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editoriali

05/05/2014

La vergogna e l'ipocrisia

di Mario Ambel

Non è certo quella qui a lato, tratta da un fotogramma di Rai Sport, l’immagine della finale di Coppa Italia,  che resterà nei nostri occhi e in quelli di centinaia di migliaia di tifosi, molti dei quali ragazzi.

E purtroppo neppure quella del bellissimo primo gol dei Partenopei, una cavalcata rabbiosa di uno dei giocatori più discussi della stagione che, fatto capitano di ventura,  tutto dimentica fendendo il campo e offrendo un assist vincente a un giovane attaccante che segna per i colori della città in cui è nato. E neppure quella, ormai classica, dei giocatori che alzano la coppa nella pioggia dei coriandolini...

Queste sarebbero immagini vere, ma sono ora offuscate, rimosse, negate da altre che ancora una volta hanno preso il sopravvento. Resteranno negli occhi e nei pensieri altre immagini, che hanno occupato il prepartita e poi le ore successive e i commenti, nei telegiornali, nelle trasmissioni sportive, nei talk-show, tra un profluvio di parole spesso inutili e molte, spesso, sentite troppe volte.  E di cui certamente si sarà discusso anche stamani in molte classi... e non solo di Napoli e di Firenze. 

Resteranno negli occhi altre immagini. E ciascuno sceglierà la sua. Il volto tirato del capitano della squadra  che attende di sapere che cosa deve fare e intanto si morde preoccupato il bordo della maglietta. L’energumeno che con scritte sul petto e sulla schiena che inneggiano all’omicida di un poliziotto troneggia sulle transenne e poi dialoga con il giocatore e i responsabili della sicurezza dello stadio per garantire il regolare svolgimento della partita. O saranno i volti dimessi, smorti, di ogni tipo di autorità presente, che appare oppressa da una responsabilità che non riesce a gestire? O i volti dei giornalisti incerti, fra il desiderio di normalità e l'imbarazzo di riportare notizie poco credibili o palesemente false? Il capannello dei tifosi (quelli facinorosi) che soccorrono il collega colpito da un proiettile? Il vigile del fuoco che si accascia colpito da un petardo? I volti dei tifosi (quelli veri), increduli, in attesa di capire che cosa succede, molti dei quali hanno l’età dei nostri allievi e sono lì per passare una serata di passione, spesso accanto al padre? Le squadre di calcio schierate ad ascoltare l’inno nazionale sommerso dai fischi e dai petardi? E qualcuno, speriamo, anche il "destro a giro" che avvolge il portiere picchia contro il palo e schizza in porta…

Ma quali emozioni  accompagneranno le immagini? Il senso di vergogna che si prova a essere parte, non importa quale parte, di tutto questo? Il fastidio per l'ipocrisia di troppe parole e di molti silenzi mossi da opportunismo, incapacità, interesse? La rabbia per una gioia negata e sottratta? O ancora una volta, per una rappresentanza che non ti rappresenta e che viene fornita al mondo di una città, di un paese, di un popolo?

La stampa estera, se non ci risparmia titoli pesanti (vedi una rassegna dal sito del Corriere dello Sport), ci risparmia almeno, tranne in un caso, la foto della maglietta della vergogna che  campeggia invece su tutti i servizi italiani, rappresentazione falsata  e stereotipata di una città ma anche di un paese. Se qualcuno intendeva usarla per screditare una città, è in realtà l’intero Paese e le sue istituzioni tutte che finiscono coperte di vergogna e di ipocrisia.

Ma che ne è e che ne sarà, di tutto questo, nella mente dei ragazzi, quelli che vengono a scuola, quelli che giocano al calcio, quelli che fanno il tifo per la loro squadra allo stadio o alla televisione? E che ne è, nella mente di noi, “educatori”, ma anche cittadini del Paese e dei diversi “campanili” d’Italia e, in alcuni casi, perfino “tifosi”?

Dedicheremo il prossimo “caso” che stiamo allestendo al modo di affrontare a scuola e nell’ottica della scuola i “temi sensibili” che riguardano la nostra società, anche sull’onda di alcune polemiche recenti. E intanto ci accorgiamo che in questo paese, perennemente incapace di vivere in modo accettabile la legalità, tutti i temi diventano “sensibili”, e anche educare alla cittadinanza è sempre più arduo, sebbene di questo intento abbiamo fatto a scuola addirittura una “materia”, ma non ne sappiamo fare pratica quotidiana di vita e di comportamenti diffusi. Anzi alimentiamo, consentiamo, avalliamo in molti modi ogni forma di compromesso e di trattativa con l’illegalità. Talvolta oltre ogni immaginazione.

 

Scrive...

Mario Ambel Per anni docente di italiano nella "scuola media"; esperto di educazione linguistica e progettazione curricolare, già direttore di "insegnare".