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25/08/2017

Storia e Geografia per un curricolo integrato

di Angela Caruso

I percorsi spaziali e quelli temporali si annodano e si sciolgono, s’integrano e configgono, si confondono e si complicano.
Gli spazi sono diversificati come i tempi sono plurimi

G. De Vecchis

Premessa: la GEOSTORIA, un’unione possibile?
Il dibattito sull’unione della storia e della geografia in un’unica area disciplinare, o addirittura come è accaduto nei Licei in un’unica disciplina, è protagonista da alcuni anni di convegni, seminari, gruppi di riflessioni, che hanno messo in evidenza le differenze epistemologiche, oltreché contenutistiche.
La storia ha il potere di contestualizzare, far vivere i concetti e  le costruzioni interpretative attraverso le persone e gli eventi; mentre, a contraddistinguere la geografia sono la generalizzazione e l’attualizzazione. A farne la differenza sono i lessici specifici, le tecniche di ragionamento, l’approccio disciplinare. Ad accumunarle sono strategie e metodologie particolari, basate sull’innovazione, la creatività, l’interconnessione, l’emozione.

Raggiunta la comprensione delle specificità epistemologico-disciplinari, oggi ci si addentra nei possibili punti di incontro tra questi due saperi, cercando come l’uno possa essere complementare e fondamentale per l’altro. Da questa analisi, che consiste in una riflessione profonda e intenzionale da parte non del singolo docente, ma di un team di docenti che operano in gruppi di ricerca-azione-formazione, emergono le potenzialità che possono nascere dall’affiancamento di queste due discipline; come per esempio la ri-costruzione di competenze strutturate, in cui lo spazio nel tempo e il tempo nello spazio, generano una comprensione profonda e globale sia del generale che del particolare.

Spazio + Tempo = Comprensione globale
“Lo spazio, se non osservato e studiato attraverso la dimensione cronologica, non può considerarsi propriamente geografico […] il tempo, infatti, che nelle sue relazioni con l’uomo conferisce allo spazio profondità e vivacità; gli dà quel dinamismo necessario sia per leggere la società e il territorio nei loro incessanti cambiamenti, sia per esaminare le relazioni che le società intrattengono tra loro alle diverse scale geografiche […]. Eppure la geografia è, in qualche modo, una storia del presente, che sfida le situazioni dell’oggi, inquadrandole in una visione futura. È il tempo, infatti, che attraverso la chiave geografica, modula lo spazio in tutte e tre le dimensioni: passato, presente, futuro. Anche per questo è opportuno trattare ampiamente l’argomento spazio-tempo in ambito didattico."  [1]

Da qui nasce l’esigenza di rompere il rapporto tradizionale con la disciplina storica (contenitore di fatti e eventi, in un unico tempo storico) e con quella geografica (contenitore di dati e nomi, con uno spazio piatto e limitato) per giungere a una nuovo sapere storico e a un nuovo sapere geografico. Questo comporta la conquista di una pluralità di significati e una differente relatività del tempo e dello spazio.

I curricoli di storia e geografia hanno sempre seguito percorsi differenti, a tratti paralleli, senza mai incontrarsi con “intenzionalità” [2] , e quindi non ottenendo la giusta integrazione disciplinare. Basti pensare che in storia si iniziano a utilizzare le carte tematiche e a trattare avvenimenti accaduti in regioni extraeuropee (la così detta Mezza luna fertile, l’Impero egiziano, il Libano, ecc.) prima che in geografia si insegni la lettura delle carte geografiche e la conoscenza delle realtà extraeuropee. Il risultato è una prassi scolastica in cui il rapporto tra le due discipline è limitato a integrazioni interne ai singoli curricoli; in sostanza, una storia che considera esclusivamente il rapporto con la geografia per spiegare i fatti storici in una prospettiva di educazione civile, una geografia che considera importate ricostruire la storia dei luoghi per comprenderne lo stato attuale dei fatti [3]. Entrambi i saperi necessitano di un ripensamento che parte dal cuore del sapere, dal curricolo, così da abbandonare la vecchia impostazione unidirezionale e per lo più eurocentrica per la storia e piatta-nozionistica mnemonica per la geografia, e ri-costruire, “per” gli allievi e “con” gli allievi, saperi innovativi, basati su una progettazione per competenze, dove vengono modulate e create metodologie e strategie didattiche idonee al contesto classe.

