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di Maurizio Muragliastereotipando

27/12/2019

Oltre le discipline

Negli ultimi tempi si è fatto sempre più insistente un certo tam tam sul superamento delle discipline. Di recente anche l’ANP ha avviato ricerche e riflessioni sul tema, a dimostrazione che il mondo dei dirigenti é sensibile alla qualità degli ambienti di apprendimento e non esita a spingersi sui terreni dell’epistemologia disciplinare.
Nel 2014, in ambiente Indire, il gruppo Avanguardie educative ha pubblicato un manifesto per l’innovazione didattica che apre i battenti annunciando la necessità di transitare “dalla didattica per contenuti a quella per competenze”. Si sa che i dirigenti, ma anche gli insegnanti, sono sensibili alle frasi ad effetto, quando in esse credono di ravvisare la soluzione agli annosi problemi sollevati dalle indagini tipo OCSE-Pisa o Invalsi. In questo caso Avanguardie educative nascerebbe come antidoto al perpetuarsi di vecchie impostazioni didattiche a favore di ambienti di apprendimento a forte impronta costruttiva, cooperativa e laboratoriale, e non c’è chi non veda in questo spirito deweyano di ritorno una buona possibilità di svecchiare routines imbalsamate dal nozionismo.

Dunque, il motto a rischio di stereotipia sarebbe “Oltre le discipline”, che presenta una sua ambiguità già nella formulazione. Si vorrebbe affermare la necessità di cancellare le discipline oppure di superarle mantenendole? La questione non è oziosa ma decisiva, per quanto non certamente attualissima. Di competenze trasversali e interdisciplinarità si ragiona almeno da trent’anni, come si può constatare con una minima consultazione bibliografica sull’argomento. Perché un ritorno così insistente, oggi?
Certo, gli ultimi anni hanno visto l’opacizzarsi sempre più acuto del confine tra scuola e vita. Un tempo la scuola era imperniata sulla lezione in classe (di cui peraltro Massimo Recalcati ha tessuto recentemente un panegirico), e le occasioni per vivere esperienze scolastiche fuori dalla scuola erano molto ridotte. Col tempo ha fatto sempre più irruzione il concetto di extracurricolare, e con esso anche le preoccupazioni per una scuola troppo separata dal mondo delle professioni. Da qui l’istituzione dell’alternanza scuola-lavoro, oggi non casualmente riformulata come Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, con enfasi quindi su quegli apprendimenti e quegli atteggiamenti che gli allievi pongono in essere, appunto, oltre le discipline, a contatto con la cosiddetta vita reale.
Su questo concetto mi fermerei, proprio per la sua popolarità. Cosa è più “reale” tra andare a richiedere un mutuo in banca oppure studiare la teoria degli insiemi? A naso sembrerebbe che la prima azione sia più reale, perché ha a che fare con i bisogni concreti della vita. In quest’ottica si comprende come per richiedere un mutuo in banca non entri in gioco questa o quella disciplina scolastica, ma un mix di competenze che sono il frutto globale di altri apprendimenti. Se dunque ci poniamo dal lato delle esigenze della vita fuori dai banchi, risulta chiarissimo l’eclissarsi delle discipline così come siamo abituati a vederle a scuola: italiano, inglese, matematica, storia, scienze, diritto, arte, filosofia, eccetera. Probabilmente il motto “oltre le discipline” non fa che mettere in risalto tale ovvietà.

A questo punto ci si trova davanti a due setting di “oggetti” scolastici: le competenze trasversali, che la vita richiede, e gli apprendimenti disciplinari, che invece sono richiesti dalla scuola. Questione, appunto, di confine: da un lato quelle, dall’altro questi. Se “oltre” vuol dire essere capaci di varcare il confine allestendo situazioni emblematiche del cosiddetto “mondo fuori”, allora si può affermare che non è all’ordine del giorno la cancellazione delle discipline. I sostenitori dei cosiddetti “compiti di realtà” realizzano proprio questa operazione di attraversamento simulato del confine. Pertanto i dirigenti, prima chiamati in causa, molte volte richiedono esperti formatori affinché insegnino come costruire unità di apprendimento basate su compiti di realtà, cioè lezioni scolastiche più dinamiche in cui fanno capolino azioni, pensieri e strategie che simulano il mondo reale. Chi scrive fa parte di questa categoria di formatori invocati dai dirigenti per sollecitare l’ “oltre le discipline” di cui qui si discute.

