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08/06/2016

Bruner al convegno nazionale del Cidi

di Mario Ambel

Nel 2005, Jerome Bruner, recentemente scomparso, partecipò al 34° Convegno nazionale del Cidi, dal titolo "Una scuola per la cultura il lavoro la democrazia", svoltosi a Roma il 4, 5, 6 marzo.
Anna Chiara Monardo, del Cidi di Cosenza, così ne tradusse e sintetizzò parte dell'intervento.

Jerome Bruner - What do we mean by "early" education

Non vi è nulla di più importante che educare le nuove generazioni. Siamo l'unica specie che non si adatta alla realtà ma la costruisce e il primo passo è l'educazione. Non troviamo i significati ma li costruiamo a livello individuale e a livello collettivo.

Creiamo la realtà e non vuol dire che non ci sono dei limiti, è sempre una "ri-costruzione" di ciò che c'è stato nel passato e non è più adeguato al presente. L'aspetto più importante e lo strumento centrale è di dimostrare che ci sono molte alternative nel processo di costruzione della realtà. C'è un senso profondo nell'esistenza delle alternative ma c'è anche un dono, e lottare per la definizione delle alternative è la sfida dell'uomo. 

Come si possono introdurre nell'insegnamento le alternative della realtà?
Come introdurre il senso del possibile nel curriculum?

L'accento deve essere dato al processo con cui si costruisce la realtà in una determinata epoca. Questo suo approccio è il richiamo che sottolineava che la realtà derivava dalle possibili costruzioni ossia è un processo di costruzione, la realtà è interpretazione dei fatti. La storia non può essere insegnata senza la storiografia, è importante sapere come la storia viene costruita, in base a quale teoria. 

Una domanda da porre ai bambini, è, per esempio, come mai in Italia la pena di morte è stata abolita e in Usa è legale? Oppure perché le donne hanno iniziato a votare? Non si tratta di spiegare il fatto ma focalizzare l'attenzione sul cambiamento, insegnare ad interpretare il cambiamento, guardare ad esso ed interpretare il fatto. Tale aspetto non riguarda solo la storia ma anche la scienza. Bisogna diffondere la teoria del paradigma ossia che per ogni teoria c'è un paradigma ma non è l'unico. Secondo tale metodo è possibile accompagnare il bambino fino alle frontiere della conoscenza.

L'origine dell'uomo fu spiegata con il "creazionismo" e poi con il "Darwinismo".
Oggi c'è una rivoluzione nella teoria dell'evoluzione e dello sviluppo dell'interazione fra gli uomini. Leggere il pensiero è, dunque, fondamentale per lo sviluppo della civiltà umana.
Nel settore della scienza tutte le nuove teorie devono essere usate a scuola. Le vecchie affermazioni di Newton non sono più valide, le nostre ipotesi le costruiamo non le troviamo.
Un altro esempio riguarda la matematica, bisogna insegnare focalizzando l'attenzione sul significato dei numeri, ragionare sul loro significato e il loro uso.

Un altro esempio è una scuola dell'infanzia a Reggio Emilia in cui da alcuni esperimenti e dalle domande dei bambini scaturiva il processo di costruzione della realtà. Una tecnica importante è raccontare storie, ragionare su che cosa è una storia, capire una storia, capirla e smontarla. Ogni storia inizia con la descrizione di una condizione ordinaria. 

Ecco un altro esempio: "Il segreto" di Conrad.
E' la storia di un giovane capitano che dopo aver ancorato la sua nave in un porto africano decide di vegliare e di far riposare i suoi uomini (situazione ordinaria). Come una sentinella va avanti ed indietro, quando vede una scala fuori bordo e nel trarla si accorge che c'è un uomo (rottura dell'ordine naturale). Il capitano, sorpreso chiede all'uomo di raccontare e spiegare la motivazione, il perché era lì. L'uomo dice di essere fuggito dalla sua nave, ancorata ad un chilometro di distanza, per aver assassinato un compagno (stravolgimento dell'ordine). Bisogna procedere nell'azione ed il capitano, decide di nascondere il fuggitivo e di condurre la nave lungo la costa per permettere all'uomo di scappare e nuotare lungo la costa. La mattina riparte e il capitano vuole che la nave viaggi lungo la costa, ma l'uomo dimentica il cappello sulla nave e il capitano lo tira in acqua. Il vento è debole, è difficile non fare incagliare la nave, allora il cappello del fuggitivo diventa il punto di riferimento per salvare la nave. Vi sono molti testi che cercano di spiegare il significato del cappello. Ci sono molte possibili soluzioni della peripezia. La storia deve navigare in più possibilità, nell'incertezza.

