Home - la rivista - cultura e ricerca didattica - Insegnanti e libri di testo fra revisione e revisionismi

temi e problemicultura e ricerca didattica

11/09/2017

Insegnanti e libri di testo fra revisione e revisionismi

di Rosanna Angelelli

In questi giorni, a corredo delle polemiche sulla opportunità dell'autorizzazione alla commemorazione della "Marcia su Roma" e del dibattito su una nuova legge contro la propaganda fascista, qualcuno ha riproposto il tema della presunta faziosità degli insegnanti di storia, che - in prevalenza di sinistra - innescherebbero reazioni ostili e contrarie nei giovani.
Pubblichiamo, al riguardo, un contributo di Rosanna Angelelli, del 2000, scritto in occasione di un acceso dibattito suscitato dal centrodestra di allora, contro gli insegnanti e i libri di testo di sinistra. Riemerso casualmente dalle carte dell'autrice, appare di interessante attualità.

La revisione - secondo la definizione del vocabolario dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana - consiste in un “nuovo esame inteso ad accertare e a controllare, ed eventualmente a correggere o a modificare, i risultati e le valutazioni dell’esame già operato, oppure la situazione iniziale o precedente”. Gli esempi forniti riguardano l’area degli atti di un concorso, dei conti, degli inventari, delle liste elettorali, degli iscritti alla leva già riformati, delle bozze di stampa, di un processo,di una sentenza.

La revisione in “alcuni casi comporta un esplicito rilievo dell’intervento conseguente all’esame e al controllo, inteso ad eliminare errori, imperfezioni e difetti, o altri fattori negativi ai fini del valore e della funzionalità.” Gli esempi proposti riguardano la revisione di un impianto, una macchina, una ferita traumatica, un’opera letteraria (da parte del suo stesso autore poiché si cita Manzoni), una partitura musicale.
Infine si arriva al significato meno coercitivo e normativo della parola, cioè all’ “intento e all’azione stessa di modificare quanto, ad un riesame, risulta non più adeguato e rispondente alle nuove situazioni ed esigenze, spec. nel linguaggio giuridico.” Gli esempi in questo caso puntualizzano trattati di diritto internazionale, contratti, processi, norme e procedimenti costituzionali, ecc..

Il revisionismo delinea invece nella politica internazionale “qualsiasi atteggiamento o attività di stati, gruppi e partiti tendente a modificare l’assetto stabilito dai trattati soprattutto di pace e di alleanza.”. Il vocabolario porta  come esempio il r. tedesco del periodo successivo alla prima guerra mondiale.
Ma il revisionismo può denotare anche “la tendenza ad attuare all’interno di un partito una revisione delle basi ideologiche e delle linee d’azione politica” in senso moderato, involutivo. Il vocabolario aggiunge che questo termine è stato usato con “particolari riferimenti storico-politici e con proprie connotazioni in relazione alla politica dei partiti comunisti sia dell’Unione Sovietica sia di altri stati dell’Europa orientale”.
A questo proposito, lo Zingarelli, da me consultato in prima battuta, nomina, più brevemente (e sibillinamente) una revisione marxista.

Credo che sulla base dell’area semantica e del significato di revisione/revisionismo/revisionare si possa pacificamente concludere che simili definizioni non sono opportune per una riconsiderazione del contenuto dei libri di testo.
Il libro di testo non è manifestamente né un macchinario, né una norma di legge, né un trattato istituzionalizzato. Questo aspetto poteva essergli assegnato nel passato da un regime dittatoriale ma, per fortuna, in Italia c’è ancora in vigore una Costituzione democratica antifascista che propugna e difende una cultura variegata ed aperta (non mi va di usare la parola pluralistica che sa troppo di politichese centrista).
Il libro di testo, anche quando autorevolmente scritto da autorevoli intellettuali e pubblicato da illustri case editrici, viene definito una “base didattica” per le varie discipline (utilizzo la spiegazione di Zingarelli, che mi sembra più aperta rispetto a quella del succitato vocabolario dell’Enciclopedia Italiana).

Il concetto di “base”, di per sé statico nella sua solidità di struttura portante, è reso più complesso e polisemico dall’aggettivo “didattica” poiché sappiamo quanto movimento dinamico delle idee e dei giudizi e dei comportamenti sia inerente a un insegnamento efficace. Talvolta la didattica (che è strettamente connessa alla vita) diventa così ricca e flessibile da saltar giù dalla base verso altre avventure.

Mai come oggi si dovrebbe avere il senso della precarietà e dell’inadeguatezza del libro di testo e, con esso, si dovrebbero centellinare le battaglie democratiche in difesa dello statu quo editoriale.
Spiace che il cambiamento del testo di storia, suscettibile più degli altri testi al continuo aggiornamento per la natura stessa della materia che intende incrementare, sia stato propugnato proprio dal Presidente della Regione Lazio Francesco Storace e in termini di revisionismo e per di più sull’argomento Resistenza, già abbondantemente conculcato dal recente craxismo e imbalsamato dalla cultura cattolica della pacificazione/appaciamento e, perché no, anche dalla retorica celebrativa repubblicana [1].

