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di Marilena Lucentewi fi zone

16/11/2013

Hanno bisogno di crescere

Hanno quindici, sedici anni, fanno sesso a pagamento, frequentano la scuola superiore e si vendono per poco -non importa la cifra- è sempre comunque poco. Fanno scommesse tra loro, si sentono grandi e postano foto su face book piene di baci, di capelli sugli occhi, calze a rete e smalto decorato sulle dita. Durante gli interrogatori nessuna vergogna, anche se meno spregiudicate delle telefonate in cui sono state intercettate. Solo una di loro ha pianto: quando le hanno portato via il cellulare.

È l’adolescenza che scivola tra web e realtà, che lascia sgomenti gli adulti e indignati i commentatori (come se ignorassero una regola aurea del giornalismo: le tre esse che fanno vendere sempre sono sesso sport e soldi). È l’adolescenza di cui sentiamo parlare da anni, che ogni volta scatena un fiume di parole. Le nostre, non le loro. Perché, da Roma a Milano, in questi giorni, c’è un dato che più sconcerta: non hanno molto da dire, niente nemmeno per giustificarsi. Quello che sono è tutto lì, nelle centinaia di scatti disseminati sul web. È il ground zero della narrazione: non si raccontano, non danno senso alla loro storia con le parole; l’identità si costruisce immagine dopo immagine, collezionando "mi piace" e cuoricini e adesivi sulle bacheche dei social network. Le foto restano, le vite continuano a bruciare, mentre gli adulti – quelli che non sono impegnati a sfruttare le ragazze – non sanno davvero cosa fare.

Adolescenze misteriose, in cui si corre in avanti nel tempo, si diventa grandi inoltrandosi nelle strade del sesso a pagamento. Sono figlie, queste adolescenze, di tanti anni televisivi, in cui hanno mosso i primi passi le ninfette, le letterine, le veline; sono cresciute, queste adolescenti guardando programmi pieni di balletti per ritrovare qualche tempo dopo le loro coetanee nel sottobosco dei palazzi di potere; e sono finite, queste ragazze che sono state a guardare e nel frattempo qualcosa hanno imparato, nei bagni delle scuole. Incapaci di aspettare persino il sabato pomeriggio o la sera in discoteca. Ogni momento è buono per fare quello che si vuole, con chi si vuole.

Non tutte le adolescenze sono così, certo. Solo quelle che non hanno avuto modo di vedere altro, nella vita; quelle che non hanno avuto l’opportunità di sentirla in un altro modo, la vita.

Andare a scuola non basta. Anzi, la cattiva scuola, quella che non richiede impegno, quella senza fiducia e senza passione un po’ assomiglia a loro: non dà peso a quello che accade, non costruisce la propria identità sulla narrazione, su raccordo del sapere e delle conoscenze con la vita di chi la frequenta, ma si accontenta della presenza e delle immagini prive di senso. Hanno bisogno di crescere entrambe, la scuola e l’adolescenza, di ritornare, ciascuna a vivere il proprio tempo e ad avere il coraggio di pensare, immaginare, persino sognare il futuro.

Per saperne di più

Nella zona grigia da "Repubblica. D Famiglia", 12.11.2013

Di che cosa parliamo

Perché nella rete ci siamo finiti tutti. E sembra che per adesso non abbiamo nessuna voglia di venirne fuori, anzi  sappiamo che “Google è un amico che non ti abbandona mai”, dunque nemmeno in classe. Dal piccolissimo schermo dei cellulari alla Lavagna Interattiva Multimediale, che è già comparsa in qualche aula, passando per i tablet e i registri elettronici dei prof: noi siamo continuamente connessi e il mondo è a portata di touch. Come cambiano, se cambiano, i verbi “insegnare” e “imparare” con la disponibilità delle reti wi fi anche a scuola. Cronache, idee, esperienze da condividere.

L'autrice

Marilena Lucente insegna materie letterarie a Caserta. Ha incominciato raccontando la scuola nel libro Scritto sui banchi (2005, Edizioni Cargo, Napoli) e continua a farlo con articoli di cronaca, testi narrativi e saggi di pedagogia. Di recente ha realizzato un audio documentario per Rai Radio Tre, per la rubrica Fahrescuola (2013).

 

 

è in libreria il nuovo romanzo di

Marilena Lucente
Le giocatrici
Lotto. Slot machine. Bingo

Edizioni Spartaco,  2014

 

Novanta miliardi spesi ogni anno per il gioco d’azzardo, un intero Paese invaso da slot machine, sale bingo e centri scommesse, il numero dei malati di ludopatia che aumenta di giorno in giorno: ma quanto giocano le donne? E soprattutto come, dove, perché? Il libro "Le giocatrici" di Marilena Lucente (Edizioni Spartaco) racconta il fenomeno del gioco declinato al femminile e il modo in cui stravolge le esistenze delle giocatrici e di chi sta loro accanto. (da La Feltrinelli)

Raccontate con una scrittura sempre più matura tre storie di donne complicate e di uomini sbagliati. Teresa, figlia persa alle carte e moglie di un giocatore che non può far altro che vincere fino a perdersi; Anna, vittima della coazione del giorco e delle sue fragilità e le altre, maschere tragiche attorno al tavolo del Bingo. Tra sfida e autopunizione, protagoniste  e comprimari inseguono un riscatto forse improbabile o forse affidato all'alea, benevola alleata o cieca nemica di ogni giocatore (m.a.).