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di Antonella Tredicineappunti oltre il brusio ...

07/03/2021

8 Marzo tra storia e presente

L'8 Marzo 415 d.c. Ipazia, una delle donne di scienza di cui abbiamo testimonianza, veniva barbaramente uccisa perchè i fondamentalisti religiosi cristiani temevano che la sua filosofia e la sua libertà di pensiero rappresentassero una minaccia per la comunità di Alessandria d'Egitto. Da Ipazia, che discuteva sulla natura del cielo e della musica, che lottava per la ricerca libera dai dogmi... da lei, simbolo dell'amore per la verità, traiamo un esempio luminoso del lungo processo di emancipazione della donna. 
Poiché crediamo che le giornate ad hoc per celebrare eventi di straordinaria rilevanza consentano nuove vie di fuga, per colmare i vuoti nella Storia ufficiale, oggi, 8 marzo 2021, la Classe 3B della Scuola Secondaria di I grado "F. Baracca "di Roma, presenta aspetti del fenomeno delle suffragette inglesi frutto di uno studio sul movimento delle donne tra fine Ottocento e inizio del Novecento.
In particolare la Classe ha scelto cartoline e francobolli d’epoca come fonti significative della rappresentazione delle suffragette secondo gli stereotipi della bruttezza, della mascolinità o aggressività, ridicole scimmiottatrici degli uomini, pericolose sovvertitrici dell'Ordine perchè pessime mogli e cattive madri. 
Dall'8 Marzo del 415 ad oggi, abbiamo imparato che la mente è l’impegno e il cuore è la rivoluzione. E continuiamo ad imparare, come la prima volta, che nessuna è sola. Come per la Susan dell‘intervista, continueremo ad agire affinchè, per la prima volta,  il pensiero di ognuna diventi voce.

Tra i materiali prodotti, la Classe presenta un’intervista immaginaria alla suffragetta Susan Maclaghen.


INTERVISTA A UNA SUFFRAGETTA

Buongiorno a tutti. Oggi, 8 Marzo 1915, il nostro giornale indipendente presenta l’intervista a una suffragetta, che ci racconterà di un periodo buio ma di grande rilevanza per le nostre donne, perché ricco di opportunità.

1. Come vi chiamate? Cosa succedeva nella vostra cittadina in Inghilterra? Perché la scelta suffragista?
Mi chiamo Susan Maclaghen, sono nata l’8 Marzo del 1897 e diventata suffragetta perché nella mia cittadina di Birmingham, in Inghilterra e nel resto del mondo, le donne vengono sottomesse continuativamente al giudizio degli uomini. Le donne sembrano proprio non avere nessuno diritto, ma solo tanti doveri brutali. La vita nella mia cittadina è molto complessa, non c’è unione e nell’ aria c’è solo tensione.

 2.  La mente o il cuore vi ha portato in questo tragico percorso? 
La mente fa emergere la determinazione e il coraggio che ho imparato da mia madre, colei che passa il giorno a cucinare, a pulire e ad accudire mio padre, ma anche tutta la famiglia. Il cuore, invece, mi ha dato la carica giusta, quella che serve per combattere, per dare una svolta alla storia. 
Tutte e due, sia mente che cuore, pur essendo opposte sono le compagne più unite. La mente è l’impegno e il cuore è la rivoluzione.

 3.  Quali erano le differenze tra uomo e donna? 
La differenza tra uomo e donna è che l’uomo ha il potere di fare ciò che vuole, può realizzare i propri sogni, può indossare l’abito che più gli piace ed è libero di vivere a proprio modo. La donna, invece, ostacolata in tutto, deve dare positività anche davanti alle negazioni, e non ha il diritto di parola. Sono una suffragetta per i miei ideali, voi uomini ci avete sempre trattate come roselline delicate ma ora che abbiamo messo le spine vi spaventiamo.

