Non uno di meno.
La scuola dovrebbe essere così, la scuola per la quale abbiamo lottato, nella quale abbiamo creduto. Quella in cui gli insegnanti andavano a casa degli alunni per portarseli in classe, quella in cui gli studenti andavano strappati all’ignoranza e alla miseria. Perché ignoranti e poveri lo siamo stati a lungo. Quel non uno di meno si confronta con il dato statistico dell’attualità: il 17 per cento degli studenti abbandona la scuola. Due su dieci, quasi. Come se dovessero andare nei campi a lavorare o in fabbrica per sostenere la famiglia. Oggi quel diciassette per cento bisogna strapparlo dai centri scommessa, dai bar, dal letto alle undici della mattina per smaltire una sbornia, o in un negozietto dove fa il tuttofare per pochi euro.
E se ti avvicini ti risponde male. “fatti i fatti tuoi”, “l’obbligo l’ho finito”, e tutte le altre frasi di circostanza, certo certo. Allora me ne sto qui, in classe. Magari più tardi passo in segreteria, chiedo di mandare una comunicazione ufficiale, così il mio dovere l’ho fatto. Il diciassette per cento in meno, quasi due su dieci che hanno detto: no, grazie. E con loro i genitori, i compagni. Magari quei due (su dieci) non erano proprio tagliati, per la scuola. E in classe avrebbero vissuto giorni di abbandono peggiori di quelli trascorsi a casa. sarebbe stato un inferno per loro e per gli altri.
Ma una strada, non per loro, ma per la scuola, bisogna trovarla. Una scuola che non disperdendosi in mille rivoli di disfattismo non produca nemmeno dispersione.
Fonte: MIUR-Servizio statistico, Focus dispersione 2013