Da dove partire? In primis bisogna aprirsi a una impostazione didattica che segua i nuclei fondanti delle due discipline, per poi progettare in gruppi di ricerca curricoli integrati di storia e geografia. L’obiettivo è di ricercare e promuovere competenze strutturate, che siano una sintesi funzionale tra lo spazio e il tempo; in sostanza, pensare a: una storia universale proiettata nel dibattito internazionale, con un decentramento dei punti di vista e geograficamente estesa all’intera scala dell’universo; una geografia, scandita da una didattica orientata su “casi di studio” e su “temi e problemi” rilevanti per il mondo contemporaneo [4].

Altro elemento propulsore viene dalla ricerca scientifica internazionale, che parla di spatial turn, tradotto in “svolta spaziale”, ovvero di una rivalutazione, in più ambiti disciplinari, dello spazio nella spiegazione dei fatti e dei fenomeni. [5]
“In questa prospettiva, è necessario superare i tradizionali sistemi di organizzazione delle conoscenze, e mettere in gioco i metodi, gli strumenti, i linguaggi davanti a situazioni concrete, nelle quali sia presente un forte connotato educativo. Ogni problema, visto secondo una dimensione spaziale e temporale, porterebbe alla comprensione di diversi punti di vista, aspetto già di per se educativo, indirizzato allo sviluppo del pensiero critico, al confronto tra le diverse prospettive e alla comprensione della complessità e dell’interdipendenza dei fenomeni.”  [6]


La Storia e la Geografia nelle Indicazioni nazionali 2012
Nelle recenti Indicazioni nazionali (2012) la storia e la geografia, non più legate da un’unica area disciplinare, appaiono come saperi distinti con proprie epistemologie, competenze e obiettivi.

Da un’analisi approfondita del testo ministeriale emergono, oltre agli elementi caratterizzanti, elementi comuni tra le due discipline. Primo fra tutti è il tema dell’ambiente e nello specifico del paesaggio.
Focalizzando che la storia si svolge nello spazio geografico, il paesaggio come luogo di memorie, è possibile considerarlo come uno dei nuclei disciplinari che consentono di passare con maggiore facilità da una disciplina all’altra [7] .

Le Indicazioni per la geografia affermano come “La conoscenza e la valorizzazione del patrimonio culturale ereditato dal passato, con i suoi “segni” leggibili sul territorio, si affianca allo studio del paesaggio, contenitore di tutte le memorie materiali e immateriali, anche nella loro proiezione futura. Tali percorsi consentono sintesi con la storia e le scienze sociali, con cui la geografia condivide pure la progettazione di azioni di salvaguardia e di recupero del patrimonio naturale, affinché le generazioni future possano giovarsi di un ambiente sano. Riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, lotta all’inquinamento, sviluppo delle tecniche di produzione delle energie rinnovabili, tutela della biodiversità, adattamento al cambiamento climatico: sono temi di forte rilevanza geografica, in cui è essenziale il raccordo con le discipline scientifiche e tecniche. Il punto di convergenza sfocia nell’educazione al territorio, intesa come esercizio della cittadinanza attiva, e nell’educazione all’ambiente e allo sviluppo”.

Anche per la storia si legge: “Tuttavia è importante sottolineare l’importanza, a partire dalla scuola primaria, dell’apprendimento della storia centrato su temi che riguardano l’insieme dei problemi della vita umana sul pianeta: l’uso delle diverse fonti di energia, la difesa dagli elementi naturali avversi e la trasformazione progressiva dell’ambiente naturale, i molti passaggi dello sviluppo tecnico, la conservazione dei beni e del cibo, la divisione del lavoro e la differenziazione sociale”.

Sia per la storia che per la geografia emergono alcuni temi caldi: la mobilità, l’educazione al territorio e alla cittadinanza attiva, ecc. Le tematiche in questione esprimono un’impellente necessità di puntare a una educazione storico-geografica che ponga riflessioni etiche e sostenibili, in cui la conoscenza del paesaggio, analizzato nello spazio e nel tempo, diventa un presupposto fondamentale per intraprendere azioni comuni di salvaguardia e condivisione.