All'Università il Rettore ha chiesto ad alcuni insegnanti dei corsi avanzati di insegnare agli studenti dei primi anni e ha organizzato un seminario sul conflitto fra ordine e giustizia. E' stata scelta la storia di Antigone per illustrare questo conflitto. Si è generata una discussione fra gli studenti che hanno trovato un parallelismo contemporaneo tra il personaggio di Creonte e il presidente Bush. Dunque non è stata considerata come una storia antica ma contemporanea che generava discussioni, argomentazioni e da li nascevano le generalizzazioni. Questo è il metodo da adottare con i bambini: dal particolare al generale. 

Queste parole e la necessità di tornare - davvero e non solo per farsene vanto di facciata - al magistero di Jerome Bruner sono quanto mai di ineludibile opportunità e urgenza oggi, un tempo in cui in nome della "realtà" (e dei relativi compiti) si sta generando non poca pericolosa approssimazione.

Tornare a riflettere sui rapporti fra educazione cultura e realtà come processo incessante di co-costruzione interpretativa  è l'unico antidoto alla tentazione di molti di relegare la scuola e la cultura a una funzione di adattamento, imitazione, addestramento alla "realtà".
Così come diviene importante, in un' epoca di test e di ansia da risposte esatte e univoche, sommerse per altro nella pressoché totale incapacità di risolvere alcuno dei problemi reali dell'umanità, accettare costantemente la sfida della pluralità delle interpretazioni e delle soluzioni possibili. Agli amanti delle risposte certe bisogna contrapporre il fascino delle risposte possibili, delle alternative, la sfida della complessità.
La cultura e la scuola hanno il compito di osservare la realtà, studiarla, interpretarla, preparare a viverla, ma anche sottoporla a critica, immaginarne una diversa, contribuire a cambiarla, possibilmente in meglio.

E una analoga riflessione andrebbe condotta su quel trittico "cultura lavoro democrazia"  che campeggiava nel titolo del convegno del 2005, come finalità strategica della scuola, della nostra idea di scuola.
È ancora possibile ribadire la convinzione (un po' ipocrita, vista la realtà di fatti) che la scuola persegue per tutti e per ciascuno in egual misura quelle tre finalità? O non è piuttosto vero che, attraverso l'indomita e impunita incapacità (o non volontà) di innalzare l'obbligo scolastico, la scuola italiana continua a stratificare almeno due di quelle finalità (la cultura ai liceali, il lavoro agli altri) per poi trasferire a una visione tutta comportamentale e produttivistica un'idea di “cittadinanza” valida (più o meno) per tutti? O a generare confusione con progetti di “alternanza scuola-lavoro” cui tutti dichiarano di ambire, salvo poi scoprire che si traducono in una sottrazione di tempo alla “cultura” (anche quella del lavoro) per far spazio a sinergie spesso inutili con il mondo del (quasi) lavoro?

Da anni proponiamo, in verità con poca fortuna, nella formula “competenze culturali di cittadinanza” una sintesi di alto profilo, che valga per tutti e per ciascuno, delle finalità strategiche della scuola, ovvero dell'educazione. E non già del “sistema di istruzione e formazione”!
Invece si è sempre preferito fingere di innalzare l'obbligo scolastico, poi ribadire in modo quasi ignominioso la divaricazione fra le tre opzioni della secondaria superiore di II grado, perpetuare la stagione delle fumoserie tecnocratiche e infine giungere ora, al tempo della governance mediatica, a una pressoché  totale conversione dei discorsi su competenze, trasversalità e cittadinanza alla fragile quanto a tratti servile funzionalità della scuola alla realtà. Spesso senza chiedersi di quale realtà si tratti, da chi e come e perché generata... Senza mai affrontare davvero dove e come e quando ciascuno possa e debba accedere, con un solido bagaglio culturale e di cittadinanza, a percorsi di formazione professionalizzante effettivamente utili  al lavoro. Se e dove semmai ci siano.

Per questo ripensare all'insegnamento di Bruner può essere oggi assai utile.

Scrive...

Mario Ambel Per anni docente di italiano nella "scuola media"; esperto di educazione linguistica e progettazione curricolare, già direttore di "insegnare".

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