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una recensioneoltre la lavagna

12/07/2023

"Se amore guarda - un'educazione sentimentale al patrimonio culturale" di Tomaso Montanari

di M. Gloria Calì

“Di che cosa parliamo davvero quando parliamo di patrimonio culturale?”

Con questa domanda si apre il breve saggio di Tomaso Montanari sul patrimonio culturale italiano. Non si creda, tuttavia, che si tratti di un discorso sull’estetica, sulla normativa, sulla storia dell’arte, meno che mai sulla tutela e la valorizzazione; tutte queste visioni sottintendono un implicito senso di possesso da parte dei contemporanei rispetto alle opere del passato che l'autore rifiuta.
Si tratta di una ridefinizione del patrimonio culturale in quanto interlocutore e, al contempo, mezzo, di una relazione educativa, tant’è vero che il libro è dedicato “alla luminosa memoria di don Lorenzo Milani, inarrivabile maestro di amore”. E noi che guardiamo a Barbiana come ad un insostituibile laboratorio per la fiducia nel sapere, e nel sapere per tutti, non possiamo che metterci in ascolto dentro uno spazio comune. 

Le opere d’arte, nello scritto di Montanari, hanno una potenza relazionale data dal fatto che realizzano una sincronia straordinaria che consente ai presenti di coesistere con il passato. Un paesaggio urbano, una tela dipinta o un vaso decorato sono lì come le frasi di un discorso che unisce chiunque di noi contemporanei ai “chiunque” di un passato che ha avuto passi, sguardi, gesti, dolori e felicità, ciò che gli esseri umani fanno da sempre. Il patrimonio unisce attraverso il tempo e lo spazio senza annullarne i segni. 

Questa riunificazione umana attraverso i tempi e con gli strumenti delle arti può avvenire solo se il contatto con le opere del passato avviene per via di uno speciale canale cognitivo fatto di ragione e sentimento: se si cammina in un luogo fatto di tanta storia, si deve sapere, ma si deve anche sentire. “Ogni volta che attraverso Piazza del Carmine a Firenze, sento la viva presenza di coloro che l’attraversarono e la vissero prima di me: e vedo Simone Weil, ancora seduta alla sua trattoria preferita […] qui camminarono, tra infiniti uomini, Verrocchio, Botticelli, Leonardo, Michelangelo, Rosso, Pontormo.”

Montanari, tuttavia, non richiama in sè solo gli eccellenti, ma vede insieme a loro “i senza storia”: i tagliatori di lapislazzulo da cui si è ricavato il blu per i cieli dipinti, i falegnami, le donne, mai abbastanza riconosciute. Anzi: le presenze senza nomi hanno una forza comunicativa ancora più intensa in quanto parti di strutture sociali e culturali gerarchicizzate, consolidate dalle opere d’arte stesse, quando queste celebrino grandezze e poteri.

Nell’unire i passati e le storie con noi, oggi, il patrimonio non consolida rapporti di potere, ma realizza un conflitto, che si esercita generando domande e proponendo nuovi significati. “L’alterità del patrimonio culturale, la sua diversità dal resto dello spazio e del tempo che oggi viviamo, rappresenta essa stessa un conflitto”.

Da un lato, gli oggetti d’arte e di paesaggio provengono da un’epoca in cui hanno rappresentato una discussione, una negoziazione talvolta irrisolta tra tradizione e innovazione, tra rappresentazione di egemonie e contrasto ad esse. D’altro lato, dalle sculture greche predate dalla conquista romana, ai marmi Elgin del Partenone, Montanari evidenza come tra le fonti primarie e le riattribuzioni di significato si determinino evidenti i conflitti di potere politico e sociale veicolato attraverso le opere d’arte che, in quanto discorso pubblico, per il pubblico, hanno sempre avuto e hanno ancora un potenziale di emancipazione o di sudditanza, a seconda dell'intento di chi le realizza e della disposizione di chi le riceve. Il riferimento è immediato alle tracce visibili del passato fascista nei paesaggi italiani.

Evidentissima la diversità del patrimonio culturale dal nostro mondo si pone, scrive Montanari, quando si guardi alla fragilità dell’antico, al rischio, o all’avverarsi, della sua perdita. Se non si percepisce questa perdita come un’interruzione di un dialogo, come la rottura di un legame non tra concetti ma comunicazioni umane, l’approccio alla tutela sarà sempre mistificante. Le ferite del patrimonio non vanno nascoste, ma accolte, e in questa accoglienza sta un’altra dimensione umanizzante della relazione educativa di cui si diceva all’inizio, giacchè le ferite sono il modo con cui un elemento del passato sta oggi nel presente, insieme a noi. Potremmo forse dire che la fragilità del patrimonio è uno dei tanti linguaggi che esso usa per parlarci, e noi dobbiamo avere orecchie per intendere.   

La contemporaneità che abitiamo non ama il confronto con la memoria, e pretenderebbe di semplificare il pensiero su sistemi binari di “vecchio/nuovo”, “giusto/sbagliato”, “vero/falso”, “noi/altri”. Le conseguenze di questa tendenza, pervicacemente perseguita dai meccanismi culturali dell’economicamente vantaggioso e del politicamente insipiente, sono sotto gli occhi non di tutti, ma di qualcuno, in particolare dei pochi che leggono, tanto per fare un esempio, le percentuali di partecipazione alle consultazioni elettorali e si interrogano sulle cause di tanto disinteresse. 
Perciò occorre trovare, nelle parole e nelle opere degli uomini e delle donne del passato, quella forza di dialogo con un “altro da noi” che potrebbe aiutarci a costruire un’umanità consapevole di quanto è essenziale il senso di comunità come luogo di convivialità delle differenze, non certo come monolite confinato entro la propria identità.  

Se discutiamo di patrimonio solo come “patris munus”, cioè come dono del padre, non faremo altro che riprodurre una relazione di reverenzialità sottomessa e, tutto sommato, comoda, che ci esimerebbe dall’affrontare il dialogo con i paesaggi e le opere con la disponibilità profonda a lasciarci educare, cioè tirar fuori da noi il senso generativo e solidale dell'essere umanità. 

Il saggio di Montanari, con scrittura viva, animata da un passo dinamico tra prima persona riflessiva e al contempo appassionata, tra citazioni e descrizioni, ci aiuta a riconoscere in noi una dimensione di frequentatori di un patrimonio che, con ininterrotta circolazione tra affetto e intelletto, ci mette in scambio vitale con uomini e cose del passato, che, così, ritrovando la loro vita, stavolta sì, sono “dono” per noi. 

Tomaso Montanari

Se amore guarda - Educazione sentimentale al patrimonio culturale

Garzanti, 2023

 

pp. 105, €13,00. 

Scrive...

M. Gloria Calì Insegnante di lettere alla media da oltre 20 anni, si occupa di curricolo, discipline, trasversalità, con particolare attenzione alle questioni della didattica del paesaggio. Direttrice di "insegnare".