Continuando a leggere le indicazioni, affiorano altri interessanti intrecci disciplinari: “curare le aree di sovrapposizione tra la storia e la geografia in considerazione dell’intima connessione che c’è tra i popoli e le regioni in cui vivono”; “costruire il senso dello spazio accanto a quello del tempo, con il quale va costantemente correlato”.
Emerge una forte interdipendenza tra il sapere storico e quello geografico, l’uno fondamentale per l’altro, seppur mantenendo una propria specificità epistemologica/disciplinare. 
Per la storia fondamentale, oltre all’uso degli strumenti geografici come la cartografia, è l’approccio metodologico scalare; ovvero, la necessità di affrontare e raffrontare le vicende storiche da una dimensione locale a una dimensione globale, e viceversa. 
I contenuti storici, come indica il documento, necessitano anche di un’importante collocazione spaziale che ne riesce a spiegare le effettive cause. In effetti, nella spiegazione “causa-effetto” di un avvenimento storico, in una sua analisi profonda, emerge che le cause hanno sempre un’interpretazione geografica: cambiamento climatico, carestia alimentare, posizione geografica, caratteristiche ambientali, ecc. 
Poniamo un esempio pratico: la nascita delle grandi civiltà avvenne attorno a elementi geografici specifici, come la presenza di un importante corso d’acqua, un clima temperato, particolari condizioni paesaggistiche, ecc. La prima rivoluzione industriale scoppiò lì dove c’erano importanti giacimenti minerari di carbon fossile, e così via. 
In tale direzione la geografia permette di affrontare il ragionamento storico in un approccio metacognitivo. Non più la semplice narrazione di un episodio avvenuto nel passato, ma un’analisi profonda e dettagliata che ricerca una spiegazione scientifica di un evento umano.
La dimensione metariflessiva della geografia si realizza altrettanto nel suo approccio interdisciplinare, che la colloca come disciplina di “cerniera”.
L’argomento geografico “non può prescindere dalla dimensione spazio temporale, da cui trae molte possibilità di leggere e interpretare i fatti che proprio nel territorio hanno lasciato testimonianza, nella consapevolezza che ciascuna azione implica ripercussioni nel futuro”.

In conclusione, provvisoria, le due discipline non possono essere considerate come un unico contenitore di fatti ed eventi, perché se ne perderebbero le particolarità o si finirebbe a privilegiare un solo approccio, in genere a favore della storia. Tantomeno non vanno intese come compartimenti stagni.
Le finalità storiche e quelle geografiche si realizzano in un’intersezione rispettosa tra i due saperi, in cui l’uno è utile per l’altro, senza eccessive forzature e prevaricazioni, ma con momenti di incontro, punti di fusione e prestiti disciplinari. Solo in tale direzione è possibile raggiungere la giusta riflessione, l’atteso ragionamento critico, che conduce a una comprensione globale.

Una Storia e una Geografia “fantastica”: percorsi di cartografia emozionale
Tra i possibili intrecci praticabili didatticamente frai due "saperi", un’interessante attività geostorica è la cartografia fantastica/emozionale. Un esempio può essere l’analisi e il commento della Carte de Tendre. 
La Carte de Tendre è la carta della tenerezza, una rappresentazione topografica e allegorica del Paese dell'Amore, elaborata a più mani tra il 1653 e il 1654 dai frequentatori del salotto di Madeleine de Scudéry e, successivamente, incisa da François Chauveau. La Carta du pays de Tendre fu inserita dalla dama de Scudéry a corredo del suo romanzo Clélie. Rappresenta l’incarnazione di un viaggio narrativo e visualizza, in forma di paesaggio, l’itinerario emotivo di cui parla il romanzo [8].

A differenza delle carte geografiche in genere, quella della Scudèry include l’intima esplorazione che collega gli affetti ai luoghi dove le emozioni sono rappresentate attraverso il movimento nello spazio. Interessante notare come le emozioni assumono una forma di topografia. La mappa, infatti, dovrebbe servire all'innamorato per trovare la via che conduce al cuore della sua dama. Partito dalla città della Nuova Amicizia (Nouvelle Amitié), l'amante deve compiere un lungo cammino, evitando di cadere nel mare Pericoloso (Mer Dangereuse) e dell'Inimicizia (Mer d'Inimitié) e nel lago dell'Indifferenza (Lac d'Indiférence). Attraverserà i tre grandi fiumi, Stima, Riconoscenza, Inclinazione (Estime, Reconnaissance, Inclination), e passerà accanto a città come Sentimento sulla Stima (Tendre sur Estime), Sentimento sulla Riconoscenza (Tendre sur Reconnaissance), Sentimento sull'Inclinazione (Tendre sur Inclination), e a villaggi più o meno favorevoli ai sentimenti d'amore, come Bei Versi, Grande Cuore, Biglietto Galante, Sensibilità, Negligenza, Oblio, Perfidia, Orgoglio (Jolis Vers, Générosité, Grand Cœur, Billet Doux, Sensibilité, Négligence, Oubli, Perfidie, Orgueil). Sottile divertimento grafico e allegorico, la carta definisce dunque una tipologia di possibili comportamenti amorosi, in cui risulta vincente, in linea con l'estetica galante dell'epoca, un atteggiamento composto tanto di ardore quanto di attenzione, rispetto, devozione, perseveranza, misura.

