Se fosse una pièce teatrale, il parere formulato dal Consiglio di stato nella seduta del 9 settembre scorso e reso pubblico ieri 17 settembre si potrebbe definire una “stroncatura”. Cosa distingue l’intervento di un critico teatrale severo ma incoraggiante dalla vera e propria stroncatura? La leggerezza del tocco nell’affondo, la sottolineatura delle qualità potenziali che fanno ben sperare sulla futura carriera dell’autore o dell’attore. Ma soprattutto l’astensione da qualsiasi atteggiamento che configuri una volontà di incalzare il /la malcapitat* fin dentro le pieghe delle sue manchevolezze.
Non così l’organo consultivo (in quella sede come tale si configura) nella disanima ricca e articolata che emerge dal documento. Impeccabile dal punto di vista della procedura, avanza nell’analisi delle parti, ognuna nella propria specificità. Indubbiamente, si tratta di un testo che ha forti elementi di tecnicalità, sia per l’apparato di riferimenti normativi sia per gli aspetti propriamente procedurali cui si deve attenere, sia per la specificità del linguaggio che adotta. Ciò detto, alcune osservazioni si possono agevolmente fare, sulla scorta di un’attenta lettura.
Un primo ordine di questioni, accuratamente analizzate, riguarda l’operazione che ha messo capo alla scrittura delle nuove Indicazioni. Una serie di rilievi, infatti, soffermandosi sui riferimenti agli atti dell’Unione europea citati nei testi, sembra revocare in dubbio il fondamento culturale e giuridico della stessa operazione. Si sottolinea che trattasi, nel suo insieme, di una “analisi incompleta ed inadeguata”, mentre si sollecita a compiere le opportune integrazioni che configurino una “valutazione in concreto della coerenza del nuovo testo con i menzionati atti dell’Unione europea”.
Rilievi ugualmente significativi investono lo schema di testo normativo rispetto alla “effettiva disponibilità di risorse per il conseguimento degli obiettivi delineati”. Aspetto di forte criticità già evidenziato nelle analisi critiche dei mesi successivi all’emanazione della Bozza.
Un ulteriore filone viene sviluppato attorno al tema essenziale della necessità o meno di procedere alla sostituzione delle Indicazioni nazionali vigenti (2012 e 2018). Qui le citazioni testuali della relazione illustrativa che accompagna lo Schema di regolamento si fanno particolarmente dettagliate, a me sembra con una finalità di smantellamento di un impianto argomentativo. Il testo dell’organo consultivo mette in questione le “ragioni dell’intervento e delle alternative programmatiche soppesate” rifacendosi ai criteri rigorosi di una ricerca scientifica propriamente intesa, con ricorso a concetti e metodi largamente utilizzati (campo d’azione, evidenze misurabili, obiettivi prefigurati, indicatori di conseguimento degli stessi). Insomma, si tratta della medesima domanda di fondo che negli ambienti della scuola, dell’associazionismo professionale e disciplinare, degli enti accademici di studio e ricerca e dei soggetti politico-culturali variamente coinvolti è stata posta ai decisori politici e agli esponenti di governo responsabili dell’operazione: che bisogno c’è di procedere alla stesura di nuove Indicazioni nazionali? Quali inadeguatezze incontrovertibili, rispetto al quadro socioculturale attuale, rendono necessario o anche solo opportuno sostituire le Indicazioni vigenti con un intervento radicale di ripensamento e di riscrittura? Domanda che è rimasta del tutto inevasa, e sulla quale adesso torna il Consiglio di stato, ritenendola un passaggio ineludibile per procedere alla formulazione esaustiva del richiesto parere.
Sul punto, la disamina dell’organismo si fa particolarmente incalzante, evidentemente ritenendolo un nodo strategico assolutamente significativo. Devo aggiungere, come lettrice avveduta, che si coglie nel linguaggio (seppure attento alle specificità tecniche) perfino un retrogusto “ironico”. E’ quando ci si riferisce alla AIR (analisi di impatto della regolazione) in particolare al paragrafo n. 2, in cui, come si afferma, “appare meritevole di chiarimento” la locuzione “la finalità dell’intervento è la rigenerazione del paradigma formativo che sottende la scuola costituzionale, orientato alla promozione dell’autonomia critica, della responsabilità individuale e della partecipazione civica.” Qui ritrovo quella tonalità “ironica” di cui ho appena fatto cenno. Il testo del parere osserva, infatti, che “si tratta di formulazione per un verso alquanto ambiziosa (laddove suona evocativa di un tratto complessivamente palingenetico delle nuove Istruzioni, che non trova di fatto riscontro), per altro vaga ed indefinita: posto, in effetti, che rispetto al decreto ministeriale n. 254/2012 (n.d.r. Indicazioni nazionali 2012), risulta invariato il quadro costituzionale di riferimento, è necessario specificare i concreti termini della suddetta “rigenerazione”, indicando le parti delle vigenti Indicazioni considerate non coerenti con un tale obiettivo.”
Potrei continuare, con ulteriori, significativi rilievi che si susseguono nel documento. Ma qui mi interessa dare il senso di un testo che non ha affatto la natura di un passaggio rituale, limitato agli aspetti formali dello Schema e dei documenti tecnici di accompagnamento: con tutta evidenza, l’organismo ha inteso intervenire su elementi qualificanti dal punto di vista giuridico e non meno culturale; in ogni caso, si tratta di osservazioni di natura sostanziale che investono l’operazione stessa messa in atto dai responsabili politici del governo, il suo intento programmatico, la finalità politico-culturale perseguita. Tutte connotazioni che da mesi, dopo la diffusione della Bozza delle Indicazioni 2025 (11 marzo 2025) sono state oggetto di analisi critiche, di posizionamenti, di elaborazioni, di iniziative di mobilitazione nel mondo della scuola, della cultura, delle rappresentanze sociali.
In questa prospettiva, si colloca un altro cruciale passaggio del documento che voglio in questa sede richiamare. Così si legge: “In definitiva, i rilievi che precedono sollecitano – nella prospettiva della erogazione del parere richiesto a questo Consiglio – una rinnovazione complessiva dell’analisi preventiva di impatto, senza pregiudizio di una serena e coerente riscrittura (nelle parti per le quali ciò possa prospetticamente ritenersi necessario ed opportuno) del testo delle indicazioni, i cui esiti andranno trasfusi nella relazione illustrativa”. Mi sembra un decisivo elemento di complessiva valutazione del documento appena diffuso, nella sua valenza e nelle prospettive che apre.
In termini politici, dunque, va letta questa fase che si annuncia. Così come è di natura politica, non semplicemente tecnico-giuridica, la lettura che va data della conclusione del documento:
“P.Q.M. (la Sezione: n.d.r.) sospende l’espressione del parere, nelle more degli adempimenti di cui in motivazione”.
Non si tratta di trarre conclusioni affrettate, o assumere atteggiamenti trionfalistici, dopo l’acquisizione del parere (che in realtà è una sospensione). L’iter del provvedimento prosegue, ma il suo percorso ha trovato una pietra di inciampo sullo stesso terreno istituzionale in cui è innescato. Questo dà ulteriori ragioni alla nostra mobilitazione, nei percorsi chi si attivano e negli appuntamenti territoriali e nazionali che si dipanano. Lo possiamo a maggior ragione affermare: non è che l’inizio.