Home - i/stanze - wi fi zone - Come e perché Genny 'a carogna finì sui test Invalsi

di Marilena Lucentewi fi zone

24/05/2014

Come e perché Genny 'a carogna finì sui test Invalsi

Test invalsi. Odiati, temuti, talvolta sovrastimati. E boicottati.  Si stanno svolgendo questa settimana in tutte le scuole d’Italia. Martedì è toccato alle scuole superiori, dove si misura il livello di conoscenze del secondo anno. Duecento domande, fascicoli anonimi, ma al nome corrisponde un codice a barra e dunque gli studenti e le classi di appartenenza sono facilmente identificabili, 90 minuti per i test di italiano, 90 per quelli di matematica. Servono a misurare il livello di conoscenze degli studenti, finiscono per valutare scuole e insegnanti.
Premessa:  agli Invalsi si risponde prima di tutto decidendo come affrontarli. Alcune scuole rispettano l’indirizzo ministeriale. Sono prove che servono a valutare  – del resto, sostengono, un sistema deve pur esserci – dunque si fanno.  E dal primo giorno i ragazzi sono sollecitati a fare test, esercitazioni on line, acquistano volumetti a parte. Ci sono insegnanti che considerano gli Invalsi una prova disciplinare, e mettono persino il voto sul registro (ma questo non è proprio il massimo della correttezza, secondo me). Altre scuole, o meglio altri insegnanti, li rifiutano categoricamente: nessuno ci può misurare, nemmeno Tu (Ministero, Indire o Chicchesia). Ma se c’è un ordine di servizio, i docenti devono prestare assistenza e svolgere le operazioni di segreteria e non possono rifiutarsi. Se ci riescono, orientano i ragazzi al boicottaggio (e neanche questo è corretto, secondo me). Comunque non c’è bisogno di arrivare a tanto, in genere i ragazzi fanno da soli. Nel senso che decidono da soli di boicottare. Oppure non si presentano, come è accaduto in molti istituti.
Bisognerebbe inviare  al Ministero, oltre ai risultati delle prove anche i fascicoli boicottati. Dove sono stati sbarrati i codici a barra, ma anche, soprattutto, riempiti da altre scritte. E per quello che sono riuscita a leggere, dal vero o tra i vari post su fb, ogni volta mi sono fermata per chiedermi se si trattava di: a. concentrato di idiozia; b. trattato di sociologia;  c. genialità allo stato puro.

Qualche esempio può servire a capire di che cosa stiamo parlando:

  • Nella sezione dedicata  ai dati anagrafici si chiedeva di indicare il proprio sesso.  Accanto alla M e alla F, qualcuno ha aggiunto: “Aspetta che mo' controllo”. Oppure: “Vuoi controllare?”.
  • Ogni foglio porta la dicitura: “Non girare la pagina sino a quando non ti sarà detto di farlo!”. Ogni boicottante ha avuto la propria reazione: “Genny ‘a carogna ha detto che posso farlo”; “Si, ma non ti incazzare”; “I fogli non parlano”. 
  • Una domanda chiedeva di riconoscere lo stato d’animo di un personaggio  scegliendo tra: timidezza, dispiacere, terrore, ecc. Lo studente scartando quelle indicate ha aggiunto – chissà quanto opportunamente – “prurito intimo”.
  • Al test di comprensione del testo si legge la domanda: "Carlo ha ragione perché?" Risposta: "Perché il cliente ha sempre ragione."

Qua e là compaiono slogan pubblicitari, disegnini stilizzati di omini sovente suicidi o omicidi si trovano negli spazi riservati  agli esercizi di matematica. Alle domande in cui si chiedeva di spiegare, ancora, una statistica Istat o l’esito di una equazione,  in molti hanno risposto così: “mi fido dell’Istat”, “dò (con l’accento) fiducia a chi ha fatto il calcolo”.  Chiudono il fascicolo, ca van sa dir, inserti autobiografici del tipo: “ho copiato tutto”, “non ho capito niente”, e una cascata di XD (che dovrebbe essere un sorriso smagliante).

Allora, questa scuola vogliamo prenderla sul serio o no? Vale per chi fa i test, vale per chi risponde alle domande in questo modo. Dovremmo chiederci qualcosa di più su questi  studenti, chiedere loro qualcosa di diverso.

 

Di che cosa parliamo

Perché nella rete ci siamo finiti tutti. E sembra che per adesso non abbiamo nessuna voglia di venirne fuori, anzi  sappiamo che “Google è un amico che non ti abbandona mai”, dunque nemmeno in classe. Dal piccolissimo schermo dei cellulari alla Lavagna Interattiva Multimediale, che è già comparsa in qualche aula, passando per i tablet e i registri elettronici dei prof: noi siamo continuamente connessi e il mondo è a portata di touch. Come cambiano, se cambiano, i verbi “insegnare” e “imparare” con la disponibilità delle reti wi fi anche a scuola. Cronache, idee, esperienze da condividere.

L'autrice

Marilena Lucente insegna materie letterarie a Caserta. Ha incominciato raccontando la scuola nel libro Scritto sui banchi (2005, Edizioni Cargo, Napoli) e continua a farlo con articoli di cronaca, testi narrativi e saggi di pedagogia. Di recente ha realizzato un audio documentario per Rai Radio Tre, per la rubrica Fahrescuola (2013).

 

 

è in libreria il nuovo romanzo di

Marilena Lucente
Le giocatrici
Lotto. Slot machine. Bingo

Edizioni Spartaco,  2014

 

Novanta miliardi spesi ogni anno per il gioco d’azzardo, un intero Paese invaso da slot machine, sale bingo e centri scommesse, il numero dei malati di ludopatia che aumenta di giorno in giorno: ma quanto giocano le donne? E soprattutto come, dove, perché? Il libro "Le giocatrici" di Marilena Lucente (Edizioni Spartaco) racconta il fenomeno del gioco declinato al femminile e il modo in cui stravolge le esistenze delle giocatrici e di chi sta loro accanto. (da La Feltrinelli)

Raccontate con una scrittura sempre più matura tre storie di donne complicate e di uomini sbagliati. Teresa, figlia persa alle carte e moglie di un giocatore che non può far altro che vincere fino a perdersi; Anna, vittima della coazione del giorco e delle sue fragilità e le altre, maschere tragiche attorno al tavolo del Bingo. Tra sfida e autopunizione, protagoniste  e comprimari inseguono un riscatto forse improbabile o forse affidato all'alea, benevola alleata o cieca nemica di ogni giocatore (m.a.).