La "mappa del tenero" è uno strumento adatto a creare interessanti attività didattiche, che vedono coinvolte più discipline prime fra tutte la storia e la geografia.
In un possibile percorso gli alunni analizzeranno insieme all’insegnante la mappa seicentesca; successivamente le informazioni, astratte e fantasiose, verranno concretizzate nell’invito a disegnare una carta che rappresenti il proprio mondo interiore, nella quale potranno rappresentare simboli, immagini, persone. Sarà uno step di espressione creativa in cui gli allievi ripercorreranno le strade delle emozioni, dei desideri, della progettualità. 

Tale momento permetterà all’insegnante di conoscere più profondamente i propri allievi e di instaurare con loro una significativa relazione educativa.
Nella fase successiva, che può essere intitolata “Dalla fascinazione-scoperta letteraria alla realtà-scoperta geografica”, si possono proporre mappe di narrazioni tra fantasia e realtà per poi introdurre gli itinerari delle grandi scoperte geografiche [9]. Così intesi il tema del viaggio e i principi cartografici diventeranno un’opportunità didattica di sicuro interesse.

Attività analoghe potrebbero prendere in oggetto gli itinerari di racconti storici o di avventura, come “L’isola del tesoro”, “Le avventure di Marco Polo”, “Il giro del mondo in ottanta giorni” [10],  o, per la scuola primaria, “Don Chisciotte raccontato ai bambini”, in cui gli alunni lavoreranno, in una prima fase, sulla ricostruzione delle mappe fantastiche, in una seconda fase sulla ricollocazione dei possibili itinerari sulla carta geografica.

Le stesse attività si possono adattare anche per la scuola dell’infanzia; in questo caso, lo spunto per creare attività geografiche possono essere le ambientazioni delle fiabe e delle favole, ma anche l’analisi degli affascinanti miti cosmogonici [11] .
Diventerebbe una prima affascinante geografia, che dalla fantasia condurrà alla realtà [12].

Gli allievi  attraverso la creatività e la scoperta, motivati dalle emozioni e dal loro vissuto, salperanno per un viaggio nel profondo che condurrà loro ad approdare in un mondo più grande, quello vero e proprio.

 

Note

1. G. De Vecchis, Didattica della geografia. Teoria e prassi, Utet, Torino 2011, p.79.
2. E.M. Bruni, Intersezioni pedagogiche, ETS, Pisa 2012.
3. C. Giorda, Il mio spazio nel mondo, Carocci, Roma 2014.
4. Ibidem.
5. B. Warf, S. Arias, The Spazial Turn: Interdisciplinary Perspecctives, Routledge, London 2009.
6. C. Giorda, op. cit, p. 151.
7. G. De Vecchis, Didattica della geografia. Teoria e prassi, Utet, Torino 2011.
8. G. Bruno, Atlante delle emozioni. In viaggio tra arte, architettura e cinema, Mondadori, Milano 2002.
9. G. De Vecchis, Didattica della geografia. Teoria e prassi, cit., pp. 36-42. 
10. Per le prime classi della scuola primaria o le ultime della scuola dell’infanzia si consiglia la parodia “Paperino e il giro del mondo in otto giorni” di Carlo Chendi (1961).
11. Tra i miti, uno dei più diffusi fra tutti i popoli del mondo antico, è senza dubbio il mito cosmogonico, cioè il mito della creazione del mondo (dalla parola greca cosmos, mondo e dalla radice ghen, nascere). Daniela Pasquinelli d’Allegra nel suo libro “Una geografia da favola” propone i seguenti miti: Il gigante Panku crea il mondo, Un nome a tutte le cose del mondo, Le vicende di Efesto dio del fuoco, Il mito dell’origine del fiume Gange, Teseo e il Minotauro (pp. 58-82).
12.D. Pasquinelli d’Allegra, Una geografia… da favola. Miti e fiabe per l’apprendimento, Carocci Faber, Roma 2010. Nel testo sono presenti numerosi riferimenti a fiabe, favole e miti su cui creare interessanti progetti didattici.


Credits

Immagine a lato del titolo: Madame de Scudéry, autore ignoto, XVII sec.
Dall'alto: Devastazione ambientale nella foresta amazzonica, tratta da "Il Brasile cede l’Amazzonia ai mercanti globali dell’oro", LaStampa, on line, 25.08.17 ; La Carte du Tendre, Paris, BNF (1654); Ricostruzione di mappa fantastica. L’isola del tesoro.

Scrive...

Angela Caruso Docente nella scuola secondaria di primo grado e dottore di ricerca in "Studi Umanistici" presso l'Università degli Studi "G. d'Annunzio". Membro direttivo del CIDI di Pescara

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