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a cura di insegnareUna scuola per la cittadinanza

29/07/2020

Ci sono infinite ragioni ...

di Caterina Gammaldi

Ci sono infinite ragioni... 
che ci convincono a vivere questa strana estate pensando ai nostri bambini e ai nostri ragazzi e al loro rientro a scuola. 
Manca poco più di un mese al fatidico primo settembre, data indicata per la riapertura del nuovo anno scolastico con corsi di recupero e integrazioni al programma non svolto, una scelta discutibile che sentiamo distante da un agire professionale  riflessivo che pensa al recupero degli apprendimenti durante il percorso di insegnamento  - apprendimento, non dopo. 
Un approccio, il nostro, che fa perno sulla ricerca didattica,  che non sa che farsene dei voti e del programma svolto o da svolgere.  Altro abbiamo appreso negli anni studiando della centralità del soggetto che apprende, concentrando l'attenzione su un'idea di apprendimento inteso come processo attivo. 
Ci sembra di essere precipitati indietro negli anni, quando si praticava la lezione frontale e il rigoroso procedere dei programmi argomento dopo argomento, lasciando indietro chi non ce la faceva da solo. È quel che invoca chi proclama il rigore e la serietà degli studi. Noi pensiamo che essi esigano in realtà insegnanti competenti che guidino gli studenti, ancorché autonomi, nell'utilizzo delle fonti e dei testi perché sappiano analizzarli. interpretarli e valutarli. 


Anche noi vogliamo una scuola che sappia guardare al futuro, ma stentiamo a vederla nelle scelte e nei suggerimenti dell'amministrazione scolastica nazionale e periferica, del ministro protempore, sia pure dettate in e da una situazione di oggettiva emergenza.  

Per garantire a tutti le  competenze culturali di cittadinanza  abbiamo lavorato per mesi a una pubblicazione in corso di stampa  che sappia intendere l'educazione alla cittadinanza non una materia (1 ora a settimana) o un voto. 
Per questo abbiamo immaginato possibile e necessaria una nuova  fase costituente, capace di far rivivere gli impegni assunti nel lontano 1948 per la ricostruzione del Paese, che trovano nel "rimuovere gli ostacoli... " il senso dell'insegnare e dell'apprenderr  oggi come ieri. 
Una prospettiva che non consideriamo perdente perché minoritaria, ma che esige decisioni politiche e culturali coraggiose e coerenti,  non più rinviabili. 

 Invece... assistiamo a un confronto francamente sterile sui banchi singoli, sul distanziamento fisico, sulla bontà della DaD, senza che nessuno osi dire se con tali modalità si potrà ancora parlare e in che termini di percorsi curricolari.

Vengo da una scuola frequentata negli anni 50/60 riservata a pochi eletti, che ha visto gli enti locali investire senza riserve nel diritto allo studio perché si allargasse la platea degli aventi diritto. Ho vissuto l'esperienza di una scuola per adolescenti selettiva e anche quando, in attuazione dell'art. 34 della Costituzione, fu emanata la legge istitutiva della scuola media unica, e non fu facile e immediato per tutti realizzare un obbligo scolastico sostanziale e non solo formale. Anni dopo è accaduto ancora con l'obbligo elevato a 16 anni, con tutte le ambiguità dei percorsi di formazione professionale e di apprendistato. La scuola non riesce a intercettare e trattenere gli adolescenti, a garantire quel che è davvero utile per la cittadinanza. 

 
Continuo a pensare a una scuola per la cittadinanza, che torni ad essere un "organo costituzionale", non più servizio a domanda individuale, per chi può accedervi, a una scuola che non appalti  le scelte educative all' esterno, che sappia far vivere i linguaggi della musica, del teatro, del cinema, dell'arte nei saperi disciplinari e, quando serve, nei luoghi dedicati. 
Lo chiedo per i nostri bambini e per i nostri ragazzi, per una generazione che rischia di essere segnata da questa drammatica esperienza in cui è mancata la dimensione collettiva, costretti a vivere in modalità e pratiche lontane anni luce dalla cultura della scuola democratica.

L’educazione alla cittadinanza consapevole

non è una materia, né un progetto

è il mandato affidato dalla Costituzione alla scuola pubblica 

L'educazione alla cittadinanza è compito complesso ed essenziale dell'intero progetto educativo. È un errore grave ridurla a un'ora settimanale senza epistemologia disciplinare e in nome di una concezione onnicomprensiva e al contempo vuota della "trasversalità". 

Viviamo in una società che promuove, predilige e premia il consumo, l'individualismo, il merito, la competizione e poi si stupisce e finge di flagellarsi per la fine del lavoro, la crescita delle disuguaglianze, i danni ambientali, i rapporti interpersonali compromessi e spesso violenti...

Continuiamo a rimanere esterefatti e turbati dall' intenzione, in un simile contesto, di voler istituire l' insegnamento trasversale di educazione civica" per 33 ore all'anno con voto, spesso motivato da preoccupazioni moraliste o contingenti e impartito non si sa da chi e come e sulla base di quali competenze scientifiche e professionali.

La scuola pubblica è l'unico luogo dove si possa e si debba perseguire la crescita individuale e collettiva attraverso la pratica teorica delle conoscenze, delle competenze, dell'analisi interpretativa della realtà e della capacità di giudizio, in nome della pari dignità umana, senza interessi economici o appartenenze precostituite ma come conquista ed esercizio degli strumenti per una cittadinanza consapevole.

Questo è il compito e la ragion d'essere della scuola pubblica, che la esercita come educazione attraverso l'istruzione e la cultura in tutti i suoi momenti e le sue prassi, nell'unitarietà del suo progetto formativo, cui ogni insegnamento deve concorrere attraverso la specificità del proprio ruolo e in collaborazione operativa con gli altri, in un contesto in cui la convivenza sia vissuta e praticata prima che predicata.

Stiamo lavorando a iniziative di contrasto della legge 92/2019 di introduzione dell'insegnamento di educazione civica. Chi voglia farci pervenire riflessioni, esperienze o proposte ci scriva a redazioneinsegnare2010@gmail.com


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