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18/04/2022

Addio, Letizia: le tue battaglie, la nostra Primavera

di Valentina Chinnici

Torno adesso dalla camera ardente di Letizia Battaglia allestita al Palazzo delle Aquile, il Municipio di Palermo. Tra i mazzi di tulipani e di rose, ai piedi della bara, qualcuno ha adagiato un rullino e il copriobiettivo di una Canon, mentre il cagnetto Rumi saltella tra cordoli e vigili in alta uniforme per avvicinarsi ancora a lei. Un amico suona alcuni brani con la tromba, mentre la figlia Shobha, il Sindaco Orlando e via via tanti volti iconici della città la ricordano con ironia, nostalgia, passione. Sento di stare vivendo un’ultima grande pagina della Storia incredibile di questa città e mi immergo nel fiume di emozioni, acuite dal fatto che un anno e mezzo fa la camera ardente nello stesso luogo era quella di mio padre, che, negli stessi anni in cui Letizia fu Consigliera e Assessora, era il Presidente del Consiglio Comunale. Furono gli anni della "Primavera  di Palermo", quelli in cui un Sindaco dal ciuffo nero e occhi da saraceno si inventò l’anomalia palermitana, sotto lo sguardo azzurro del mentore Sergio Mattarella, mettendo insieme in giunta pezzi della sua DC con membri del PCI e dei Verdi, la cui bandiera era tenuta saldamente in mano proprio da Letizia Battaglia, nominata, neanche a dirlo, assessora al Verde e al decoro urbano.
Letizia Battaglia (mai nomen fu più omen!) è stata l’espressione più pura e limpida della palermitanità: visionaria folle e ribelle, con gli occhi profondi intrisi delle nostre mille tragedie e i capelli a caschetto rosa da ilare fatina ottantenne. Sposa bambina a sedici anni dopo la tradizionale fuitina che le vide negato il vestito bianco per punizione, ‘sottomessa’ per anni al marito per amore delle tre figlie, si è poi ripresa in mano la vita, diventando a quasi 40 anni, per il giornale della nostra Resistenza, il mitico L’Ora, la fotografa immensa che è stata fino all’ultimo respiro. Detestava l’etichetta riduttiva di “fotografa antimafia” e con la franchezza che l’ha sempre contraddistinta diceva di sé: “Io ho raccontato la guerra civile della mia città, Palermo. Mi sono sempre chiesta come mai lo Stato non riuscisse a sconfiggere la mafia: l'ho capito soltanto dopo, si era infiltrata nelle istituzioni”. E ancora, “è come se Palermo nel suo disordine fosse un input etico, morale, per chi vive fuori. Suscita rabbia e amore e fa venire voglia di intervenire”.
Seguirono gli anni dell’impegno politico, quegli anni ‘90 in cui, negli stessi scranni su cui trent’anni prima il luogotenente di Andreotti Salvo Lima e il suo fido assessore Vito Ciancimino, al grido di “Palermo è bella facciamola più bella” sbriciolavano capolavori Liberty per costruire migliaia gli orrendi palazzoni del "Sacco di Palermo", sedevano ora Letizia Battaglia, il criminologo Chinnici, il regista Peppuccio Tornatore e il giudice Antonino Caponnetto. Quando entrava in giunta, roteando i suoi gonnelloni e passeggiando nervosamente sui suoi zoccoli, Leoluca Orlando, ha confessato, tremava di paura [1]
Letizia presentava decine di delibere amministrativamente folli, ma tutte mosse da un desiderio di giustizia sociale che non la faceva schiodare da quelle poltrone finché il sindaco, estenuato, non riusciva ad accontentarla, trovando l’escamotage legale per dare la casa che neanche era del Comune a quella famiglia poverissima, o un sussidio a quell’altra che moriva di fame.

Molte donne oggi considerano Letizia Battaglia una Maestra di impegno civile e di tensione morale, di lotta per l’emancipazione e di ricerca spasmodica della bellezza e della giustizia sociale. Nella sua infinita galleria di scatti che l’ha resa famosa suo malgrado in tutto il mondo, non c’è solo “la liturgia struggente dell’Apocalisse palermitana” (Roberto Andò), ma anche migliaia di volti delle bambine di Palermo a cui Letizia ha dedicato la sua appassionante autobiografia raccolta da Sabrina Pisu con quel titolo folgorante, “Mi prendo il mondo ovunque sia” (Einaudi, 2020).
Maestra lei non voleva essere, ma lo era nel desiderio spasmodico di mettere al centro il diritto ad esistere e la libertà e la dignità di quelle bambine e, in generale, di animare tutto ciò su cui il suo occhio e la sua curiosità affamata di vita, si posava. “I colleghi che quaranta anni fa scattavano con lei raccontano che non solo era brava, ma che aiutava gli altri a fare foto stupende perché riusciva ad animare i cortei, parlava con i tifosi allo stadio e dava più vita alle cose”, racconta la giornalista Eleonora Lombardo  [2].

Di sè diceva: “Non voglio, non ho la competenza per essere una maestra. Sono una persona che a un certo punto della sua vita si è rimboccata le maniche e ha iniziato un percorso faticoso ed entusiasmante. Ho lavorato molto, con senso di responsabilità, senza inseguire nè desiderare la fama, senza vanità, ma solo per fare il mio dovere e guadagnarmi di che vivere. E’ stato molto faticoso, questo racconto ai giovani, e che senza impegno non si ottiene nulla… Ho rinunciato ai soldi, alla tranquillità. E faticato tanto per la libertà. Adesso, a 85 anni, con tre figlie, 5 nipoti e tre pronipoti, avrei voglia di mare, di guardarlo in pace. Questo non lo posso fare, non ancora. Sapendo che non ho molto tempo, sento che devo continuare a creare bellezza».
La bellezza per Letizia non è mai stata fine a se stessa né disgiunta dall’impegno civile. E infatti, fino alle ultime settimane, ormai sulla sedia a rotelle, era voluta entrare nel carcere minorile  Malaspina per realizzare un nuovo progetto con i ragazzi detenuti. Nei prossimi giorni chiederemo alla figlia Shobha di quale progetto si trattasse e se possiamo, come donne e artigiane della scuola, dare una mano per portarlo avanti. Perché, come lei stessa ha detto durante la cerimonia funebre, i semi sparsi da Letizia sono ora dentro ciascuno di noi: semi di bellezza e di speranza, semi di resurrezione che tocca a noi ora fare fiorire. Continuando a camminare con coraggio, come le disse Michele Perriera, “sulle ferite dei nostri sogni”.

 

Note

1. Da una testimonianza di Leoluca Orlando a Sara Scarafia, "la repubblica", 14.4.2022.
2. Cfr.  E. Lombardo, "Il centro di fotografia a Palermo, Letizia Battaglia: 'Sarà un’agorà per coltivare nuovi talenti' ", "la repubblica", 16.11.2017.

 

Credits


Immagine a lato del titolo: Letizia Battaglia (Fotogramma)

Scrive...

Valentina Chinnici Docente di italiano nella scuola secondaria di I grado e Dottore di ricerca in Filologia e cultura greco-latina, è Presidente nazionale del CIDI