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15/06/2019

L'abolizione della storia in un istituto professionale

a cura di Docenti di lettere dell'istituto "G. Giolitti"

Mentre da più parti si cerca di attirare l'attenzione sulla crisi dell'insegnamneto della storia e a fronte delle perplessità che abbiamo spesso sollevato sul modo di affrontare l'insegnamento di "Cittadinanza & Costituzione", riceviamo questa lettera-denuncia da un istituto professionale di Torino.

I docenti di Lettere dell'Istituto “G. Giolitti” di Torino (Ist. Professionale Alberghiero e Tecnico per il Turismo) esprimono profonda costernazione, preoccupazione e dissenso rispetto all'impianto e agli impatti del ridisegno dell'istruzione professionale in atto ai sensi del D. lgs. 61 del 13 aprile 2017, per ciò che attiene alla formazione delle competenze di cittadinanza.

Allo stato odierno, infatti, tale riordino si è tradotto, tra il (molto) resto, nella riduzione a una soltanto delle ore di insegnamento della storia in un anno del biennio iniziale o in entrambi i primi anni, il che equivale ad annientare la materia (qualunque materia insegnata per un'ora settimanale, per giunta in classi poco motivate all'apprendimento astratto come sono le prime e le seconde professionali, è destinata a sparire dalla coscienza degli allievi, tra le quindici discipline insegnate in un anno).

Una breve spiegazione: nel quadro orario del decreto il monte ore indicato è oggi comprensivo di storia+geografia (quattro settimanali in totale, tra prima e seconda: cioè due per singolo anno) ed è stato ridotto di un'ora settimanale sul totale del biennio (che in precedenza erano ripartite per disciplina: quattro ore di storia, più una di geografia). È lasciato (apparentemente, come si vedrà) alle singole scuole stabilire il riparto finale delle ore tra le due discipline. Quello che aggiungi là, togli qua, senza aumentare il monte ore totale: quindi, inserire geografia significa cancellare almeno un'ora di storia.

Ora, nel nostro Istituto (che aveva scelto di “ridurre il danno” prevedendo un'ora di geografia nelle sole classi prime), per la necessità di "completare le cattedre di geografia", oggi incomplete perché inferiori alle 18 ore nella grande maggioranza degli istituti, tra cui il nostro (che comprende meno di diciotto classi prime, in cui la materia era insegnata nel presente anno), ci si impone dall'Ufficio Scolastico regionale di ridurre a un'ora soltanto anche storia nelle classi seconde.  Oltretutto, quindi, la proclamata autonomia decisionale degli istituti rimane lettera morta, e gli Uffici regionali la scavalcano sovranamente!

Se l'ora di geografia era stata precedentemente aggiunta al curricolo scolastico (il cui monte ore settimanale era salito dalle 32 della riforma Gelmini a 33 in una delle due classi, prima o seconda), il motivo per cui si è dovuto rinunciare all'unica ora aggiuntiva così prodottasi nel biennio non è chiaro, ma difficilmente sembra nascere da considerazioni di ordine didattico. In assenza di altre giustificazioni plausibili viene da pensare all'ennesimo, semplice, avvilente “taglio”, di quelli cui siamo ben abituati, almeno da un decennio. Il risultato è che l'insegnamento discutibile di una materia per una sola ora settimanale, in un anno, si trasforma nel danno di due materie ridotte a un'ora soltanto, e su due anni. E quali materie!

Questo è dunque oggi il quadro: un istituto scolastico statale in cui NON si insegna - di fatto - la storia nel biennio, neppure nei suoi lineamenti d'insieme. Sembra superfluo ricordare che nell'insegnamento di storia della classe prima i ragazzi dovrebbero familiarizzare con concetti oggi evidentemente caduti dall'attenzione come quelli di stato, sovranità, repubblica, democrazia, legge, diritti eccetera.

Se si arriverà ad annientare la storia anche nel secondo anno potremo aggiungere a questo necrologio anche la trascurabile storia di Roma e dell'impero, dell'Islam, del cattolicesimo, del dissenso religioso. Tutte nozioni che evidentemente sono ritenute secondarie nel formare un cittadino adulto a orientarsi nel mondo contemporaneo, perché ad esse non corrisponde nulla di attuale nella coscienza civile contemporanea (l'ironia ci accompagna spesso nel commentare le recenti politiche scolastiche).

Agli apprendimenti legati all'area della "Cittadinanza e costituzione" - che incongruamente si continua a ribadire da parte del Ministero, sia pure indebolendone gli strumenti - dovrebbe supplire l'insegnamento del Diritto, presente per due ore settimanali; tuttavia un approccio astratto, per categorie, ai poteri dello Stato sfiora davvero in superficie le capacità di immaginazione e quindi di apprendimento significativo dei ragazzi del primo biennio, in cui l'intelligenza astratta è ancora in formazione e l'immaginario è preadolescenziale. L'esperienza ci dice che la storia, con la sua didattica mista, a metà tra la narrazione, la suggestione e l'esposizione concettuale, serve a costruire un contesto immaginario, vivido, concreto ancorché ancora remoto dall'esperienza del presente, in cui calare le nozioni astratte del diritto ancorandole ai momenti del passato in cui esse presero effettivamente forma (o presentando le alternative storiche all'assetto giuridico del presente, con i rischi connessi).

Si cancella dunque l'insegnamento della storia. Si disegna una riforma in cui a guidare molti provvedimenti sono i tagli, i mutamenti “senza aggravi di spesa per la finanza pubblica” (cioè a spese e a carico di istituti e insegnanti), l'introduzione di una didattica interdisciplinare, personalizzata e rinnovata a mezzi e costi invariati (di cui non si discute in questa sede la motivazione e l'opportunità, ma si auspica che se ne valuterà l'efficacia, dato che nelle aree umanistiche, a fronte di un grande sforzo didattico, questa si è rivelata quanto meno discutibile).

A fronte di un modesto aumento di ore nelle discipline pratiche (accompagnato però da un consistente aumento delle compresenze – due insegnanti in contemporanea - che significano uguali ore per gli studenti, ma collocamento di personale e cattedre), si ricava l'idea di un ridisegno delle discipline che nasce assai più da uno scrupolo di “sistemazione di cattedre” che da una reale valutazione delle necessità di apprendimento. E da un progetto di svuotamento dei saperi utili alla cittadinanza culturale e civile, che dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore la scuola pubblica.

Dal nostro istituto si registra, più modestamente, l'inizio di una vera fuga dei docenti – quelli di lunga esperienza e competenza - dalle classi del primo biennio, verso altri indirizzi e altri istituti. E anche questo è un segno della scuola che evolve in meglio...

Torino, 29 maggio 2019

Seguono le firme dei docenti di Lettere dell'Istituto “G. Giolitti” di Torino