Ma Francesco Storace conosce il suo mestiere e colpisce con notevole fiuto politico una sinistra ancora troppo piena di sensi di colpa e di cristallizzazioni per reagire con lucida durezza e ampiezza di memoria su un presente freneticamente dinamico e vischioso. 
Non è possibile che si continui ancora a discutere sull’obbiettività e sulle equivalenze e sugli accumuli di conoscenze, sulle prove provate e su ciò che è evidente senza bisogno di prove ufficiali, con la logica dell’imparzialità, dell’esaustività e degli opposti estremismi; che si abbia ancora paura di parlare di Resistenza come guerra civile; che da un carcerato (Adriano Sofri) debba essere ribadita la sacrosanta distinzione tra i fascisti di Salò e il movimento di Liberazione Nazionale [2]; che debba essere un intellettuale ottantenne (Claudio Pavone) a rigettare l’etichetta di revisionismo dal lavoro interpretativo dello storico [3]; che ci si debba ancora gingillare sull’assegnazione/riconoscimento di presunti caratteri permanenti alla memoria storica (uno sproposito culturale incompatibile con il flusso instabile della memoria!) e, per ultimo, sulla qualificazione della memoria storica di in un giovane d’oggi.

Si capisce che il giovane ha la sua memoria individuale fluida e instabile, dislocata“altrove” rispetto agli adulti, cioè nella sua generazione, con la sua cultura, con la sua storia contemporaneamente integrate e staccate dalla scuola, come per altro è sempre stato, salvo che, oggi, gli adulti e con essi gli insegnanti  fanno più fatica a rintracciarla, a orientarvisi perché la società italiana è mutata, attraverso processi e valori spesso distanti ed inquietanti rispetto ad adulti sempre più vecchi e radicati ai loro ricordi e intenti.
Se poi questi adulti, impauriti e affascinati dall’accelerazione culturale ed esistenziale, demonizzano contemporaneamente Internet, le chat, gli script, non analizzano le astuzie narrative del montaggio del Grande Fratello, il bisogno di passato del “Novecento” di Pippo Baudo [4], le udienze spettacolari del papa, rigettando la comunicazione mass-mediatica, o assorbendola acriticamente, ci si chiede come fanno e faranno a educare studenti democratici consapevoli e flessibili?

Abbiamo già sbagliato dopo il '68, abbandonando di fatto i giovani alla follia di una protesta senza risposte complesse, impaurendoli con le nostre inadeguatezze e con il rumore delle notizie urlate (per esempio, lo strepitio televisivo all’epoca del rapimento Moro, che una classe mi raccontò con molto disagio in un lavoro sui loro ricordi delle elementari), demonizzando la politica e i partiti che noi stessi abbiamo provveduto bene o male ad alimentare con il nostro voto o non voto, avallando la corruzione, rifugiandoci nel cattolicesimo di parata ecc.: cerchiamo di non perdere la partita oggi, rinnoviamoci e ritroviamoci con o senza o indipendentemente dal libro di testo.

Due proposte operative

Agli insegnanti di storia: si raccomanda l'utilizzo di cronologie chiare e dettagliate; non si possono approfondire più di tre, quattro argomenti all’anno, articolati per moduli contenenti: i documenti (di vario genere, comprese le immagini fisse e in movimento); la cronologia; alcune narrazioni; la bibliografia critica aggiornata, i siti di consultazione.
Alle case editrici: realizzare aggiornamenti in rete da poter scaricare a prezzi contenuti per le scuole; webbibliografia dinamica; uno sportello in rete per ricevere commenti e richieste da parte di studenti e insegnanti.

 

Note

1. Il riferimento è a una mozione della Regione Lazio contro i libri di testo di storia troppo "filo-marxisti"; cfr. Repubblica, on line, 10.11.2000.
2. Cfr. Adriano Sofri, "Di che cosa parliamo se parliamo di guerra civile", Repubblica on line, 20.11.2000.
3. Cfr. "Resistenza e revisionismo", Intervista a Claudio Pavone di Simonetta Fiori, tratta da "la Repubblica", 15.10.2000, riportata in "resistenzaitaliana.it", insieme a molti altri contributi sull'argomento.
4. Il riferimento è a "Novecento", programma televisivo,  andato in onda in edizioni diverse, tra il 2000 e il 2010, e condotto dal popolare presentatore.

 

Scrive...

Rosanna Angelelli Di formazione classica, già insegnante di materie letterarie nei licei, è stata per anni redattrice di "insegnare".

sugli stessi argomenti

» tutti