4.   Allora è vero che avete lasciato vostro marito a occuparsi di faccende a lei designate? Che non amate i vostri figli? 
Non credo che cascherà il mondo se mio marito cucina per una volta e comunque io sto facendo tutto questo affinché i miei figli possano vivere in un mondo senza distinzioni di sesso.

5.  Avete delle figlie?  Insegnerete loro ad essere donne o suffragette? 
Ho una bellissima figlia, abbastanza grande da iniziare a capire che se si vuole un futuro migliore è necessario combattere contro la nostra società maschilista.

6.  I vostri figli vi chiamano mamma o papà? Avete intenzione di cambiare anche questo? 
Mi sembra una domanda con una risposta talmente ovvia da non meritare un ruolo in questa intervista.

7.  Cosa sareste disposta a fare per i vostri diritti e di tutte le altre donne?Sarei disposta a parlare davanti a migliaia di persone, sarei disposta a gridare, sarei disposta ad ascoltare e ad ammirare la natura nel corso del suo cambiamento qualunque tempo sia. Sarei disposta a incatenarmi a pali per far vedere quanto forte è la nostra protesta, sarei disposta a morire soltanto dopo aver trovato la libertà.

8.  Il modo che utilizzavate per farvi sentire? Molti vi criticano affermando che siete un pericolo per la società. 
Noi non vogliamo distruggere questa società, ma renderla migliore, più giusta. Una società senza discriminazioni. Per farci sentire serve la protesta dove anche un piccolo attimo è significativo. Non serve incendiare edifici pubblici o rompere vetrine di negozi, perché l’importante è credere veramente nell’ obiettivo che si raggiunge. 
Noi siamo qui per combattere con le nostre armi, LE PAROLE.

9. C’erano differenze tra le donne provenienti da famiglie benestanti e famiglie di ceto povero? 
Sì. Un esempio: nel 1918 il Parlamento inglese ha approvato la proposta del diritto di voto soltanto per le mogli di capifamiglia importanti che avevano più di 30 anni. E io non ne facevo parte. A nessuno importava di Noi, ceto povero, considerate “scarti della società”, persone senza valore.

10.  Qual è il vostro obiettivo per la vita? Cosa volete si realizzi, per sapere che ad oggi non ti è concesso neanche immaginarlo? 
Vorrei fare l’avvocato o il dottore, ma le possibilità sono molto poche, anzi pochissime, l’università non mi è concessa, anche se avessi i soldi non avrei il diritto di spenderli: una cosa troppo importante, dice papà, solo i maschi possono, loro sì che devono avverare i loro sogni! La casalinga o accudire alla famiglia, questi i miei doveri. Dico la verità, non perché sono presuntuosa, ma non è esattamente quello che immagino per il mio futuro. Io voglio cambiare il mio destino, stupire, voglio fare quello che nessuno si aspetta io faccia, quella cosa che mi faccia tornare a casa con il sorriso, quella cosa che mi faccia dimenticare cos’è il senso di colpa, oppressione e negatività che circonda la nostra esistenza.

11.  Quali sono i ricordi più profondi che non potrete mai dimenticare, nel bene e nel male? 
Ho molti ricordi sia belli che brutti. I principali, ovvero, quelli che non vorrei mai dimenticare sono: quella volta che vidi piangere una bambina all’ angolo della strada, mi disse che il padre era violento con lei e la madre. Ho ripensato a molti momenti oscuri della mia vita, quando mio padre mi mise a confronto con mio fratello, dicendo che lui avrebbe avuto successo nel lavoro e che il mio impegno non sarebbe mai stato abbastanza. 
Un momento bello è stato quando, nel 1918, abbiamo strappato lo striscione di propaganda che umiliava il nostro genere, sempre una lacrima scendeva sul mio volto quando lo leggevo. 
Un insieme di emozioni: rabbia, tristezza, umiliazione. Perché si comportano così? Pensavano che ci saremmo arrese? Non era nei nostri piani. 
Più ci diffamavano più eravamo orgogliose di quello che stavamo costruendo. Con le mie compagne eravamo una forza. Quando stavo con loro, con i cartelli per strada, ci sentivamo invincibili.

