di Maurizio Muragliastereotipando

16/06/2020

Privacy

Mi è sempre apparso stucchevole il discorso sulla privacy delle valutazioni scolastiche cosiddette “periodiche e finali”, ma soltanto con le ultime polemiche seguite ai pronunciamenti ministeriali (con annesse rettifiche) sulla modalità di pubblicazione degli esiti la sensazione dello stereotipo si è imposta a tal punto da indurmi a tornare su questa mia "Stanza" poco tempo dopo aver evocato lo stereotipo del Recupero nei neonati PIA e PAI.

Dunque privacy, come dire epopea del Confine. Mi astengo dall’intrufolarmi nelle questioni giuridiche che stanno dietro al lavoro del Garante, per le quali rinvio ad un buon contributo che suggerisco di leggere soprattutto a chi crede che sia davvero detto dal Garante, ad esempio, di non pubblicare i voti dei bocciati. Potrebbe avere qualche sorpresa

Qui voglio esplorare lo stereotipo che circola sulle bocche di tutti per spiegare il motivo per cui qualcosa non viene reso pubblico. Lo si dà per ineluttabile, come il Fato degli antichi. Nessuno potrebbe metterlo in discussione, anche quando poi si scopre che le scuole sanno essere più realiste del re, cioè possono occultare anche materia che il Garante non occulterebbe mai, soprattutto perché c’è anche la dea Trasparenza con cui deve fare i conti.

In tema di valutazione e di pubblicazione delle valutazioni la questione si fa ancora più intrigante, proprio perché quando le scuole diventano più realiste del re vuol dire che c’è di mezzo qualche bel vantaggio. Pensiamo ai voti nel primo ciclo. Nel 2008 si resero obbligatori nelle valutazioni periodiche e finali, cioè in pagella. Ma non parve vero a tutti i sostenitori del voto di piazzar voti in ogni compitino, estendendo cioè l’area di intervento che il legislatore aveva limitato ai quadrimestri.

E qui? Qui succede che nessuno, soprattutto tra i dirigenti sempre ossessionati dai ricorsi, cerca di capire cosa veramente il Garante vorrebbe occultato. E questo perché occultare appare comunque davvero cosa buona e giusta. Per la privacy. Ovvero perché è cosa buona e giusta porre un limite alle informazioni. E chi potrebbe dubitarne? È il ben noto dato sensibile che sottosta ai dettami della privacy.

Ma qui di cosa trattiamo? Quale sarebbe il mitico dato sensibile? 

Maurizio è stato bocciato. Il tabellone recita, alla voce Muraglia, “non ammesso”. Il mondo deve sapere soltanto questo. Che altri sappiano che egli ha avuto tre in Matematica quattro in Inglese e quattro in Latino sarebbe per lui una mortificazione estrema, che non sarebbe in grado di sostenere. Ci pensate? Si viene a sapere che in quelle tre discipline Maurizio è carente, e per questo non è stato ritenuto idoneo alla classe successiva. La famiglia di Maurizio non può tollerare una siffatta esposizione al pubblico ludibrio, così, senza dignità. La famiglia invece attende diligentemente a casa la lettera in cui si spiega tutto. Così soltanto quella famiglia, e non altre, sarà in possesso dei dati sensibilissimi - due “quattro” e un “tre”: grosso modo come avere rapinato una vecchietta - che ad altri saranno preclusi per sempre. Perché alla famiglia sia risparmiata l’onta.

L’epopea del Confine nasce dunque dall’epopea della Vergogna. Tutte monadi, i nostri studenti e le loro famiglie, che piangono da sole i propri guai. Privatamente. Perché lo spazio pubblico è solo per i bravi, quelli che sei-sette-sette-otto-nove, cioè quelli che vanno bene in ogni disciplina. Basta che il giudizio finale sia sospeso, come negli anni scorsi, e la riga resta implacabilmente vuota: per la privacy… Tutto insomma si deve giocare nel privato degli accessi agli atti, al riparo da occhi indiscreti. Il pubblico rimane il luogo del successo e del tutto liscio, dove si gioca la competizione tra i bravi che hanno la riga piena dei numeri ortodossi, compresi i sei che non erano sei ma diventarono sei.

Un tempo la privacy sui voti finali non c’era. Io lo ricordo. Succedeva quindi che Maurizio aveva quattro in Matematica e tutti lo sapevano. Con quel quattro veniva rimandato a settembre, poi magari superava gli esami e passava alla classe successiva. Oppure veniva bocciato a giugno senza appello, e si sapeva che questo era stato determinato dalle valutazioni negative di alcune discipline, con la conseguenza che risultava abbastanza “pubblica” la severità della prof di Matematica o di Latino, e questo non cambiava la vita a nessuno. Siamo tutti qui i figli della vecchia Publicity, ex studenti che sono sopravvissuti alla Vergogna, se così poteva chiamarsi, e non hanno professato la religione del dio Confine, ovvero quella sottile barriera che si vuole ci sia tra le cose (brutte) che riguardano me e quelle (brutte) che riguardano te.

Di che cosa parliamo

Traendo spunto da espressioni molto popolari negli ambienti scolastici, la rubrica scava nelle logiche implicite di certe affermazioni e lascia intravedere quale concezione di scuola e di didattica a esse soggiace. È un’occasione per rimettere a fuoco alcuni fondamentali della professione tentando di smascherare le pedagogie implicite che si annidano dietro i miti e i riti linguistici della scuola.

L'autore

Insegna Lettere in un Liceo di Palermo. In qualità di esperto di questioni educative e didattiche svolge attività di formazione per le scuole e scrive su riviste specializzate. È  anche opinionista de "la Repubblica" di Palermo sugli stessi temi. I suoi interessi riguardano soprattutto il rapporto tra curricolo, saperi e competenze. Sul curricolo nel 2011 ha pubblicato un libro per Tecnodid.

www.mauriziomuraglia.com