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una recensioneoltre la lavagna

19/12/2014

Andrea Hirata, "La scuola ai confini del mondo",

di Gloria Calì

L’esercito dell’arcobaleno.

A metà strada tra Cuore e Le tigri di Mompracem sta La scuola ai confini del mondo, opera prima dello scrittore indonesiano Andrea Hirata. Pubblicato nel 2005, ha venduto cinque milioni di copie in tutto il mondo, ed è uscito in Italia per Rizzoli nel 2013, nella traduzione italiana di Elena Cantoni. 

E'  una storia vera. Siamo in Indonesia, nella sconosciuta isola di Belitang, dove la scuola musulmana, minima nell’evidenza materiale, ma grandiosa negli spiriti di chi la vive, lotta per sopravvivere al cedimento delle strutture, alle stagioni delle piogge, agli ispettori ostili. Bastano 10 bambini, per tenerla in vita: il primo giorno se ne presentano solo nove, e il ritardo del decimo ci fa subito capire che ogni fase del percorso scolastico sarà una conquista difficile.  Il piccolo esercito di menti assetate è guidato con mano sicura ed istinto infallibile da una maestra di sedici anni, con la vocazione all’insegnamento: “un gigante dormiva quieto dentro di lei, e si sarebbe risvegliato al primo incontro con gli allievi”. Bu Mus, questo il suo nome, accompagna i suoi bambini nei sentieri delle conoscenze, pieni di insidie e faticosi come i quaranta chilometri che i piccoli percorrono in bicicletta ogni giorno per raggiungere il loro arcobaleno: la scuola. 

Niente ferma questi piccoli soldati dell’apprendimento, che imparano “cose” e  scoprono i loro talenti; colpisce il sentimento di appartenenza che si trasforma nell’orgoglio di avere una scuola, che è un luogo di opportunità, di strumenti nuovi, di crescita.
Il libro è scritto in modo semplice, come semplici erano le straordinarie figure di bambini e adulti della scuola di Belitang; mentre si legge il testo si sta con loro, davanti al coccodrillo, in classe a cantare gli inni indonesiani, con accenni minimi e sapienti ai contesti e agli sfondi.
Nessuna concessione al mieloso o al patetico, meno che mai al drammatico: Hirana si mantiene sul registro della leggerezza, suscitandoci un sorriso partecipe e compiaciuto per un risultato raggiunto e per un problema affrontato, senza nasconderci la fatica della strada, che ha portato alla soluzione.

Il libro non ci spiega metodi e contenuti della scuola asiatica, ma il mondo di passioni e relazioni semplici e originarie che vivono intorno alla scuola musulmana di Belitang. Un eroismo del fare scuola, misurato ma robusto, informa di sé tutto il racconto, e resta in noi anche quando seguiamo i bambini che diventano adulti, con tutto il carico di delusione e fallimento che questo comporta, poiché l’adulto, nel suo essere “più grande”, non sa resistere come il bambino alla pressione del contesto.
Il libro è stato scritto da uno dei dieci bambini, uno dei guerrieri, che ha vinto la sua battaglia con la povertà e le piogge tropicali ed è diventato uno scrittore adulto pluripremiato grazie ad un impegno preso con se stesso bambino: “guardandola attraversare il cortile con una foglia di banano come ombrello, in cuor mio feci una promessa: da grande, avrei scritto un libro dedicato alla mia maestra.”

Andrea Hirata, La scuola ai confini del mondo, Rizzoli, Milano, 2013, pp. 349, euro 18