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editoriali

06/06/2018

Non siamo d'accordo

di M. Gloria Calì
Avevo pensato che non valesse la pena commentare l’articolo di Ernesto Galli della Loggia, apparso il 5 giugmno sul "Corriere della Sera", anche solo per non dare visibilità al giornale che gli dà spazio di scrivere le sue idee. 
Poi ho deciso di dire la mia, da docente “militante”, punto per punto.

1. La cattedra per me può stare sulla pedana, sul piedistallo o sotto il baldacchino: ormai si sta pochissimo, seduti alla cattedra, ma essenzialmente in piedi, in mezzo ai banchi, o seduti con i ragazzi. In ogni caso, non è quello che dà autorevolezza al ruolo docente, e noi che lavoriamo nelle classi lo sappiamo benissimo. 
 
2. I ragazzi si alzano in piedi senza obbligo, perché sono beneducati dai docenti italiani, e perchè ogni tanto fa bene sgranchirsi le gambe. Quando non si alzano, il motivo è la loro concentrazione su qualche attività, per cui non si accorgono nemmeno se entra il Preside o Ernesto Galli della Loggia.

3. Le attività come la “festa degli alberi”, la “giornata della memoria” e simili manifestazioni sono forme di partecipazione alla vita associata del proprio quartiere, della propria città, della propria nazione o del mondo, che i docenti preparano accuratamente per darvi senso. Ignorarle significa, banalmente, far crescere degli alunni ciechi, sordi, stupidi e schiavi.

4. La scuola è il luogo dove la cura dei minori va condivisa con i genitori, che non possono essere esclusi dalla vita culturale dei loro figli, e devono essere parte consapevole e collaborativa. Come recentemente sostenuto da Umberto Galimberti può essere rischioso, perchè spesso i genitori sono ostili o portatori di interessi individualistici, ma i benefici della cura condivisa sono molto più significativi, soprattutto per la società.
 
5. Se gli insegnanti sono impegnati dai dirigenti in una quota di attività collegiali superiore alla norma, hanno tutti gli strumenti legali e amministrativi per evitarlo. Se, poi, fanno parte di commissioni o gruppi di lavoro specifici, sta nel loro incarico, riunirsi; altrimenti, non chiedano incarichi aggiuntivi. In ogni caso, vedersi e parlarsi tra colleghi rafforza gli obiettivi, la condivisione di strategie; si litiga, ci si scambiano consigli; si crea una cosa meravigliosa e utilissima all’educazione che si chiama “comunità professionale”.
 
6. Le scuole devono essere pulite dal personale addetto. Sono agenzie educative, non di pulizia: gli studenti devono studiare.
 
7. Gli smartphone sono uno strumento deleterio solo nelle mani degli adulti, che sono educabili e rieducabili solo in casi rarissimi. I docenti devono imparare la consapevolezza dell’uso dei dispositivi e usarli come, quando e dove ci sia un superiore interesse educativo e didattico degli alunni.
 
8. La biblioteca e la cineteca sono molto più pericolose di tutte le “feste degli alberi” della foresta amazzonica, perché hanno l’etichetta di “prodotti culturali”. Se non si fa didattica,  con il cinema, la musica o la letteratura, il film visto a scuola o il libro letto in biblioteca hanno lo stesso valore del tempo passato al centro commerciale.
 
9. Per le gite scolastiche si scelgono già mete italiane, possibilmente vicine alla scuola: gli alunni italiani delle scuole pubbliche non hanno molta disponibilità economica per permettersi viaggi all’estero. Quando vanno in Europa, l’attività si chiama “progetto Erasmus”, non “gita scolastica”, e c’è una progettazione solida e un’organizzazione complessa, dietro; anche gli alunni stranieri vengono in Italia e si “studia”, eccome.
 
10. I plessi e gli istituti sono già intitolati. Dove ciò non è ancora accaduto, forse, è perché i dirigenti scolastici si sono occupati, in quei plessi, di sicurezza, edilizia, didattica e vere priorità. Oppure, più spesso, perché sono state accorpate più scuole che un nome ce l'avevano ma l'hanno perso in nome della contrazione degli investimenti sulla scuola e l'istruzione.
 
Invitiamo il professor Galli della Loggia a frequentare davvero la scuola italiana, per conoscerne i veri punti critici e i veri miracoli che in essa si operano. Tanti plessi e tanti istituti le apriranno le porte. Forse.
 
 

L'immagine a lato del titolo è tratta da Elisabetta Pagani, Arredi scolastici, in  La scuola di Albignasego dal 1940 al 1945.