che si può comunicare anche attraverso un “non detto” fatto di sguardi, silenzi, gesti e messaggi ancora più sottili delle parole. Il silenzio sembra quasi una condizione naturale per l’ambiente e i personaggi della Deledda, alla quale si può derogare solo quando ci sono pensieri, sentimenti o emozioni essenziali da esprimere per interromperlo. Una letteratura dunque che narra il silenzio, che usa parole per esprimere l’assenza di parole e di suoni. Un paradosso apparente, un ossimoro, che conferisce alla narrazione una particolare forza espressiva.
Nella scrittura della Deledda il silenzio ha caratteristiche e attributi; è infatti frequente trovare nella pagine della scrittrice il termine “silenzio” accompagnato da uno o più aggettivi - quasi mai separati dalla virgola - che ne modificano semanticamente il senso e ne caratterizzano e amplificano l’accezione.
Il silenzio può essere: improvviso meraviglioso, un po’ pesante, intensissimo, arcano, grande (in Anime oneste); immenso, lunare intenso, puro (in Elias Portolu); tragico, improvviso,lunare, misterioso (in L’edera); grave odoroso, tremulo, ansioso, dolce profondo, grave (in Canne al vento); stupito, improvviso, sonnolento, cristallino (in La vigna sul mare). Ci sono poi alcuni aggettivi o espressioni che si ripetono e compaiono in tutte le opere analizzate accanto alla parola “silenzio”: profondo, di morte, infinito, melanconico. Tali qualità attribuite al silenzio ne accentuano l’afflato mistico (“nel silenzio della notte le canne sussurrano la preghiera della terra che s’addormenta”), scandiscono il perenne fluire del tempo e dell’esistenza umana (“nuvole d'oro incoronavano la collina e i ruderi, e la dolcezza e il silenzio del mattino davano a tutto il paesaggio una serenità di cimitero”); e sottolineano il senso di solitudine e isolamento dei personaggi (“tutto fu di nuovo solitudine e silenzio intorno alla casa delle dame Pintor”) [5].
L’analisi digitale del testo permette di rilevare come l’uso del termine ‘silenzio’ si accompagni ad espressioni che associano in un’unica immagine parole riferite a sfere sensoriali diverse - prevalentemente uditiva, visiva e olfattiva -, dando vita sul piano stilistico a metafore sinestetiche di grande impatto.
Il silenzioso ondulamento, visivamente una specie di mare, è una metafora di grande impatto che esprime il vissuto, l’ambiente e le emozioni della protagonista e la pone in ascolto coinvolgendola nel contatto con una natura vitale e rigogliosa:
“Le alte fave giungevano sino alle spalle di Anna. Da una parte e dall'altra ella vedeva così una specie di mare, ondeggiante alla brezza. Era un silenzioso ondulamento grigio argenteo ove i papaveri e le margherite mettevano vivide note accese. Anna raccolse un mazzolino di fiori che si mise alla cintura” [6]. (p. 226)
Nel passo che segue il “silenzio” è accompagnato da una serie di aggettivi che realizzano una metafora sinestetica con il coinvolgimento dell’olfatto (silenzio odoroso), della vista (silenzio tremulo), dell’udito (silenzio grave) del protagonista e lo accompagna nei suoi ricordi, in una fusione di percezione e introspezione.
Una fila di papaveri s'accendeva tra il verde monotono del campo di fave. E un silenzio grave odoroso scendeva con le ombre dei muriccioli e tutto era caldo e pieno d’oblio in quell'angolo di mondo recinto dai fichi d'India come da una muraglia vegetale, tanto che lo straniero, arrivato davanti alla capanna, si buttò, steso sull'erba ed ebbe desiderio di non proseguire il viaggio.[…] tutto era caduto in un silenzio tremulo come dentro un'acqua corrente. Ed Efix ricordava le sere lontane, il ballo, i canti notturni… [7]. (p. 75)
Proseguendo nell’analisi dei dati emersi dalla rilevazione del lessico di frequenza, si nota che la parola “silenzio” è preponderante al singolare (silenzio 919 occorrenze; silenzi 17; silenzii 1); che è presente un uso diffuso degli aggettivi silenzioso/a, con una prevalenza della forma al singolare femminile; che si ripete l’avverbio “silenziosamente”, seppure con frequenza ridotta rispetto all’aggettivo. Le ricorrenze indicano la via per un esame più attento e complesso, basato su evidenze testuali, al quale in questa sede è possibile solo accennare.
Al singolare il termine silenzio assume un significato diverso da quello del plurale: è una categoria esistenziale, è l’essenza di un mondo arcaico in cui spesso gli uomini tacciono e restano in ascolto delle voci della natura. Per il mondo narrato dalla Deledda il silenzio rappresenta un modo di essere: senza parlare e senza far rumore, si muovono sia le persone (Pianse silenziosamente), sia gli animali (La bella gatta nera si avanzava silenziosamente) [8] sia gli elementi della natura (E le macchie e le quercie, a loro volta, cessata la lotta delle pietre, avevano silenziosamente invaso i precipizi…) [9].
Anche l’uso dell’aggettivo nella forma al femminile “silenziosa” designa la casa (silenziosa e strana; modesta e silenziosa), la camera (fresca e silenziosa), la sera (grigia e silenziosa), la notte (velata e silenziosa), e le persone (Noemi pallida silenziosa con le palpebre violette abbassate). Analogamente, la forma al maschile “silenzioso” può riferirsi al cielo (silenzioso, vuoto e profondo), a un oggetto (D'un tratto il gomitolo mi scappa dalle mani; silenzioso ma vivo corre sul pavimento, fin sotto la tavola)[10], a una persona (servo silenzioso e fattivo). L’uso di silenzii, nella forma arcaica, assume valore proprio in quanto compare una sola volta e in una espressione che ne condensa il senso: “egli detestava le chiacchiere, le interessate compagnie: amava i grandi silenzii, le vaste solitudini [11].
In sintesi, dalle evidenze testuali risulta con chiarezza che la Deledda coglie il senso profondo del silenzio in un’epoca che si avviava a perderlo per essere sommersa dai suoni e dalla multimedialità. Anche in questo emerge la modernità dell’autrice, di cui è forse stata consapevole. Così almeno autorizzano a pensare le immagini, le dissolvenze, i suoni, le inquadrature quasi cinematografiche presenti nelle sue pagine.
1. Tra gli strumenti per consultare opere letterarie in formato elettronico, disponibili sul sito Internet si segnalano: la biblioteca digitale IntraText; il Progetto Manuzio - Liber Liber.
2. Si ribadisce in questa ottica l’importanza, in ambito didattico, di una attività di laboratorio linguistico- letterario per la lettura dei testi.
3. La frequenza è calcolata rispetto numero complessivo di parole.
4.Tutti i numeri di pagina si riferiscono ai testi on line presenti in Liberliber.
5. Da Canne al vento.
6. Da Le anime oneste, in Anime oneste.
7. Da Canne al vento .
8. da L’edera.
9. Da La vigna sul mare.
10. Ibidem.
11. Si tratta di un hapax legomena , ossia di una parole che si trova una sola volta nel testo. Nello specifico, nel racconto La fuga di Giuseppe in Il cedro del Libano.