Ma qual è il vero nemico da sconfiggere? Le discipline o la loro caricatura?

Cominciamo dalla caricatura. Tutti i giorni eserciti di insegnanti vanno in classe in quanto titolari di certe discipline. Sanno che le devono insegnare e che i ragazzi le devono imparare. Sanno anche che queste discipline sono fatte di teorie, nomi e cognomi, principi, avvenimenti, regole, procedure, e tutto ciò costituirebbe quelli che chiamiamo contenuti. Se la disciplina è “storia”, essa prevede non solo che “Cesare varcò il Rubicone” sia un contenuto che deve passare da chi insegna a chi impara, ma anche che quest’ultimo (chi impara) debba restituirlo a chi glielo ha insegnato, e il cerchio si chiude. Con una valutazione (numerica) positiva. Gli apprendimenti disciplinari funzionano così: si parte dalla nozione scolastica grezza, la si spiega e la si consegna alla memoria degli allievi, che faranno di tutto per trattenerla fino all’interrogazione o al compito. Dopo sarà la sorte a decidere cosa rimarrà. Che le cose debbano andare così è sempre giustificato da un quadrilatero di circostanze prescrittive: gli esami finali, il libro di testo, le famiglie, i test Invalsi. Molti docenti osano affermare che al di fuori di questo quadrilatero farebbero diversamente. Come farebbero?

Per uscire dall’accezione caricaturale delle discipline, occorre probabilmente scrutare due versanti: il metodo della disciplina ed il mondo mentale disciplinare degli allievi. Si vuol dire che occorre indagare più a fondo di quanto comunemente non si faccia su quel che succede quando i contenuti diventano dispositivi per muovere la mente dei ragazzi, cioè diventano metodo mentale. O qualcuno potrebbe chiamarlo stile intellettuale. Lo sguardo strabico dell’insegnante in questo caso potrebbe fare vedere la posta in gioco che fa capolino, ad esempio, dietro una poesia di Pascoli, che è un contenuto, oppure dietro una legge della Fisica, altro contenuto. C’è in altre parole un modo mentale di visitare la realtà che chiamiamo Letteratura ed un modo mentale che chiamiamo Fisica. Sono due modi, appunto disciplinati, di abitare il reale, proprio quello della “vita reale” di cui si parlava. Solo le discipline intese in questo modo formativo - formae mentis - possono abilitarmi ad affrontare la vita reale in modo competente, cioè capace di non disorientarmi rispetto alla complessità che la vita mi presenta. A patto di non considerare meno reale questa operazione che avviene, per così dire, in provetta nelle aule scolastiche.

In questo caso la scuola è come un laboratorio in cui si affinano gli strumenti interpretativi della vita reale che sono, appunto, le discipline non ridotte alla loro caricatura contenutistica. Non è pertanto necessario né allestire tecnicismi con sigle seducenti per far sentire ai ragazzi il profumo della realtà né, di conseguenza, cancellare le discipline, proprio perché è grazie ad esse che questo profumo si diffonde nella mente dei ragazzi. Può servire probabilmente soltanto evitare di produrre caricature disciplinari spacciandole per discipline. Come dire che per andare oltre le discipline potrebbe bastare soltanto che queste ultime restino se stesse.

Di che cosa parliamo

Traendo spunto da espressioni molto popolari negli ambienti scolastici, la rubrica scava nelle logiche implicite di certe affermazioni e lascia intravedere quale concezione di scuola e di didattica a esse soggiace. È un’occasione per rimettere a fuoco alcuni fondamentali della professione tentando di smascherare le pedagogie implicite che si annidano dietro i miti e i riti linguistici della scuola.

L'autore

Insegna Lettere in un Liceo di Palermo. In qualità di esperto di questioni educative e didattiche svolge attività di formazione per le scuole e scrive su riviste specializzate. È  anche opinionista de "la Repubblica" di Palermo sugli stessi temi. I suoi interessi riguardano soprattutto il rapporto tra curricolo, saperi e competenze. Sul curricolo nel 2011 ha pubblicato un libro per Tecnodid.

www.mauriziomuraglia.com