Offriamo ai nostri lettori il testo della relazione tenuta da Maurizio Della Casa al Convegno di Torino, "L'educazione linguistica democratica 40 anni dopo le Dieci Tesi", 30.XI-1.XII.2015
1. La lingua
Sappiamo che la competenza linguistica, nelle sue varie componenti, è un traguardo formativo
che non può essere raggiunto solo attraverso l’insegnamento dell’italiano e delle lingue straniere. Occorre coinvolgere, come già si enunciava quarant’anni or sono nelle Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica, tutte le materie.
Consideriamo, per esempio, il lessico. Se è vero - come sostengono i linguisti di orientamento
cognitivo - che la lingua non costituisce un sistema a sé, arbitrario e separato dalla cognizione,
ma vi è invece una inscindibile connessione fra conoscenza linguistica e sapere, appare chiaro
che imparare una materia vuol dire, in una buona misura, impararne la terminologia specifica e
il valore che anche parole tratte dal vocabolario comune assumono entro quel campo. Ovviamente in ambito scolastico - e specie ai livelli di base - si opereranno selezioni e semplificazioni, così da introdurre termini e concetti complessi in modo comprensibile agli studenti (si è parlato in proposito di “lingua dello studio”, variante più amichevole dei linguaggi specialistici).
Tutti i docenti, dunque, sono insegnanti di vocabolario, e possono adottare tecniche comuni
per favorirne la comprensione e il consolidamento. Si pensi alla riflessione sul rapporto semantico fra le parole e i concetti studiati, all’esame delle relazioni fra il significato delle parole nuove e quello di parole precedentemente acquisite, alla ricognizione delle differenze fra senso comune e senso speciale.
Ciò è particolarmente evidente per la storia, che per le caratteristiche del suo lessico e per il fatto che si tratta di un insegnamento contiguo a quello dell’italiano, praticato in molti casi dal medesimo docente, appare naturalmente vocata a un lavoro sulla lingua in stretto coordinamento.
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