12.     Cosa direste alle donne del futuro? 
Alle donne del futuro diremmo di camminare a testa alta, con vestiti allegri, pettinature personalizzate ma con la consapevolezza di essere state “salvate” dalle donne del passato. Noi donne del passato, presente e futuro saremo sempre un'unica cosa, la mente, il cuore, la parola, il progetto, l’atto, e l’espressione della nostra umanità! 
Cerchiamo sempre, di dare sostegno alle donne in difficoltà, che ancora oggi subiscono di tutto. C'è ancora molta strada ma non ci arrenderemo. Continueremo a lottare per ciò che è giusto.

Da quel mattino del 1897 in cui sono nata, cammino con passo deciso, i miei tacchi schioccano sul pavimento in lucido marmo, ma questa volta non sono sola, avanziamo  suonando decise insieme a tanti altri.

Per la prima volta non sono sola. Per la prima volta il mio pensiero diventa voce.

Di che cosa parliamo


La rubrica è animata dalla convinzione che dialogare con gli alunni insegna a ridefinire mappe etnografiche per ri-orientare l’Antropologia dell’Educazione dal piano della conoscenza a quello del riconoscimento dell’Altro, conferendole quella dimensione dinamica di rinegoziazione di punti di vista diversi, che decostruiscono nuove e più oculate forme di colonialismo culturale.
Dal brusio delle buone pratiche alla memoria condivisa, resistere alle tendenze omologatrici della  globalizzazione e promuovere un percorso, che, partendo dalle “alterità negate” e attraverso esperienze sul campo,  rappresenti una svolta etica interculturale. Promuovere e condividere la magia dell’educazione, che è un lavorare con e non sugli alunni, andando oltre la siepe della propria cultura, scoprendo il “filone d’oro”  che è in ognuno di loro. Gli alunni ci ricordano che non si può essere maestri se non si è sempre scolari, in un interscambio proficuo e sodale, verso un’educazione aperta ai riposizionamenti dettati dalle esigenze dall’umanità attraversata, prendendo appunti all’insegna di una possibile, rinnovata umanità, vedendo nell’Altro, che si sottrae all’invisibilità,  “qualcosa di buio in cui si fa luminosa / la vita” (Pasolini, La Guinea).

L'autrice


Laureata in Lettere e in Discipline Etno-Antropologiche, insegna Materie Letterarie a Roma. Dopo il conseguimento del Master in Filosofia e Interculturalità,  ha  ideato e promosso progetti di innovazione, di ricerca/azione, convegni e laboratori multiculturali anche in coordinamento con ONG e docenti dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Collaboratrice di Alberto Sobrero all’Università di Roma “La Sapienza”, ha al suo attivo vari interventi saggistici su riviste di ambito letterario, poetico e filosofico. 

 

Antonella Tredicine, Pier Paolo Pasolini, “scolaro dello scandalo”, Verona, Ombre corte, 1975​,  pp.135, euro 13,00

Il lavoro nasce dalla convinzione che nell'opera di Pasolini vi siano gli strumenti critici per contrastare un processo di progressiva omologazione delle menti e per cogliere le "sfumature rischiose ed emozionanti delle differenze". In questa direzione la Scuola è il primo fronte contro il pregiudizio; su di essa grava il compito difficile ed esaltante di produrre uomini e donne uguali e diversi. In questo volume l'autrice, con le opere di Pasolini sotto il braccio, ci permette di seguire la sua pratica quotidiana nell'esperienza interculturale, fra ragazzi che spesso sono considerati, per usare un'espressione di Pasolini, poco più che "stracci della storia". È un percorso non breve, esposto a successi e fallimenti, che da parte dei docenti richiede una continua rinegoziazione della propria esperienza, e da parte della Scuola come istituzione, una piena consapevolezza del proprio ruolo nella costruzione di quella società diversa, che è ormai alle porte.
(Da www.ombrecorte.com)

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Leggi su insegnare la recensione di Alberto M. Sobrero